Come si diventa un analista finanziario in borsa? Ce lo racconta Fabrizio Fiorani, trader con quarant’anni di esperienza nel settore in questa nuova puntata di Storia di Borsa.
Come si diventa un analista finanziario?
Si dice che in Borsa occorre essere camaleonti per assecondare i mercati. Il detto vale anche nell’attività lavorativa che va adattata alle mutate condizioni dettate in particolare dallo sviluppo tecnologico. Nella mia lunga esperienza mi sono più volte dovuto “reinventare” per rimanere all’interno del fantastico mondo della finanza. Nato come Operatore titoli nel 1983, dopo qualche anno, alcune circostanze mi indussero a diventare Analista finanziario.
Dalla Borsa alle grida, alle SIM passando per il “gabbiotto”
Quando iniziai a lavorare al Banco di Sicilia, nel parterre di Piazza Affari, l’Istituto disponeva di due banchetti in grado di ospitare 8 operatori. Gli ordini erano raccolti telefonicamente dalle Filiali e trasmessi manualmente ad alcuni fra i principali Agenti di Cambio: Albertini, Aletti, Belloni, Boffa, Fumagalli, Giubergia, Leonzio, Matturri, Milla, Rezzaghi, Ventura e Zaffaroni. Diversificare fra intermediari con elevata professionalità ed affidabilità era opportuno, anche per limitare il “rischio controparte” tutt’altro che trascurabile ai tempi della “liquidazione a termine” e considerato i livelli di capitalizzazione degli Agenti di Cambio.

Nel 1987, per consentire il restauro di Palazzo Mezzanotte, le negoziazioni furono trasferite nel “gabbiotto”, un edificio prefabbricato collocato al centro di Piazza Affari. Alla Banca Commerciale Italiana ed al Credito Italiano furono assegnati due banchetti mentre a tutti gli altri istituti di credito, compreso il nostro, solo uno. La conseguente riduzione degli operatori rese necessario automatizzare il processo di trasmissione degli ordini.
Ai tempi il Banco di Sicilia deteneva una partecipazione in Euramerica della famiglia Nattino. Quest’ultima, tramite Finnat, offriva un efficiente servizio di trasmissione ordini e fu scelta dal nostro Istituto per automatizzare il processo. La collaborazione continuò anche dopo l’approvazione della legge sulle SIM del 1991 quando nacque Finnat Euramerica SIM S.p.A. con il Banco di Sicilia azionista al 49% del capitale.
Formazione all’attività di analista finanziario
Morale, dal 1987 mi ritrovai con più tempo libero da trascorrere in Ufficio e la Direzione mi suggerì di dedicarlo all’analisi delle società quotate. Oltre a supportare l’operatività in conto proprio del Banco (anche in relazione alla partecipazione ai consorzi di garanzia e collocamento azionari) la diffusione degli studi alle Filiali sarebbe stata un utile supporto agli Operatori titoli ed ai Consulenti finanziari nei rapporti con la clientela.
L’incarico, pur impegnativo, mi entusiasmava e lo sentivo alla mia portata. Del resto ero diplomato in ragioneria e possedevo una grande confidenza con stati patrimoniali, conti economici, ratei, risconti, sopravvenienze, insussistenze e tutte le scritture contabili in partita doppia rigorosamente su “mastrini”. Inoltre nel primo anno di economia e commercio all’università Bocconi le mie materie preferite erano state economia aziendale, microeconomia e macroeconomia. In particolare analizzare sui grafici gli spostamenti della domanda e dell’offerta di beni rispetto a diversi accadimenti economici e la determinazione dei nuovi equilibri nei prezzi aveva magnetizzato la mia attenzione.
Oltre a ciò, fin dal primo giorno di lavoro alle “grida” mi ero prodigato nel cercare di capire quali fossero le cause dei movimenti delle quotazioni dei titoli ed il valore ipotetico di un’azienda. Acquistavo personalmente i pochi libri che trattavano la materia e che ancora oggi conservo: Come si legge il Bilancio (Gianni e Giuseppe Lo Martire – Buffetti Editore 1986), Come si calcola il valore di un’azienda (Adriana Carabellese – De Vecchi Editore 1986), La valutazione delle aziende (Luigi Guatri – Giuffrè Editore 1987), Il Bilancio consolidato di gruppo (Alberto Crusca – Pirola Editore 1987), Analisi Tecnica di Borsa (Virgilio De Giovanni, Marco Mottana – Ipsoa 1988), Analisi tecnica dei mercati finanziari (Martin J. Pring – McGraw-Hill 1989), Analisi tecnica dei mercati finanziari (A. Fornasini , A. Bertotti – Etas 1989).

Corsi per diventare analista finanziario
Inoltre il Banco, per aumentare la mia professionalità o semplicemente per allontanarmi dall’ufficio, mi aveva fatto frequentare diversi dei rari e costosissimi corsi da analista finanziario: “valutazione titoli azionari” (SDA Bocconi – maggio/giugno 1987), “seminario di analisi tecnica” (Borsa Report – febbraio 1988), “analisi tecnica dei mercati” (Analysis S.A. – giugno 1988), “corso per analisti finanziari” (IFAF Consedifin – da maggio ad ottobre 1988), “incontri con le società” (Assobat – aprile 1989), “valutazione azioni bancarie ed assicurative” (SDA Bocconi – settembre 1989), “analisi tecnica, fondamentale e gestione dei portafogli” (Banco di Sicilia – 1989), “il bilancio consolidato” (SDA Bocconi – gennaio 1990).
Consapevole della grande opportunità, da parte mia l’impegno era stato massimo. Alcuni di questi corsi si tenevano anche nel tardo pomeriggio / sera ed io sempre munito di registratore, riascoltavo le lezioni e trascrivevo dettagliatamente gli appunti che ancora oggi custodisco in un manoscritto di 600 pagine che racchiude gran parte del sapere finanziario di allora.

Grazie alle conoscenze acquisite in materia ero diventato, fin dal suo anno di costituzione nel 1988, socio S.I.A.T. (Società Italiana Analisi Tecnica) e, prima socio “aggregato” e poi socio “ordinario” A.I.A.F. (Associazione Italiana per l’Analisi Finanziaria).
Quest’ultima aveva in quegli anni iniziato ad organizzare incontri con le società quotate, una novità assoluta riservata ai propri iscritti e di estremo interesse. Ai tempi le informazioni comunicate dalle aziende e riportate dai giornali economici erano tardive, sporadiche e generalmente si limitavano ai bilanci annuali. Partecipando agli incontri con il management della società e con l’azionista di riferimento avevi la possibilità di entrare in contatto con l’economia reale, di farti un’idea sulle problematiche esistenti e soprattutto sulle prospettive future del business. Ti sentivi un privilegiato ed in molti casi lo eri perché l’obbligo in capo alle società di comunicare informazioni potenzialmente “price sensitive” al mercato non era così stringente come l’attuale. Partecipavo a tutti gli incontri ed utilizzavo le informazioni ricevute ed il materiale distribuito per elaborare studi sulle società.
Ecco di seguito i passaggi di studio nella mia attività di analista finanziario in Borsa.
Analisi qualitativa
La prima parte del lavoro la dedicavo all’analisi qualitativa dell’azienda. Occorreva avere ben chiari i punti di forza e di debolezza, la qualità del Management e dei prodotti. Ma anche il livello tecnologico, la composizione dei clienti e dei fornitori e l’immagine che la società aveva sul mercato. Indispensabile anche un’analisi sulle prospettive di crescita del mercato nel quale operava ed il posizionamento competitivo che deteneva nel settore. Solo grazie a questa approfondita analisi era possibile formulare stime sulla crescita futura di fatturati ed utili.
Analisi reddituale
Come procedeva l’analisi delle società? Dopo l’analisi qualitativa passavo alla parte quantitativa. Se disponibile, iniziavo dal bilancio consolidato che da qualche anno veniva redatto dalle società e diventato obbligatorio solo dal 1991. Effettuavo la riclassificazione di stato patrimoniale e conto economico per rendere possibile l’immissione dei dati in un “foglio framework” che avevo impostato per calcolare automaticamente tutti gli indici di bilancio.
Utilizzavo la “formula Modigliani Miller” per mettere in evidenza le componenti che contribuivano alla redditività dell’azienda. L’equazione di bilancio con la Redditività dei mezzi propri (ROE) quale funzione della redditività della gestione caratteristica (ROI), della “leva finanziaria”, della gestione straordinaria e delle tasse. Analizzando una serie storica dei dati cercavo di comprendere l’andamento degli stessi nel tempo e le motivazioni che avevano determinato eventuali variazioni del ROE.
Ad esempio, a parità di altre condizioni, un aumento del costo dell’indebitamento aveva ridotto il contributo generato dalla leva finanziaria e peggiorato la redditività. Poi comparavo questi valori con quelli di altre aziende del settore e con altri indici di investimenti alternativi quali il rendimento dei titoli di stato. Ecco nell’immagine seguente la formula Modigliani Miller.

Lo studio dell’azienda
Successivamente scendevo in profondità nell’analisi delle determinanti della redditività della gestione caratteristica (ROI) attraverso l’elaborazione di una trentina di indici. Anche in questo, caso analizzando una serie storica dei dati, cercavo di comprendere nel dettaglio i fattori che avevano causato eventuali variazioni di redditività.
Ad esempio, a parità di altre condizioni, un aumento del grado di automazione, aveva migliorato la produttività dei dipendenti, ridotto l’assorbimento per spese del personale, aumentato la redditività delle vendite (ROS) e quindi la redditività della gestione caratteristica (ROI). Oppure un aumento della concessione di dilazioni di pagamento ai clienti (che avrebbe potuto denotare anche un sintomo di difficoltà nella vendita dei prodotti) aveva aumentato le liquidità differite, peggiorato l’efficienza della gestione delle attività correnti, fatto crescere gli investimenti effettuati per ogni lira di fatturato e quindi ridotto la redditività della gestione caratteristica (ROI).

Analisi finanziaria
Lo stesso programma elaborava una serie di indici utili a valutare lo stato di salute dell’impresa dal punto di vista finanziario. I rapporti fra i diversi valori dell’attivo e del passivo dello stato patrimoniale fornivano agevolmente un’indicazione sull’equilibrio della struttura patrimoniale della società. Più complessa invece risultava, se non fornito, l’elaborazione del prospetto sui flussi di cassa.
Dallo stato patrimoniale riclassificato calcolavo tutte le variazioni delle voci da un anno con l’altro e le allocavo in un apposito prospetto. Successivamente, analizzando il conto economico, effettuavo tutte le rettifiche per neutralizzare le componenti di carattere fiscale, straordinario, di politica finanziaria e di bilancio. Un lavoro complesso ma utile per valutare la capacità dell’impresa di rispondere in modo adeguato agli impegni assunti e di supportare lo sviluppo futuro.
Valutazione dell’ azienda
La parte più delicata era rappresentata dalla valutazione della società. Usavo diversi metodi, da quello patrimoniale del Price / Book Value, a quello finanziario del Dividend Discount Model per finire a quello reddituale del Price / Earning. Ogni metodo aveva le sue criticità. Nel primo caso, oltre alle difficoltà nel rettificare il patrimonio netto per azione (si pensi a beni materiali, immateriali, titoli, partecipazioni) ci si limitava a fotografare l’azienda in quel momento senza considerare gli sviluppi futuri. Questi venivano ipotizzati nel DDM ma le stime (tasso atteso di crescita dei dividendi, tasso di attualizzazione giudicato soddisfacente per l’investimento comprensivo del premio per il rischio) erano soggette ad elevata variabilità e condizionavano in misura importante il risultato finale. Anche nel P/E non era semplice stimare l’utile normalizzato prospettico e confrontare il rapporto con quello di società simili appartenenti allo stesso settore. In sintesi, cercavo di utilizzare metodi misti ponderando i pesi a seconda delle caratteristiche dell’azienda da valutare (dimensione, livello di impiantistica, società di persone ecc.) e del settore di appartenenza.
Analisi tecnica
Nella mia analisi finanziaria c’era spazio anche per l’analisi tecnica. Dal 1985 venne fondata ADB (Analisi Dati Borsa), una delle prime società in Italia ad offrire servizi telematici che comprendevano anche grafici di indici. Noi fummo fra i primi clienti della società e potevo quindi corredare l’analisi con il grafico dell’andamento del titolo di medio / lungo periodo con annesse medie mobili, linee di tendenza, supporti, resistenze ed eventuali configurazioni. Ai tempi l’analisi tecnica in Italia era pressoché sconosciuta e nessun giornale riportava grafici o commenti.
Solo nel 1988 Il Sole 24 Ore iniziò a pubblicare la domenica un “piccolo” grafico dell’indice Comit corredato da un breve trafiletto con indicazioni anche operative a cura del socio S.I.A.T. (ed uno dei miei primi “formatori”) Luigi Ravasi. Inviare quegli studi e illustrare certe configurazioni (testa e spalle, triangoli, flag ecc.) spesso suscitava l’ilarità di consulenti ed operatori che a volte mi appellavano bonariamente con il titolo di “apprendista stregone”. Io invece ero fermamente convinto che l’analisi fondamentale fosse utile per selezionare titoli con buone prospettive di crescita non ancora riflesse nelle quotazioni ma che, per il timing dell’acquisto, sarebbe stato opportuno avvalersi dell’analisi tecnica.
Conclusioni ed invio dello studio
A conclusione dello studio effettuavo un commento con indicazioni operative di medio periodo. Fortunatamente disponevo di uno dei primi programmi di videoscrittura ma, non esistendo ancora la mail, per inviare lo studio occorreva: fotocopiare, assemblare, imbustare, etichettare e inviare per posta interna alle Filiali che lo avrebbero ricevuto solo dopo qualche giorno. Il rischio era che, nei tempi tecnici di spedizione, accadessero fatti straordinari. Fortunatamente successe solo una volta relativamente alla Stet. Correva l’anno 1992 ed avevo appena inviato un’analisi positiva sul titolo quando la società annunciò l’acquisizione della Finsiel (Finanziaria Generale per l’Informatica) dalla sua stessa capogruppo (IRI) per un importo intorno ai 700 miliardi. La cifra fu giudicata eccessiva e finalizzata a far fronte alle esigenze finanziarie dell’Iri, il mercato non la prese bene e le azioni crollarono in borsa. In questo caso il ritardo temporale giocò a favore anche se non ci feci una bella figura. Successivamente le quotazioni si ripresero e chi mi diede fiducia comprò a prezzi scontati.
Quella di analista finanziario fu senz’altro un’esperienza impegnativa ma comunque estremamente positiva che si concluse nel 1994 quando, sempre per cause di forza maggiore, fui costretto a trasferirmi alla SIM Banco Napoli & Fumagalli Soldan. Anche in questa occasione mi “reinventai” trader e intrapresi un’attività pazzesca di scalping sul mercato azionario che mi riservò eccezionali soddisfazioni per quasi un decennio. Ma questa è un’altra storia…
Storia della Borsa
“Storia della Borsa” è una rubrica curata da Fabrizio Fiorani. Qui di seguito i link per accedere alle precedenti puntate in questo avvincente viaggio fra trading e finanza!
- La borsa alle grida
- il terzo mercato di Borsa
- Il mercato dei premi alle grida
- Storie di Borsa – I grandi rialzi degli anni Ottanta
- Spezzature di Azione
- Lo sviluppo dell’analisi tecnica in Italia
- Il lunedì nero in borsa
- Il mese borsistico
- Esistono i pasti gratis in borsa?
- OPA – Offerta di pubblico acquisto
- Azioni Privilegiate e azioni di risparmio
- Speculazione e bolle in borsa
- La Borsa ad Agosto – Estate calda in borsa Agosto 1990
- Mediobanca in Borsa.