Mediobanca, Storie di Borsa!

storia della borsa

Storie, aneddoti di Borsa d’altri tempi, ripartendo da Mediobanca e dal Banco di Sicilia. Con Fabrizio Fiorani ripercorriamo gli anni Ottanta in Borsa Italiana e il ruolo di Mediobanca in questo scenario.

Mediobanca: un ruolo chiave su Borsa Italiana

Quando nel 1983 iniziai a lavorare in Borsa Mediobanca era la protagonista indiscussa della finanza italiana. Dalla sua nascita nel 1946 la banca d’affari guidata da Enrico Cuccia era stata al centro di tutte le vicende che avevano interessato il grande capitalismo del Belpaese. Anche come conseguenza di questo impegno, agli inizi degli anni 80, deteneva azioni di tutte le più grandi società come FIAT, Pirelli, Generali, Fondiaria, Italcementi, Olivetti, Mondadori, Caffaro, Montedison, Snia-Bpd, Burgo e Gemina solo per citare le più importanti. Tanto è vero che all’epoca sì era soliti dire che acquistare il titolo equivaleva ad investire sulla Borsa italiana. Dato che non esistevano strumenti che permettevano di replicare l’intero mercato (come gli odierni ETF per intenderci), questa caratteristica era apprezzata dagli investitori.

Aumenti di capitale e collocamenti azionari

La maggior parte delle società italiane, quando avevano problemi di natura finanziaria si rivolgeva a Mediobanca che si adoperava per trovare una soluzione che spesso sfociava in aumenti di capitale (con emissione di azioni, obbligazioni convertibili, warrant) o collocamenti obbligazionari. Alcuni “maligni” asserivano che la banca d’affari, per non perdere il cliente, era solita somministrare la cura necessaria a salvare il paziente da morte certa ma non in grado di guarirlo completamente.

Banco di Sicilia

Ai tempi lavoravo al Banco di Sicilia che era un’importante banca a livello nazionale con un grande passato alle spalle: uno dei più antichi istituti di credito in Italia (1849 anno di fondazione), istituto di emissione fino al 1926 e successivamente istituto di credito di diritto pubblico. Chiaramente il nostro Istituto era sempre invitato a partecipare ai consorzi di garanzia e collocamento organizzati da “via Filodrammatici”.

Servizio Borsa Titoli

Io facevo parte dell’Amministrazione Centrale, Servizio Borsa Titoli, ufficio Negoziazione che era composto da una dozzina di operatori, tutti con una grandissima esperienza finanziaria. Fra questi c’era anche il Capo Area finanza Dottor Nicastro che di anni sui mercati ne aveva già trascorsi 40. Non ricordo esattamente perché, ma mi incaricarono di seguire le pratiche inerenti ai consorzi. La cosa mi rendeva orgoglioso ma allo stesso tempo era un compito estremamente impegnativo.

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L’iter era sempre identico. Il Dottor Notarbartolo del Servizio Finanziario di Mediobanca anticipava telefonicamente l’operazione al nostro Capo, il quale mi avvisava dell’imminente arrivo del telex. Io mi precipitavo a controllare che la telescrivente fosse perfettamente funzionante e nel giro di pochi minuti iniziava a stampare un foglio di una lunghezza mediamente compresa fra uno e due metri.

Il messaggio era estremamente riservato e conteneva la descrizione dettagliata dell’operazione, le tempistiche, le motivazioni, alcuni dati sulla società, il compenso a noi riconosciuto per la garanzia offerta e quello per l’attività di collocamento, la quota percentuale che eravamo invitati a garantire e le modalità da seguire in caso di accollo.

Storia della Borsa: le procedure

Le nostre procedure, per un tale impegno, richiedevano l’autorizzazione del Direttore Generale del Banco. Pertanto, occorreva inviargli una relazione che illustrasse l’operazione, ne valutasse gli aspetti positivi e negativi ed una nostra proposta di adesione.

I tempi erano solitamente ristretti quindi mi attivavo immediatamente. In primo luogo, valutavo le parità teoriche. Partendo dalle quotazioni dell’azione “cum” calcolavo il valore dell’azione “ex” ed il valore dei diritti. All’emissione di azioni a volte si accompagnavano anche warrant e/o obbligazioni convertibili, quindi, non era sempre facilissimo determinarne i valori, ma era comunque necessario. Un diritto consistente sarebbe stato infatti più cautelativo rispetto ad un diritto irrisorio.

Il valore del titolo

In secondo luogo occorreva stimare il valore del titolo “ex ante” ed “ex post”. Questa era la parte più impegnativa se consideriamo i mezzi di allora. Le comunicazioni delle Società non avevano la frequenza attuale e non esisteva internet dove reperire i dati. Fortunatamente noi eravamo soliti fotocopiare tutte le notizie sulle società pubblicate dai giornali e le raccoglievamo in apposite “carpette” intestate alle singole Società. Nei casi più fortunati riuscivo a recuperare un bilancio o una presentazione reperita in incontri con le Società che l’A.I.A.F. (Associazione Italiana per l’Analisti Finanziaria) aveva iniziato ad organizzare ed alle quali ero invitato come socio.

Dal 1985, dopo la costituzione di “ADB” (Analisi Dati Borsa), che offriva servizi telematici che comprendevano anche grafici, era invece più semplice effettuare un’analisi grafica del titolo per avere un’idea sull’andamento delle quotazioni.

Altro dato era infine rappresentato dalle azioni detenute dai clienti del nostro Istituto in quanto le eventuali loro adesioni, oltre all’introito derivante dalla commissione di collocamento, sarebbero state decurtate dalla nostra garanzia.

Analisi delle operazioni di Borsa

Illustravo quindi il tutto al nostro Capo Area Finanza che dall’alto della sua quarantennale esperienza non aveva difficoltà a valutare i rischi di accollo e le possibili conseguenze. Una cosa era certa: non si poteva “declinare” l’invito. In passato era stato fatto un tentativo ma la risposta era stata perentoria: “un eventuale diniego avrebbe potuto comportare l’esclusione da future operazioni anche di obbligazioni corporate che risultavano essere molto redditizie e graditissime alla clientela”.

Nei casi “a rischio accollo” era tuttavia possibile chiedere una riduzione della quota a noi proposta anche perché sicuramente la somma delle percentuali attribuite da “Piazzetta Cuccia” ai partecipanti era nettamente superiore al 100% (la mia idea è di almeno il 200%).

Una volta indicatami dal mio Condirettore Centrale la percentuale da proporre al Direttore Generale tiravo un sospiro di sollievo perché il lavoro era pressoché terminato. Mancavano solo le seguenti due frasi standard a conclusione del telex da inviare alla Direzione Generale: “Tutto ciò premesso si sarebbe del subordinato parere di aderire all’operazione in oggetto con una percentuale pari a X%. Nell’attesa delle superiori determinazioni si coglie l’occasione per porgere distinti saluti.”

Ricevuta l’autorizzazione non restava che inoltrarla a Mediobanca e attendere la nostra quota effettiva di partecipazione. Quest’ultima era solitamente inferiore a quella indicata inizialmente in particolare per quelle operazioni che non presentavano criticità rilevanti.

Aumenti di capitale… ma non solo

Un lavoro estremamente impegnativo, basti pensare che nel solo 1986 le operazioni di aumento di capitale sono state un centinaio. Moltissime hanno registrato un esito positivo. Al tempo stesso è capitato che il consorzio di garanzia in alcune sia dovuto intervenire. In questi casi era solitamente la Spafid (fiduciaria del Gruppo di Piazzetta Cuccia) che si occupava di gestire la vendita delle azioni inoptate.

Se avessi voluto invece evitare la procedura delle “vendite collettive” sarebbe bastata acquistare ad una cifra irrisoria un corretto numero di diritti ed aderire all’aumento di capitale. Le nuove azioni sottoscritte sarebbero state scalate dalla nostra quota di competenza e avrebbero potuto essere gestite autonomamente.

Storia della Borsa

“Storia della Borsa” vuole essere un viaggio alla scoperta dei mercati finanziari. La cura il trader Fabrizio Fiorani. Di seguito i link per accedere alle precedenti puntate in questo avvincente viaggio!


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