Guadagnare con i Certificates

guadagnare con i certificates

Come guadagnare con i certificates di investimento? Quando si genera un profitto in borsa con i certificates? In quali scenario i certificati perdono valore?

Chi acquista i certificati di investimento mira ad ottenere profitti che possono essere realizzati sia incassando cedole o bonus durante o alla fine della vita del certificato che con capital gain. Si guadagna con i certificates sia rivendendoli ad un prezzo più alto che grazie alle cedole o ai bonus previsti nei certificati di investimento.

Guadagnare con le Cedole nei certificates

Prendiamo ad esempio il caso di un certificato cash collect. Durante la sua vita il certificato paga delle cedole periodiche, che possono essere fisse e garantite oppure condizionate al rispetto di un livello di prezzo definito barriera.

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Se l’investitore acquista il prodotto alla pari (ossia a 100 euro o 1000 euro in base al valore nominale del certificato) e lo porta a scadenza, o lo rivende allo stesso prezzo, il rendimento sarà equivalente al flusso generato dalle cedole del certificato. Per ottenere il rendimento netto occorrerà sottrarre i costi commissionali, l’eventuale tobin tax e la tassa sul capital gain (nel caso in cui non siano presenti minusvalenze precedenti da compensare).

Pertanto, oltre all’eventuale differenza di prezzo fra acquisto e vendita dei certificates, per conteggiare se si è ottenuto un profitto, vanno inserite nel computo anche le cedole generate del derivato strutturato detenuto in portafoglio.

Esempio

A titolo di esempio, poniamo il caso di un prodotto comprato 1000 euro e rivenduto allo stesso prezzo cui lo si era acquistato dopo sei mesi. Se non sono state pagate cedole in questo arco temporale, l’investitore di fatto chiuderà la posizione in pareggio, senza né guadagno né perdita. Vanno ovviamente considerate le commissioni e la tobin tax se il certificato fa riferimento al FTSE Mib o a titoli azionari italiani a larga capitalizzazione (sopra i 500 milioni di euro di market cap).

Nel caso in cui il certificato abbia pagato 6 cedole mensili dell’1%, l’investitore complessivamente avrà ottenuto un guadagno del 6%, pari a 60 euro. Su questa cifra, decurtata delle commissioni, pagherà il capital gain al 26%. Il tutto salvo siano presenze minusvalenze nello zainetto fiscale.

Come detto, la tassazione sui profitti non si calcolerà su 60 euro, ma su 60 euro meno i costi commissionali. Non va invece scalata l’eventuale tobin tax.

Profitti da capital gain nei certificates

Come guadagnare in borsa con i certificates? Nel precedente paragrafo ci siamo soffermati sul rendimento cedolare di un certificato. L’investitore, però, può anche ottenere un profitto rivendendo il certificato ad un prezzo superiore a quello che è stato pagato. Si genera in questo caso un capital gain.

Se il certificato sarà rivenduto ad un prezzo superiore vi sarà un capital gain, ossia un profitto, mentre se il prezzo di vendita è inferiore a quello di acquisto l’investitore genera una perdita.

Prendiamo per ipotesi un certificato legato ad Eni. Il prezzo di osservazione iniziale di Eni era pari a 13 euro. L’investitore acquista il certificato che era stato emesso a 100 euro quando Eni ha una quotazione di 11,2 euro. Il certificato, nel nostro esempio, ha un prezzo a pronti pari a 92 euro. È quindi scambiato sotto la pari.

Se le azioni di Eni salissero a 12 euro, sarebbe lecito attendersi una salta del certificato, che per ipotesi stimiamo a 95 euro. Sempre a titolo esemplificativo, un ritorno delle quotazioni delle azioni di Eni a 13 euro potrebbe portare il certificato vicino alla parità (ossia in area 100 euro).

Se l’investitore decidesse di liquidare la propria posizione, otterrebbe un profitto slegato dal flusso cedolare. Questo guadagno sarebbe infatti legato all’apprezzamento di valore registrato dal certificato.

La tassazione sui profitti ottenuti con i certificati è al 26%. E’ possibile compensare precedenti minusvalenze ottenute anche con altri strumenti finanziari come CFD, ETF, obbligazioni, azioni o altri derivati finanziari come per esempio i futures.

Quando un certificato perde valore?

Il prezzo a pronti di un certificato generalmente scende se la quotazione del sottostante cui fa riferimento (o dei sottostanti se più di uno) scendono, avvicinandosi o infrangendo la barriera. Chiaramente nel caso di un certificato reverse o inverse il derivato strutturato perderà valore nel caso di un apprezzamento dell’azione o dello strumento finanziario sottostante.

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In linea di massima possiamo dire che il certificato perde valore quando i sottostanti si avvicinano alla barriera.

Nel caso di presenza dell’effetto airbag nei certificates, in caso di discesa tenderanno a deprezzarsi minormente.

Un secondo elemento che spesso determina una perdita di valore del certificato è un aumento della volatilità. Infatti, a parità di condizioni di prezzo, un aumento della volatilità tende a generare un calo del prezzo a pronti del certificato. Possono tuttavia esserci eccezioni in particolari situazioni di prezzo.

Un altro elemento da monitorare con attenzione per stimare il prezzo di un prodotto finanziario è la vita residua, ossia quanto manca alla scadenza del certificato di investimento.

La distanza del sottostante dalla barriera va ovviamente considerata in funzione del tempo mancante e della volatilità media del sottostante. Un esempio? Un certificato con un sottostante distante 20 punti percentuali dalla barriera ed una vita residua di 4,5 anni avrà più probabilità che la barriera venga raggiunta rispetto ad un certificato la cui barriera dista soltanto 8 punti percentuali ma con una settimana di vita residua.

Al tempo stesso, nel caso in cui un sottostante si trovi sotto barriera, il prezzo potrebbe essere più alto se la vita residua fosse ancora lunga. Infatti ci sarebbero maggiori margini per un recupero e quindi per guadagnare con i certificates. Viceversa, nel caso di un sottostante ampiamente sotto la barriera ed una vita breve le chance di recupero sarebbe ridotte.

Cosa è la barriera nei certificates?

La barriera nei certificati rappresenta un livello chiave il cui superamento può determinare il venire meno della protezione del capitale per l’investitore. Se il sottostante si avvicina alla barriera il certificato tende quindi a perdere valore.

Tecnicamente dobbiamo distinguere fra barriere discrete, ossia barriere all’europea, e barriere continue, anche dette all’americana. Nel caso di barriere discrete, si ha un’osservazione soltanto a scadenza. Se la barriera è invece continua viene osservata durante l’intera vita del certificato.

Da notare, poi, come si debba distinguere fra barriera capitale e barriera cedolare. La barriera capitale è il livello da monitorare per la garanzia del capitale dell’investitore. Per contro la barriera cedolare è il livello di prezzo che garantisce il pagamento delle cedole. La barriera cedolare può essere corrispondente alla barriera capitale, ma non necessariamente lo è. Potremo per esempio avere certificates con barriera cedolare al 70% e barriera capitale al 60%. In questo caso è garantita una protezione del capitale più ampia. Inoltre, la barriera cedolare potrebbe variare nel tempo, per esempio scendendo progressivamente. Un esempio in tal senso è rappresentato dai certificati step down di BNP Paribas.


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