Certificati di Investimento: la Tassazione

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La tassazione dei certificati di investimento, come sono tassati i certificates e perché sono fiscalmente efficienti?

I certificati di investimento a quale regime di tassazione sono soggetti? Le plusvalenze generate dalla vendita di certificati di investimento ad un prezzo superiore a quello del loro acquisto (al netto delle eventuali commissioni di acquisto), così come i proventi derivanti dal flusso cedolare o da eventuali bonus ricevuti, sono soggetti ad un’aliquota del 26%, tramite imposta sostitutiva.

I certificati sono fiscalmente efficienti dal punto di vista della compensazione di eventuali minusvalenze pregresse. Questo a patto che queste siano assoggettate al medesimo regime impositivo (per esempio dichiarativo o amministrativo).

A differenza di strumenti come gli ETF, o i fondi comuni di investimento (ma anche cedole delle obbligazioni e dividendi azionari), i cui redditi sono considerati dal fisco italiano come “da capitale”, i certificates rientrano nella categoria “redditi diversi”. Pertanto risultano idonei alla compensazione di eventuali perdite precedenti (minusvalenze).

Regime dichiarativo nei certificati di investimento

Nel caso in cui si decida di optare per il regime dichiarativo, i proventi derivanti dagli investimenti sui certificates dovranno essere inseriti a fine anno in sede di dichiarazione dei redditi. Questo al netto della compensazione su eventuali minusvalenze. E’ infatti possibile per i redditi derivanti dai certificati di investimento. L’obbligo di tale dichiarazione spetta pertanto all’investitore e non al broker o all’intermediario.

Regime amministrato nei certificati di investimento

La seconda modalità è quella di optare per il regime amministrato. In questo caso non sarà l’investitore a dover inserire a fine anno eventuali proventi derivanti dai certificates nella dichiarazione dei redditi. Questo compito viene svolto progressivamente dall’intermediario utilizzato per fare trading ed investimenti (la banca o il broker presso cui si ha il conto).

Sia nel caso del regime amministrato che in quello del regime dichiarativo l’investitore può utilizzare eventuali minusvalenze per compensare profitti. Le minusvalenze sono valide fino alla conclusione del quarto anno successivo.

Vediamo un esempio sulla tassazione nei certificates e su compensazione delle minusvalenze.

Poniamo per ipotesi di aver subito una perdita sul mercato azionario nel luglio 2019. Questa minusvalenza potrà essere utilizzata per compensare (e non pagare quindi il 26% di tasse) eventuali proventi derivanti dalla categoria “redditi diversi”. Pertanto anche da profitti ottenuti sia con plusvalenze che con cedole di certificati di investimento, in ogni successiva data del 2019, più i quattro esercizi successivi. E’ pertanto possibile compensare tali minusvalenze per tutto il 2020, 2021, 2022 e 2023.

Se non è utilizzata entro il 31 dicembre 2023 non potrebbe essere successivamente recuperata per compensare un profitto derivante dagli investimenti sui certificates (o da altri strumenti finanziari)

Per completare il discorso relativo alla tassazione dei certificati di investimento, ricordiamo la Tobin Tax. I certificates con azioni italiane come sottostante (con capitalizzazione superiore al mezzo miliardo), indici italiani o panieri composti a maggioranza da azioni italiane sono soggetti al pagamento della Tobin Tax. Altri dettagli si trovano nell’articolo relativo a Tobin Tax e certificati. Questa imposta ha tuttavia un impatto molto limitato per il settore dei certificates.


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