Aumentano le tasse sui bitcoin: cosa fare?

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Aumentano le tasse sul bitcoin in Italia: da gennaio 2025 tasse al 42% su bitcoin e criptovalute. il Governo ha comunicato che a partire dal 1 gennaio prossimo aumenteranno le ritenute fiscali sulle plusvalenze sui bitcoin. Si passerà quindi dall’attuale 26% al 42%. Un aumento di ben 16 punti percentuali che ha suscitato notevoli polemiche, anche perché potrebbe scoraggiare fortemente gli investimenti in questo settore. Il rischio è quello di una tassazione esagerata che rischia di distruggere il settore, a fronte di un gettito fiscale relativamente basso.

Aumentano le tasse sul Bitcoin al 42%

L’aumento della ritenuta sulle plusvalenze da vendite di Bitcoin, Ethereum, crypto e vari token è stata annunciata dal viceministro all’Economia Maurizio Leo durante l’intervento di presentazione della manovra 2025. Questo aumento di ben 16 punti percentuali di tassazione comporta una maggiore tassazione di oltre il 60% rispetto alla tassazione dell’anno corrente.

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Rimane, però, una prima franchigia di esenzione: infatti i primi 2.000 € di plusvalenza dovrebbero rimanere esentasse.

Facciamo un esempio. Nella pratica una plusvalenza da 5.000 euro ottenuta nel 2024 essendo tassata al 26% (sopra i 2000 euro) comporterebbe una ritenuta di 780 euro, lasciando quindi effettivamente in tasca all’operatore 4220 euro. I primi 2000 euro sono esentasse, poi si paga il 26%.

Nel 2025 invece la ritenuta aumenterebbe a 1.260 euro euro, lasciando quindi solamente 3.740 euro a chi ha ottenuto la plusvalenza.

Su numeri più grandi la soglia dei 2000 euro avrebbe un’incidenza inferiore e la tassazione si avvicinerebbe al 42%. Per esempio su un profitto di 100.000 euro si pagherebbero oltre 41.000 euro di tasse, contro gli attuali 25.000. Un aumento della tassazione su bitcoin e criptovalute piuttosto drastico, nell’ordine del 60%.

Le proteste contro l’aumento delle ritenute sui bitcoin

Chiaramente ogni aumento di tassazione non è mai ben visto da chi lo subisce e nascono delle proteste. Per molti operatori del settore una tassazione al 42% sulle criptovalute potrebbe distruggere il business. Chi si lamenta, in questo caso, ha le sue ragioni, anche perché il gettito fiscale aggiuntivo previsto è relativamente basso e potrebbe favorire transazioni non dichiarate, come spesso capita in questi casi.

La decisione porterà, secondo numerosi esperti di settore, a una fuga dal mercato delle valute digitali. Inoltre potrebbe favorire la fuga di cervelli e di capitali dall’Italia verso mercati più favorevoli e tassati in misura minore. Oltretutto questo strumento va a penalizzare soprattutto i giovani. Infatti risulta che la maggior parte dei possessori di bitcoin è under 40.

Numerosi player del settore hanno scritto al Governo e rilasciato interviste sottolineando l’iniquità della manovra e avanzando dubbi di incostituzionalità. Infine, alcuni esperti segnalano la possibilità che gli introiti per lo Stato da questa maggiore tassazione potrebbero essere piuttosto ridotti (nell’ordine di poche decine di milioni di euro). Come già capitato sulla Tobin Tax e sull’aumento di tasse per l’oro fisico i risultati potrebbero essere inferiori a quelli auspicati. Va poi considerato il minor gettito fiscale determinato dalla perdita di posti di lavoro nel settore. Insomma, sembrano esserci più rischi che benefici, con uno Stato che di fatto scoraggia fortemente l’operatività nel settore delle criptovalute con questa tassazione al 42%.

Tasse al 42% su Bitcoin: le motivazioni del Governo

L’aumento delle ritenute fiscali sui bitcoin è stato giustificato dal Governo come un adeguamento all’espansione degli strumenti delle criptovalute. Questo sarebbe stato fatto anche per evitare che questi strumenti sfuggano alla tassazione (anche se, come detto, le plusvalenze sono già tassate al 26% e quindi non esenti, oltre i 2.000 euro annui).

Alcuni esponenti del Governo, soprattutto in area Lega, hanno già esposto dei dubbi su questa posizione e bisognerà vedere, se nell’arco della lunga discussione parlamentare, il testo subirà delle modifiche. Gli operatori del settore bitcoin e criprovalute restano quindi in attesa di una conferma (o smentita) della tassazione al 42% dal primo gennaio 2025.

I probabili effetti dell’aumento delle ritenute sui bitcoin

Sicuramente verrà danneggiata la competitività del settore, che stava registrando un solido trend di crescita. Secondo quanto riportato dal rapporto dell’Osservatorio Blockchain and Web3 della School of Management del Politecnico di Milano ben 3,6 milioni di italiani utilizzano i bitcoin, anche se 7 su 10 dicevano di non conoscerli bene. Anche questo è un rischio, quello di investire su strumenti che non si conoscono.

A proposito della nuova ritenuta al 42%, saranno da valutare gli effetti sulla competitività del settore e dai possibili effetti della normativa europea MICAR (Markets in Crypto-Assets Regulation) che sta progressivamente entrando in vigore e regolamentando questo settore.

Tassazione al 42% su bitcoin e criptovalute: cosa fare?

Cosa fare per attenuare l’effetto dell’aumento delle tasse sui bitcoin al 42%? Almeno in linea teorica, gli scenari possibili al momento risultano quattro. Ovviamente è impossibile dire a priori quale fornirà l’effetto migliore per l’investitore.

bitcoin e criptovalute

Il primo e più impulsivo. Potrebbe essere quello di vendere tutto il proprio portafoglio di crypto o almeno una grande parte, per poi proseguire con piccole vendite sfruttando la franchigia dei 2000 euro annui. Non ha chiaramente senso per chi si attende forti rialzi nei prossimi anni, può invece funzionare per chi stesse già valutando di ridurre la propria esposizione sulle criptovalute.

Chiaramente, questo non è l’unico scenario possibile: infatti si potrebbe anche decidere di tenere per un lungo periodo i bitcoin in portafoglio sperando che le ritenute tornino a livelli “normali”, esponendosi però al rischio di possibili fluttuazioni negative.

Infine si potrebbe decidere di cedere la maggior parte delle criptovalute attualmente possedute e cercare di rimanere nei 2.000 euro di plusvalenza annuali, che non vengono tassati dal Fisco italiano. Chiaramente il superamento di questa cifra comporterebbe una tassazione notevole, quindi la soglia sarebbe da controllare con particolare attenzione.

Un’ultima alternativa è quella di spostare gli investimenti – quando possibile – su strumenti legati alle criptovalute, ma con tassazione più bassa. Un CFD su bitcoin, per esempio, è tassato al 26% e non al 42%. Scenario simile per turbo certificates o altri prodotti finanziari. Chiaramente, però, non tutte le criptovalute sono replicate da altri strumenti finanziari e non è quindi sempre possibile spostarsi su investimenti con tassazione più bassa, per sfuggire a queste tasse del 42%.

Per approfondire

Il presente articolo è redatto a fine informativo e non rappresenta in alcun modo sollecito all’investimento in borsa o consulenza finanziaria.


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