Negli ultimi mesi abbiamo spesso sentito parlare di carry trade, in particolare sul cambio dollaro/yen. Ma cosa è il carry trade e in cosa consiste? Quali sono i vantaggi e i rischi del carry trade? Ecco un focus su questa modalità di investimento.
Cosa è il carry trade
Partiamo da una definizione. Il carry trade è una strategia di investimento attraverso la quale l’investitore si indebita in una valuta con bassi tassi di interesse e li investe in una divisa con tassi di interesse più elevati. L’investitore mira a guadagnare sulla differenza fra i tassi di interesse.
Il profitto può essere ancora più elevato se la divisa acquistata si apprezza contro quella venduta, mentre un apprezzamento della divisa con tassi più bassi riduce il profitto o genera una perdita.
Il carry trade è una modalità di investimento diffusa sui mercati finanziari, utilizzata principalmente da investitori istituzionali come hedge fund e banche, ma anche da investitori privati. Vediamo in dettaglio come funziona, con esempi e spiegazioni più dettagliate.
Il Carry Trade contro lo yen
La valuta principe su cui applicare il carry trade è stata negli anni lo yen, anche se non è senz’altro l’unica. Di fatto si vende yen, comprando per esempio dollari americani o dollari australiani (o altre valute con un tasso interesse decisamente più alto di quello giapponese).
Lo yen negli ultimi anni ha avuto tassi negativi, per anni fermi al -0,10%. Soltanto nel 2024 la Banca centrale giapponese li ha alzati dapprima allo 0,10% e successivamente allo 0,25%. Le aspettative sono per un altro rialzo dei tassi a breve. Si è ridotto il differenziale con i tassi americani ed europei, che resta comunque ancora significativo, nell’ordine di 3-4 punti percentuali.
Come Funziona il Carry Trade?
Il carry trade richiede una fase di studio da parte dell’investitore, che deve individuare valute con tassi di interesse diversi e ipotizzare un trend favorevole che permetta l’attuazione del carry trade con profitto.
Vediamo le varie fasi del carry trade. Dopo aver studiato i mercati, si prende a prestito una valuta con un tasso di interesse basso (per esempio lo yen). La valuta presa a prestito viene venduta contro una valuta che ha un tasso di interesse più alto. Ecco, quindi, che si costruisce una posizione con swap favorevole. Il costo di finanziamento per tenere aperta la posizione è quindi negativo, ossia a favore dell’investitore (a credito).
Per esempio, si va lunghi di dollaro australiano o dollaro americano contro lo yen giapponese (o il franco svizzero). Il carry trade è di fatto già in essere. È sufficiente che la valuta su cui si è long non si deprezzi per ottenere un profitto dal differenziale di tassi. Il tempo gioca a favore dell’investitore, che incassa quotidianamente lo swap (o rollover) generato dall’investimento.
È però possibile investire il denaro preso in prestito (nel caso in cui l’operazione sia stata fatta fisicamente) su strumenti finanziari con un rendimento aggiuntivo.
Come si guadagna?
Dove si guadagna? L’investitore guadagna dalla differenza tra il tasso di interesse pagato sul prestito e il rendimento ottenuto dagli investimenti. Se il tasso di interesse in Giappone è dello 0,5% e il rendimento sugli investimenti in dollari USA è del 5%, l’investitore guadagna una differenza del 4,5%.
Per ottenere il rendimento netto vanno considerati i costi sostenuti per il cambio ed eventuali tassazioni da capital gain. Nel caso in cui si faccia trading con i CFD si ottiene un rendimento leggermente inferiore al differenziale fra i tassi, in base a quello che è il reale costo di finanziamento offerto dai liquidity provider al broker.
Pro e Contro del Carry Trade
Pro e contro: quali sono i vantaggi ed i rischi di questa strategia di investimento? Il carry trade non è certamente esente da rischi, come tutti gli investimenti. Pensiamo a chi avesse una posizione lunga sul dollaro contro lo yen. In questo caso il carry trade è funzionato molto bene fino a luglio 2024, con il cambio USD/JPY salito ai massimi da oltre 35 anni in area 162. Successivamente, però, è seguita una rapida discesa, di circa 2000 pips, portando il cambio a 140, mentre l’indice giapponese NIKKEI crollava. Di fatto un movimento contrario importante che ha spinto molti investitori a smantellare, almeno in parte, le posizioni aperte. Nelle settimane seguenti USD/JPY è tornato ad apprezzarsi dopo le rassicurazioni di Ueda e della Bank of Japan su politiche monetarie espansive, ancora in grado quindi di permettere il carry trade.
L’investitore deve quindi monitorare costantemente la posizione, ma anche le mosse delle banche centrali, come Federal Reserve e BCE in termini di tassi di interesse, modificando la propria esposizione in base alle condizioni di mercato.
I rischi del carry trade
Quali sono quindi i rischi del carry trade? Troviamo, come visto, il rischio di cambio. La valuta su cui si è short, potrebbe apprezzarsi. In questo caso si va incontro ad una potenziale perdita o quantomeno ad un profitto minore rispetto al differenziale dei tassi fra le due valute. Ad esempio, se lo yen giapponese si apprezza rispetto al dollaro australiano, l’investitore potrebbe ottenere meno yen quando riconverte i suoi dollari australiani.
Un secondo rischio è legato al tasso di interesse, elemento chiave alla base di questa operatività. Nel caso in cui la banca centrale della valuta con tassi bassi alzi i tassi, il differenziale si ridurrebbe, riducendo i margini. In altre parole, se i tassi di interesse aumentano nella valuta di prestito o diminuiscono nella valuta di investimento, i guadagni del carry trade possono ridursi (o diventare una perdita).
Nel caso in cui il denaro cambiato venga anche investito in attività finanziarie, i fondi del carry trade possono essere soggetti a rischi di mercato. Per esempio, se avessimo operato carry trade su yen giapponese e dollaro australiano, per poi investire sul mercato azionario australiano, qualora dovesse stornare, l’investitore potrebbe subire perdite sui suoi investimenti in azioni australiane.