Dichiarazione dei Redditi Archivi - Investire-Certificati.it https://www.investire-certificati.it/category/dichiarazione-dei-redditi/ I migliori certificati di investimento li trovi su investire-certificati.it Wed, 28 Aug 2024 20:46:36 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.7.2 https://www.investire-certificati.it/wp-content/uploads/2021/06/cropped-android-chrome-192x192-1-32x32.png Dichiarazione dei Redditi Archivi - Investire-Certificati.it https://www.investire-certificati.it/category/dichiarazione-dei-redditi/ 32 32 Tassazione Oro Ereditato https://www.investire-certificati.it/tassazione-oro-ereditato/ Sat, 31 Aug 2024 10:46:00 +0000 https://www.investire-certificati.it/?p=34391 Come funziona la tassazione sull’oro ereditato? È vero che le tasse sull’oro sono salite? Temi importanti da capire, in una fase in cui il prezzo dell’oro è arrivato ai massimi storici, oltre i 2.500 dollari per oncia. Le tasse da valutare sono diverse, fra queste la tassa di successione (che interviene con il passaggio di […]

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Come funziona la tassazione sull’oro ereditato? È vero che le tasse sull’oro sono salite? Temi importanti da capire, in una fase in cui il prezzo dell’oro è arrivato ai massimi storici, oltre i 2.500 dollari per oncia.

Le tasse da valutare sono diverse, fra queste la tassa di successione (che interviene con il passaggio di proprietà dal defunto a chi eredita), ma anche la tassa sulla vendita di oro ereditato. Focus sugli aspetti fiscali nel mondo di monete d’oro, lingotti e metalli preziosi.

Tassazione di successione su oro ricevuto come eredità

La tassazione e l’aspetto fiscale sono senz’altro un punto chiave quado si parla di eredità. Infatti, anche l’oro fisico, come lingotti, gioielli o monete sono considerati parte dell’attivo ereditario. C’è però una franchigia, pari ad un milione di euro per gli eredi in linea diretta, come figli o genitori. Tale soglia scende a 100.000 euro per fratelli e sorelle.

La tassazione dipende quindi dal valore complessivo dell’oro (e dei beni) ricevuti in eredità in base alle franchigie da applicare. Il valore complessivo dell’oro deve essere inserito nella denuncia di successione.

Ecco di seguito le franchigie per la tassazione su oro ricevuto in eredità

  • Coniuge, figli e parenti in linea retta – Aliquota al 4% per somme superiori ad 1 milione per ogni beneficiario
  • Fratelli e sorelle – Aliquota al 6% per somme superiori a 100.000 € per ogni beneficiario;
  • Parenti ed affini – Nessuna franchigia ed Aliquota al 6%
  • Altri Soggetti – Nessuna franchigia ed Aliquota fiscale al  8%

Tassazione sulla vendita di oro ereditato

Quanto pago di tasse se vendo oro ereditato? Un discorso diverso e slegato da quello sin qui fatto va applicato nel caso in cui si voglia vendere l’oro ereditato. Qui la normativa è recentemente cambiata, non in meglio. La tassazione, infatti, è salita per chi non può provare il prezzo di acquisto dell’oro, scenario molto frequente quando si parla di eredità.

Investire in oro

Nel dettaglio, fino a fine 2023 la tassazione sull’oro fisico venduto (in assenza di documentazione comprovante prezzo di acquisto) era pari al 26% sul 25% del valore del metallo prezioso. Di fatto si pagava una tassazione del 6,5%.

Con la nuova tassazione, se non si ha documentazione con prezzo di acquisto, si paga il 26% sull’intero valore dell’oro venduto. Una scelta che ha fatto discutere e che in molti casi penalizza chi ha ricevuto oro in eredità. Pensiamo all’oro ricevuto come regalo per un Battesimo o una Cresima, ma anche sterline d’oro, o un Marengo piuttosto che altre coniature in oro o monete di argento, pazientemente accumulati in passato. Spesso ciò avveniva con transazioni fra privati o comunque senza ricevuta. In questo caso chi vende deve pagare una tassazione del 26% allo Stato.

Tutto ciò, sulla carta, è fatto per aumentare il gettito fiscale, sfavorendo canali non regolamentati. L’aspetto positivo vorrebbe essere quello di incentivare l’utilizzo di aziende registrate, i cosiddetti Operatori Professionali del settore Oro, registrati presso Banca d’Italia. Il rischio, però, è quello di ottenere un effetto opposto, spingendo un mercato meno trasparente fra privati, potenzialmente a sconto. Inoltre, chi non ha i documenti con il prezzo di acquisto si trova di fronte a una tassazione che non è soltanto salita, ma è quadruplicata.

Da notare come l’imposizione del 26% valga anche per argento, platino e palladio e non soltanto per l’oro.

Vendita di oro con documentazione

Sulla carta non cambia invece nulla per chi ha la documentazione relativa all’acquisto. Ma soltanto sulla carta, infatti viene meno la possibilità di pagare solo il 6,5% di tassazione, molto interessante per chi aveva comprato l’oro a prezzi più bassi di quelli attuali anche del 70-80-90%.

Per esempio, se un investitore avesse acquistato oro nel 2000 a 250 dollari per oncia e volesse rivenderlo oggi a un prezzo di 2500 dollari per oncia, non potrebbe pagare soltanto il 6,5% sul valore della vendita. Pagherebbe il 26% sulla plusvalenza, quindi su 2250 dollari (585 dollari, pari a oltre il 23% di tassazione). In questo esempio anche con la presenza di documentazione la tassazione sull’oro ereditato sarebbe salita notevolmente.

Non cambierebbe invece nulla se l’oro fosse stato acquistato a 2000 dollari per oncia e rivenduto a 2500, in quanto si pagherebbe sempre il 26% sulla plusvalenza, a patto di avere i documenti comprovanti il prezzo di acquisto. Altrimenti la tassazione sarebbe del 26% sul totale, una vera beffa!

Tassa per la detenzione di oro

Non sono previste tasse per la detenzione di oro. Occorre però registrare tutti i movimenti di oro superiori ai 12.500 euro di controvalore (parliamo quindi di 180 grammi o più di oro, considerando un prezzo di circa 70 euro per grammo).

Da notare, poi, come sull’oro da investimento non ci sia IVA. L’imposta sul valore aggiunto è invece presente quando si parla di gioielli.

Come si registra una plusvalenza su vendita di oro?

Quando si vende oro fisico ottenendo una plusvalenza occorre inserirla nel quadro RT nella sezione II del modello “Reddito delle persone fisiche”.  Se l’investimento su oro o argento è stato effettuato all’estero, dovrà essere specificato nel quadro RW della stessa cartella.

I segreti per investire con l'oro
Libro Investire sull’oro. Autore del libro: Carlo Alberto De Casa.

Un libro per investire in oro

Fra le migliori pubblicazioni legate al tema investire in oro troviamo I segreti per investire sull’oro, libro scritto da Carlo Alberto De Casa e pubblicato da Hoepli che analizza molti aspetti chiave legati agli investimenti con il metallo prezioso.

Una guida sul tema che parte da temi basilari, legati alla storia dell’oro e all’utilizzo dell’oro nel mondo comune e nel mondo finanziario, per arrivare a domanda e offerta di oro. Si passa poi al ruolo delle banche centrali per addentrarsi su tematiche più tecniche legate alle correlazioni dell’oro e agli investimenti con i metalli preziosi.

Approfondimenti

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Lavoro e Partita Iva Forfettaria: Guida alle Novità 2024 https://www.investire-certificati.it/lavoro-e-partita-iva-forfettaria-guida-alle-novita-2024/ Sun, 12 May 2024 14:43:34 +0000 https://www.investire-certificati.it/?p=33346 Cosa Cambia e Come Risparmiare nel sistema Irpef italiano: le modifiche Fisco, tasse, Irpef, lavoro e partita IVA forfettaria: ecco le novità per la dichiarazione dei redditi. Non è invece cambiata la tassazione nel mondo finanziario, con azioni e certificati di investimento tassati al 26%, mentre rimane la tassazione agevolata sulle obbligazioni statali, come i […]

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Cosa Cambia e Come Risparmiare nel sistema Irpef italiano: le modifiche

Fisco, tasse, Irpef, lavoro e partita IVA forfettaria: ecco le novità per la dichiarazione dei redditi. Non è invece cambiata la tassazione nel mondo finanziario, con azioni e certificati di investimento tassati al 26%, mentre rimane la tassazione agevolata sulle obbligazioni statali, come i BTP. Resta invariata anche la Tobin Tax.

Irpef

L’Irpef (Imposta sul Reddito da lavoro delle Persone Fisiche) è un’imposta diretta progressiva che grava sul reddito complessivo delle persone fisiche residenti in Italia. Il sistema Irpef si basa su diversi principi:

Progressività: l’aliquota dell’imposta aumenta all’aumentare del reddito. Personalità: l’imposta è dovuta da ogni persona fisica in base al proprio reddito. Universalità: l’imposta si applica a tutti i redditi, di qualsiasi natura. Come avviene il calcolo dell’Irpef?

Il calcolo dell’Irpef avviene in diversi step:

  1. Determinazione del reddito complessivo: si sommano tutti i redditi posseduti dal contribuente, come ad esempio il reddito da lavoro dipendente, il reddito da lavoro autonomo, i redditi da capitale.
  2. Applicazione delle detrazioni: si detraggono dal reddito complessivo le spese detraibili, come ad esempio le spese per figli a carico, le spese mediche, le spese per interessi passivi sui mutui.
  3. Calcolo dell’imposta lorda: si applica l’aliquota Irpef al reddito imponibile (reddito complessivo al netto delle detrazioni).
  4. Applicazione delle deduzioni: si deducono dall’imposta lorda le deduzioni, come ad esempio i contributi previdenziali.
  5. Calcolo dell’imposta netta: si ottiene sottraendo le deduzioni dall’imposta lorda.

Recenti modifiche Irpef

Il sistema Irpef è un sistema complesso che è stato oggetto di diverse modifiche negli ultimi anni. È importante rimanere aggiornati sulle ultime novità della tassazione sul lavoro per poter calcolare correttamente l’imposta dovuta. Il sistema Irpef è stato oggetto di diverse modifiche negli ultimi anni. Tra le più recenti ricordiamo:

  • Riduzione del numero di aliquote che sono state ridotte dal 2022 da 5 a 4.
  • Introduzione della “no tax area” dallo scorso anno per i redditi fino a 8.500 euro.
  • Aumento delle detrazioni per figli a carico dal 2023.
  • Riforma del regime forfettario per le partite iva con l’introduzione di una nuova imposta sostitutiva.

Regime forfettario per le partite iva: impatto sull’Irpef e rapporto con il lavoro dipendente

Lavoro e partita IVA: Cosa è il regime forfettario? Si tratta di un regime fiscale agevolato dedicato alle partite iva con un fatturato annuale inferiore a 85.000 euro (100.000 euro per alcuni settori). Questo regime offre diversi vantaggi per chi lo adotta. Tra questi:

  • Imposta sostitutiva Irpef: I contribuenti forfettari pagano un’imposta sostitutiva dell’Irpef al 15% (o al 5% per i primi cinque anni di attività) sul loro reddito imponibile.
  • Calcolo del reddito semplificato: Il reddito imponibile si calcola applicando un coefficiente di redditività al fatturato.
  • Nessuna obbligo di fatturazione elettronica: I contribuenti forfettari non sono obbligati a emettere fatture elettroniche.

Quale è l’impatto del regime forfettario sull’Irpef?

L’impatto del regime forfettario sull’Irpef dipende da diversi fattori, tra cui:

  • Livello del reddito: L’imposta sostitutiva del 15% (o 5%) può essere più vantaggiosa dell’Irpef ordinaria per i contribuenti con redditi bassi.
  • Spese detraibili: I contribuenti forfettari non possono detrarre le spese sostenute per l’attività lavorativa.
  • Contributi previdenziali: I contribuenti forfettari versano i contributi previdenziali in base al loro reddito imponibile.

Regime forfettario e lavoro dipendente:

Il regime forfettario è compatibile con il lavoro dipendente. Tuttavia, ci sono alcuni limiti da tenere a mente. Il limite di reddito per esempio. Il regime forfettario non è accessibile ai contribuenti che hanno percepito redditi da lavoro dipendente superiori a 30.000 euro nell’anno precedente. Poi il cumulo dei redditi. Infatti i redditi da lavoro dipendente e da partita iva in regime forfettario si cumulano ai fini Irpef.

Quindi il regime forfettario di tassazione del lavoro può essere una valida opzione per le partite iva con un fatturato annuale inferiore a 85.000 euro (100.000 euro per alcuni settori) che desiderano un regime fiscale semplice e vantaggioso. Tuttavia, è importante valutare attentamente l’impatto di questo regime sull’Irpef e la sua compatibilità con il lavoro dipendente. In ogni caso i contribuenti forfettari devono comunque versare i contributi previdenziali per garantirsi la copertura previdenziale.

tasse

Novità 2024 su aliquote Irpef:

La novità maggiore di questo anno è la riduzione ed in generale la semplificazione dei calcoli. A partire dal 2024, le aliquote Irpef passano da 4 a 3. Le nuove aliquote sono:

  • 23% per redditi fino a 28.000 euro
  • 35% per redditi da 28.000 euro a 50.000 euro
  • 43% per redditi superiori a 50.000 euro

Innalzamento della no tax area, ovvero il livello di reddito al di sotto del quale non si paga l’Irpef, è stata innalzata a 8.500 euro per i lavoratori dipendenti.

Facciamo un esempio delle nuove aliquote:

  • Un lavoratore dipendente con un reddito di 20.000 euro pagherà un’Irpef di 2.300 euro, con un risparmio di 400 euro rispetto al 2023.
  • Un lavoratore autonomo con un reddito di 40.000 euro pagherà un’Irpef di 8.900 euro. Vi sarà pertanto un aumento di 400 euro rispetto a quanto pagato nel 2023.

Fasce di reddito che beneficiano di riduzioni:

  • I lavoratori dipendenti con redditi fino a 28.000 euro beneficiano di una riduzione dell’Irpef.
  • Le famiglie con figli a carico beneficiano di un aumento delle detrazioni fiscali.

Fasce di reddito che subiscono aumenti:

  • I lavoratori autonomi con redditi superiori a 28.000 euro sono colpiti da un aumento dell’Irpef.
  • Anche i contribuenti con redditi superiori a 50.000 euro subiscono un aumento dell’aliquota Irpef.

Lavoro: Detrazioni e deduzioni Irpef 2024:

fisco, Irpef e tassazione
fisco, Irpef e tassazione

Come risparmiare sulle tasse? Questa è certamente la parte più interessante: le detrazioni e deduzioni Irpef sono uno strumento importante per ridurre l’imposta da pagare. È importante conoscere le principali detrazioni e deduzioni spettanti e conservare tutti i documenti necessari per poterle utilizzare. In questa maniera di fatto si pagano meno tasse a fine anno.

  • Detrazione per lavoro dipendente: spetta ai lavoratori dipendenti e assimilati, con importo variabile in base al reddito.
  • Detrazione per figli a carico: spetta ai contribuenti con figli a carico, con importo variabile in base all’età e al numero dei figli.
  • Detrazione per interessi passivi mutui: spetta ai contribuenti che hanno acceso un mutuo per l’acquisto dell’abitazione principale.
  • Detrazione per spese mediche: spetta ai contribuenti che hanno sostenuto spese mediche per sé o per i familiari a carico.
  • Detrazione per spese per ristrutturazioni edilizie: spetta ai contribuenti che hanno sostenuto spese per ristrutturazioni edilizie.

Novità introdotte per il 2024:

  • Aumento della detrazione per figli a carico: l’importo della detrazione per figli a carico è stato aumentato.
  • Introduzione di una detrazione per le spese sportive: è stata introdotta una detrazione per le spese sportive sostenute per i figli a carico.
  • Riduzione della detrazione per interessi passivi mutui: l’importo della detrazione per interessi passivi mutui è stato ridotto.

Detrazione Irpef Esempi concreti:

  • Un lavoratore dipendente con un reddito di 20.000 euro e due figli a carico può usufruire di una detrazione per lavoro dipendente di 1.955 euro e di una detrazione per figli a carico di 2.100 euro, per un totale di 4.055 euro.
  • Un contribuente che ha sostenuto spese mediche per 1.000 euro può usufruire di una detrazione di 190 euro.
  • Un contribuente che ha sostenuto spese per ristrutturazioni edilizie di 10.000 euro può usufruire di una detrazione di 500 euro.

Alcuni consigli per sfruttare detrazioni e deduzioni sono questi: conservate tutti i documenti che attestano le spese detraibili o deducibili. Non tutti sanno che è possibile utilizzare le detrazioni e deduzioni per ridurre l’imposta Irpef dovuta, oppure per ottenere un rimborso se l’imposta versata è superiore a quella dovuta.

Altre novità fiscali introdotte nel 2024:

Oltre alle novità relative alle aliquote Irpef, alle detrazioni e deduzioni, nel 2024 sono state introdotte altre importanti novità fiscali:

1. Riforma del regime forfettario:

  • Il regime forfettario è stato riformato, con l’introduzione di una nuova imposta sostitutiva dell’Irpef al 15% (o al 5% per i primi cinque anni di attività).
  • Il limite di fatturato per accedere al regime forfettario è stato innalzato a 85.000 euro (100.000 euro per alcuni settori).

2. Introduzione della “no tax area” per chi fa lavoro autonomo:

  • È stata introdotta una “no tax area” per i lavoratori autonomi con redditi fino a 15.000 euro.
  • I lavoratori autonomi con redditi superiori a 15.000 euro pagheranno l’Irpef con un’aliquota del 23%.

3. Aumento dei contributi previdenziali:

  • I contributi previdenziali per i lavoratori autonomi sono stati aumentati.
  • L’aliquota contributiva per i lavoratori autonomi è pari al 24% (23,8% per i commercianti).

4. Riforma del catasto:

  • È stata avviata una riforma del catasto, che prevede la revisione delle rendite catastali degli immobili.
  • La riforma del catasto avrà un impatto sull’IMU e sulla TASI.

Impatto sul calcolo dell’Irpef:

Le novità fiscali introdotte nel 2024 avranno un impatto differenziato sul calcolo dell’Irpef:

  • Riforma del regime forfettario: i contribuenti forfettari con redditi inferiori a 85.000 euro (100.000 euro per alcuni settori) beneficeranno di una riduzione dell’Irpef.
  • Introduzione della “no tax area” per i lavoratori autonomi: i lavoratori autonomi con redditi inferiori a 15.000 euro non pagheranno l’Irpef.
  • Aumento dei contributi previdenziali: i lavoratori autonomi pagheranno un’Irpef più alta a causa dell’aumento dei contributi previdenziali.
  • Riforma del catasto: la riforma del catasto potrebbe avere un impatto sull’IMU e sulla TASI, che a loro volta concorrono al calcolo dell’Irpef.

Regime forfettario: cos’è, requisiti, vantaggi, svantaggi e calcolo del reddito imponibile

Lavoro e partite IVA. Vediamo alcuni temi chiave, partendo dal regime forfettario che può – in alcuni casi – offrire importanti vantaggi in termini fiscali. Attenzione, non è sempre così.

Cos’è il regime forfettario?

Il regime forfettario è un regime fiscale agevolato dedicato alle partite iva con un fatturato annuale inferiore a 85.000 euro (100.000 euro per alcuni settori). Questo regime offre diversi vantaggi, tra cui:

  • Imposta sostitutiva Irpef: I contribuenti forfettari pagano un’imposta sostitutiva dell’Irpef al 15% (o al 5% per i primi cinque anni di attività) sul loro reddito imponibile.
  • Calcolo del reddito semplificato: Il reddito imponibile si calcola applicando un coefficiente di redditività al fatturato.
  • Nessuna obbligo di fatturazione elettronica: I contribuenti forfettari non sono obbligati a emettere fatture elettroniche.

Quali sono i requisiti per accedere al regime forfettario?

Certamente questo è un punto importante. Per accedere al regime forfettario, è necessario rispettare i seguenti requisiti:

  • Possesso di partita iva: Il regime forfettario è accessibile solo ai titolari di partita iva.
  • Limite di fatturato: Il fatturato annuale non deve superare 85.000 euro (100.000 euro per alcuni settori).
  • Non essere in regime di società di capitali: Il regime forfettario non è accessibile alle società di capitali.
  • Non svolgere attività di vendita di beni usati: Il regime forfettario non è accessibile ai contribuenti che svolgono attività di vendita di beni usati.

Vantaggi del regime forfettario:

  • Semplicità: Il regime forfettario è un regime fiscale molto semplice da gestire. Meno spese anche lato commercialista.
  • Vantaggi fiscali: I contribuenti forfettari pagano un’imposta sostitutiva dell’Irpef più bassa rispetto all’Irpef ordinaria.
  • Costi contabili ridotti: I contribuenti forfettari non sono obbligati a tenere la contabilità ordinaria.

Svantaggi del regime forfettario:

  • Niente detrazione delle spese: I contribuenti forfettari non possono detrarre le spese sostenute per l’attività lavorativa.
  • Limite di fatturato: Il regime forfettario non è accessibile ai contribuenti con un fatturato annuale superiore a 85.000 euro (100.000 euro per alcuni settori).
  • Niente Iva: I contribuenti forfettari non possono applicare l’Iva sulle loro fatture.

Calcolo del reddito imponibile nel regime forfettario:

Il reddito imponibile nel regime forfettario si calcola applicando un coefficiente di redditività al fatturato. Il coefficiente di redditività varia in base al tipo di attività svolta.

Facciamo un esempio: un contribuente forfettario con un fatturato di 50.000 euro e un coefficiente di redditività del 78% ha un reddito imponibile di 39.000 euro. L’imposta sostitutiva Irpef dovuta sarà pari a 5.850 euro (39.000 euro x 15%).

Cos’è l’imposta sostitutiva Irpef?

L’imposta sostitutiva Irpef è un’imposta unica che i contribuenti forfettari pagano in sostituzione dell’Irpef, delle addizionali regionali e comunali e dell’IRAP. L’imposta sostitutiva si applica sul reddito imponibile del contribuente forfettario, determinato applicando un coefficiente di redditività al fatturato.

Aliquota dell’imposta sostitutiva:

L’aliquota dell’imposta sostitutiva è del 15% per la maggior parte dei contribuenti forfettari. Esistono però due eccezioni.

  • Nuovi contribuenti: I nuovi contribuenti che applicano il regime forfettario per i primi cinque anni di attività possono beneficiare di un’aliquota ridotta al 5%.
  • Contribuenti in attività secondaria: I contribuenti che applicano il regime forfettario in attività secondaria (con un reddito da lavoro dipendente o assimilato superiore a 30.000 euro) pagano un’imposta sostitutiva al 15% con una maggiorazione del 3%.

Confronto tra l’imposta sostitutiva e l’Irpef ordinaria:

L’imposta sostitutiva può essere più vantaggiosa dell‘Irpef ordinaria per i contribuenti forfettari con redditi bassi o medi.

Ecco alcuni esempi:

  • Contribuente con un fatturato di 20.000 euro:
    • Con l’imposta sostitutiva pagherebbe un’imposta di 3.000 euro (20.000 euro x 15%).
    • Con l’Irpef ordinaria pagherebbe un’imposta di 3.600 euro (20.000 euro x 18%).
  • Contribuente con un fatturato di 50.000 euro:
    • Con l’imposta sostitutiva pagherebbe un’imposta di 7.500 euro (50.000 euro x 15%).
    • Con l’Irpef ordinaria pagherebbe un’imposta di 9.900 euro (50.000 euro x 19,8%).

Detto ciò l’imposta sostitutiva potrebbe essere più conveniente. Ma come si calcola l’imposta sostitutiva? E’ semplice: Imposta sostitutiva = Reddito imponibile x Aliquota.

Per esemplificare facciamo un esempio. Se un contribuente forfettario ha un fatturato di 40.000 euro e un coefficiente di redditività del 78% ha un reddito imponibile di 31.200 euro. Alla fine di conseguenza l’imposta sostitutiva sarà di 4.680 euro (31.200 euro x 15%).

Forfettari: incidenza dei contributi previdenziali sul calcolo dell’Irpef.

I contributi previdenziali sono deducibili dal reddito imponibile ai fini del calcolo dell’Irpef per i contribuenti forfettari. In altre parole, i contribuenti forfettari possono ridurre il loro reddito imponibile dell’ammontare dei contributi previdenziali versati. Questo comporta una riduzione dell’imposta sostitutiva Irpef dovuta.

Per esempio: un contribuente forfettario con un reddito imponibile di 30.000 euro e un’imposta sostitutiva Irpef al 15% pagherebbe un’imposta di 4.500 euro. Se il contribuente ha versato 4.000 euro di contributi previdenziali, il suo reddito imponibile si riduce a 26.000 euro e l’imposta sostitutiva Irpef dovuta scende a 3.900 euro.

Novità introdotte nel 2024:

A partire dal 2024, i contributi previdenziali per i lavoratori autonomi, inclusi i forfettari, sono stati aumentati. L’aliquota contributiva per i forfettari è pari al 24% (23,8% per i commercianti). L’aumento dei contributi previdenziali avrà un impatto sull’Irpef dei forfettari, che pagheranno un’imposta più alta.

Considerando l’esempio precedente, con l’aumento dei contributi previdenziali a 4.800 euro, il reddito imponibile del contribuente forfettario si riduce a 25.200 euro e l’imposta sostitutiva Irpef dovuta sale a 3.780 euro. Questo aumento dei contributi previdenziali avrà un impatto negativo sull’Irpef dei forfettari, che dovranno pagare un’imposta più alta.

Ovviamente i contributi previdenziali versati dai forfettari sono utili per la maturazione della pensione, contributi che è possibile aumentare. Tuttavia i contributi previdenziali non sono deducibili dall’imposta sostitutiva Irpef, ma solo dal reddito imponibile. Facciamo un esempio: un contribuente forfettario con un’imposta sostitutiva Irpef di 4.500 euro e un versamento di 4.000 euro di contributi previdenziali avrà un risparmio di imposta pari a 600 euro (4.000 euro x 15%).

Come sempre, in particolare a fronte di situazioni complesse, conviene rivolgersi a un commercialista per evitare problemi con il fisco.

Approfondimenti

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Salgono le Tasse sull’Oro https://www.investire-certificati.it/tassazione-oro-fisco-tasse/ Tue, 05 Dec 2023 18:04:43 +0000 https://www.investire-certificati.it/?p=31365 Con la nuova legge di bilancio il Governo vuole alzare le tasse sull’oro. L’innalzamento della tassazione ha come obiettivo è quello di recuperare quasi duecento milioni di euro da chi vende oro e argento fisico. Non cambiano di fatto le tasse per la detenzione dell’oro, sempre pari a zero, né per chi ha comprato dagli […]

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Con la nuova legge di bilancio il Governo vuole alzare le tasse sull’oro. L’innalzamento della tassazione ha come obiettivo è quello di recuperare quasi duecento milioni di euro da chi vende oro e argento fisico. Non cambiano di fatto le tasse per la detenzione dell’oro, sempre pari a zero, né per chi ha comprato dagli operatori professionali. Per contro, cambia invece il computo della tassazione sull’oro per chi non ha i documenti relativi all’acquisto, di fatto quadruplicando. La tassazione sulla vendita di oro e argento fisico (in monete o lingotti) in questo caso sale dal 6,5% al 26%. Quattro volte tanto.

Gli scambi fra privati sono penalizzati, così come eredità e regali d’oro e d’argento. Una proposta che fa già discutere e che potrebbe finire in un mezzo fallimento, portando alle casse dello Stato numeri ben inferiori a quelli stimati. Proprio come la Tobin Tax qualche anno fa.

Tassazione sulla vendita di oro

Investire in oro

Oro, tasse e fisco: vediamo come funzionano le tasse oggi sull’oro e sulla vendita di metalli preziosi in ambito di investimento. Sulla vendita, in caso di capital gain, la tassazione è già da tempo al 26%. Per pagare il 26%, occorre però una prova del prezzo di acquisto. Ben difficile – se non impossibile – da ottenere su monete o lingotti ricevuti in eredità (o anche come regalo di Battesimo o una Prima Comunione, anche se in questo caso il quantitativo di oro è generalmente inferiore). Per questa ragione il Legislatore aveva fissato, nei casi in cui non si avesse una prova del prezzo di acquisto, la tradizionale tassazione al 26% del 25% del valore dell’oro o dell’argento. In altre parole, una tassazione agevolata, al 6,5%.

Ora con la nuova proposta verrebbe considerato l’intero valore dell’oro. In altre parole, la tassazione sarebbe del 26% sul totale della vendita e non del 26% su un quarto del valore dell’oro. Una mazzata per chi avesse ereditato importanti quantitativi di lingotti o monete d’oro e argento. Fra questi troviamo la sterlina d’oro, così come il Marengo e le altre monete di argento.

Ecco quindi che la vendita di monete, lingotti e lamine auree potrebbe diventare decisamente più costosa, anche quando si parla di oro ereditato. Sarebbero invece esclusi bracciali, orecchini e altri prodotti lavorati.

Le previsioni del Governo con la tassa sull’oro

La stima del Governo è di recuperare circa 196 milioni di euro l’anno aggiuntivi. Si parte dai dati del 2022, quando le vendite di oro dichiarate superarono i 3 miliardi di euro. Il rischio è quello di incentivare in questo modo la vendita fra privati in nero, magari a sconto (chiaramente anche il nuovo acquirente poi avrebbe il vincolo di rivendere pagando il 26%). Di fatto l’imponibile, pari a circa 750 milioni di euro (considerando il 25% dell’oro negoziato), salirebbe a 3 miliardi. La Legge di bilancio, considera che la quota di oro che potrebbe essere dichiarato salirebbe a 1,5 miliardi. Da qui i numeri ipotizzati, che appaiono comunque ottimisti.

L’aspetto positivo è quello di incentivare l’utilizzo di aziende registrate, i cosiddetti Operatori Professionali del settore Oro, registrati presso Banca d’Italia. Il tutto renderebbe più difficili truffe e altre problematiche legate all’acquisto da oro fra privati. Al tempo stesso resta il problema per chi ha ereditato o ricevuto in regalo oro, con una tassazione sulla vendita che salirebbe dal 6,5% al 26% (qualora non vi sia documento di acquisto con prezzo).

Tassazione Oro Fisico

La tassazione sull’oro è un tema relativamente giovane in Italia. Ad inizio Millennio, nel gennaio 2000, con apposita legge è stato resa possibile la compravendita di oro con fine investimento per privati. L’oro è esente da imposta sul valore aggiunto. Di fatto la detenzione di oro ed il suo acquisto sono esentasse. Si paga invece una tassa in caso di profitto derivante da una vendita ad un prezzo superiore rispetto a quello di acquisto. Al momento devono poi essere registrate tutti i movimenti di oro superiori ai 12.500 euro di controvalore (dai 200 grammi di oro in su, considerando un prezzo di circa 60 euro per grammo).

Con la normativa vigente, in caso di vendita di 20.000 euro di oro, senza documentazione sul prezzo di acquisto, si paga una tassazione pari al 26% sul 25% del valore dichiarato, ossia su 5.000 euro. Si pagano pertanto tasse per 1.300 euro. Con la proposta di legge dal gennaio 2024 si pagherà il 26% su ventimila euro: 5.200 euro. La tassa sale di quattro volte. Nel caso in cui si avesse la documentazione dell’acquisto con il prezzo pagato non cambierebbe nulla invece rispetto allo scenario attuale.

Come si registra una plusvalenza su vendita di oro?

Quando si vende oro fisico ottenendo una plusvalenza occorre inserirla nel quadro RT nella sezione II del modello “Reddito delle persone fisiche”.  Se l’investimento su oro o argento è stato effettuato all’estero, dovrà essere specificato nel quadro RW della stessa cartella.

Focus

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Tobin Tax 2023 https://www.investire-certificati.it/tobin-tax-2023/ Thu, 22 Dec 2022 08:32:00 +0000 https://www.investire-certificati.it/?p=26303 Tobin Tax 2023: Quando si paga la Tobin Tax? Quali sono le Azioni esenti dalla Tobin Tax nel 2023? Ecco l’elenco delle azioni sui cui non si paga la Tobin Tax per l’anno solare 2023. Tobin Tax 2023 Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha aggiornato la lista dei titoli azionari di Borsa italiana su […]

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Tobin Tax 2023: Quando si paga la Tobin Tax? Quali sono le Azioni esenti dalla Tobin Tax nel 2023? Ecco l’elenco delle azioni sui cui non si paga la Tobin Tax per l’anno solare 2023.

Tobin Tax 2023

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha aggiornato la lista dei titoli azionari di Borsa italiana su cui gli investitori non sono tenuti a pagare l’Italian Financial Transaction Tax, ossia la Tobin Tax, nel 2023. Ripartiamo dal funzionamento di questa imposta, per poi vederne i dettagli. Ricordiamo, inoltre, che sui certificates la Tobin Tax è decisamente leggera, con importi inferiori (vedasi articolo sul tema).

Cosa è la Tobin Tax?

La Tobin Tax è una tassa che viene pagata da investitori italiani ed esteri qualora si detenga un titolo azionario in overnight o un indice italiano o un prodotto derivato legato ad un’azione italiana con capitalizzazione superiore ai 500 milioni di euro. Sono escluse le aziende che non sono residenti sul territorio italiano e quelle con bassa capitalizzazione (sotto la soglia dei 500 milioni). La Tobin Tax è stata confermata anche per il 2023.

Quanto si paga di Tobin Tax?

tasse finanza

La Tobin tax è pari allo 0,10% del controvalore dell’operazione. Si applica solo alle transazioni in acquisto. Pertanto, si paga soltanto quando si compra un titolo e non quando lo si vende. Viene calcolata sul saldo netto a fine giornata. Nel caso di operazioni short viene pagata, se dovuta, in fase di ricopertura.

Per quanto riguarda i derivati, l’applicazione differisce. La Tobin tax si paga infatti sia sulle operazioni intraday che su quelle multiday. Coinvolge i derivati legati al FTSE Mib, agli altri indici di Piazza Affari (o con prevalenza italiana) e quelli su titoli azionari, a patto che l’azione abbia una capitalizzazione di mercato superiore ai 500 milioni.

Da notare come l’aliquota sui mercati OTC, ossia quelli non regolamentati, ha importi più elevati. Fra questi, anche i CFD, ossia i contratti per differenza.

Quando non si paga la Tobin tax?

Ci sono dei casi in cui l’imposta non è dovuta. Vediamo le esenzioni dalla Tobin Tax nel 2023.

  • La Tobin Tax non è dovuta su operazioni intraday sull’azionario (ossia aperte e chiuse nella medesima giornata di borsa),  
  • investimenti anche multiday su azioni italiane con residenza estera,
  • azioni esteri (anche se quotate su Borsa Italiana)
  • società quotate ma con market cap inferiore ai 500 milioni di euro
  • obbligazioni

Azioni con sede estera

Nel 2023 non si paga la Tobin Tax sulle seguenti azioni che hanno sede estera:

  • BB Biotech
  • Campari
  • Cementir
  • Cnh industrial
  • Ferrari
  • Exor
  • IVS
  • Mediaset
  • Stellantis
  • STMicroelectronics
  • Tenaris

Azioni Esenti da Tobin Tax 2023

Sono esentate dalla Tobin Tax nel 2023, per via di una capitalizzazione di mercato inferiore ai 500 milioni di euro le seguenti azioni:

  • 4AIM SICAF
  • 4AIM SICAF COMPARTO 2 CROWDFUNDING
  • A.B.P. NOCIVELLI
  • ABC COMPANY
  • ABITARE IN
  • ACINQUE
  • ACQUAZZURRA
  • AEDES
  • AEFFE
  • AEROPORTO GUGLIELMO MARCONI DI BOLOGNA
  • AGATOS
  • ALA
  • ALFIO BARDOLLA
  • ALFONSINO
  • ALGOWATT EXM
  • ALKEMY
  • ALLCORE
  • ALMAWAVE
  • ALTEA GREEN POWER
  • AMBROMOBILIARE
  • AQUAFIL
  • ARTERRA BIOSCIENCE
  • ASKOLL EVA
  • ATON GREEN STORAGE
  • AUTOSTRADE MERIDIONALI
  • AVIO
  • B&C SPEAKERS
  • BANCA AGRICOLA POPOLARE DI RAGUSA
  • BANCA DI IMOLA
  • BANCA MACERATA
  • BANCA POPOLARE CORTONA
  • LA BANCA POPOLARE DEL LAZIO
  • BANCA POPOLARE DI FONDI
  • BANCA POPOLARE DI FRUSINATE
  • BANCA POPOLARE DI PUGLIA E BASILICATA
  • AZIONI BANCA POPOLARE LAJATICO
  • BANCA POPOLARE PUGLIESE
  • BANCA POPOLARE SANT’ANGELO
  • BANCA POPOLARE VALCONCA
  • BANCA PROFILO
  • BANCA SELLA
  • BANCA SISTEMA
  • BANCA VALSABBINA
  • BANCO DI DESIO E BRIANZA
  • BASICNET
  • BASTOGI
  • BCA POPOLARE DI BARI
  • BCP TORRE DEL GRECO
  • BE
  • BEGHELLI
  • BELLINI NAUTICA
  • BFC MEDIA
  • BIALETTI INDUSTRIE
  • BIANCAMANO
  • BIESSE
  • BIFIRE
  • BIOERA
  • BORGOSESIA
  • BRIOSCHI
  • CAIRO COMMUNICATION
  • CALEFFI
  • CALTAGIRONE
  • CALTAGIRONE EDITORE
  • CASASOLD
  • CASTA DIVA GROUP
  • CELLULARLINE
  • CEMBRE
  • CENTRALE DEL LATTE D’ITALIA
  • CHL
  • CIR
  • CIRCLE
  • CIVIBANK
  • CIVITANAVI SYSTEMS
  • CLABO
  • CLASS EDITORI
  • CLEANBNB
  • COFLE
  • COMAL
  • COMPAGNIA DEI CARAIBI
  • COMPAGNIA IMMOBILIARE AZIONARIA
  • CONAFI
  • CONFINVEST
  • CONVERGENZE
  • COPERNICO
  • COVER 50
  • CROWDFUNDME
  • CSP INTERNATIONAL
  • CULTI MILANO
  • CY4GATE
  • CYBEROO
  • DATALOGIC
  • DATRIX
  • DBA GROUP
  • DEA CAPITAL
  • DEFENCE TECH HOLDING
  • DESTINATION ITALIA
  • DHH
  • DIGITAL BROS
  • DIGITAL MAGICS
  • DIGITAL360
  • DIGITOUCH
  • DIRECTA SIM
  • DOXEE
  • ECOSUNTEK
  • EDILIZIACROBATICA
  • EDISON RSP
  • EEMS
  • ELES
  • ELICA
  • EMAK
  • ENERGY
  • ENERTRONICA SANTERNO
  • ENERVIT
  • EPRICE
  • EQUITA GROUP
  • ESAUTOMOTION
  • ESI
  • ESPRINET
  • ESTRIMA
  • EUKEDOS
  • EUROTECH
  • EVISO
  • EXPERT.AI
  • EXPRIVIA
  • FABILIA
  • FAE TECHNOLOGY
  • FARMACOSMO
  • FARMAE
  • FENIX ENTERTAINMENT
  • FERVI
  • FIDIA
  • FIERA MILANO
  • FILA
  • FINANZA.TECH
  • FINE FOODS & PHARMACEUTICALS NTM
  • FINLOGIC
  • FIRST CAPITAL
  • FNM
  • FOPE
  • FOS
  • FRANCHETTI
  • FRANCHI UMBERTO MARMI
  • FRENDY ENERGY
  • FRIULCHEM
  • FULLSIX
  • G RENT
  • G.M. LEATHER
  • GABETTI PROPERTY SOLUTIONS
  • GAMBERO ROSSO
  • GAROFALO HEALTH CARE
  • GAS PLUS
  • GEFRAN
  • GEL
  • GENERALFINANCE
  • GEOX
  • GEQUITY
  • GIBUS
  • GIGLIO GROUP
  • GIGLIO.COM
  • GISMONDI 1754
  • GO INTERNET
  • GPI
  • GREENTHESIS
  • GRIFAL
  • GROWENS
  • HEALTH ITALIA
  • H-FARM
  • HIGH QUALITY FOOD
  • HOMIZY
  • I GRANDI VIAGGI
  • IERVOLINO & LADY BACARDI ENTERTAINMENT
  • IGD – IMMOBILIARE GRANDE DISTRIBUZIONE
  • IGEAMED
  • IL SOLE 24 ORE
  • ILLA
  • ILPRA
  • IMMSI
  • IMPRENDIROMA
  • IMVEST
  • INDEL B
  • INDUSTRIAL STARS OF ITALY 4
  • INDUSTRIE CHIMICHE FORESTALI
  • INIZIATIVE BRESCIANE
  • INNOVATEC
  • INTERMONTE PARTNERS SIM
  • INTERNATIONAL CARE COMPANY
  • INTRED
  • IRCE
  • ISCC FINTECH
  • IT WAY
  • ITALIA INDEPENDENT
  • ITALIAN EXHIBITION GROUP
  • ITALIAN WINE BRANDS
  • JONIX
  • KI GROUP
  • KME GROUP
  • KOLINPHARMA
  • LA CASSA DI RAVENNA
  • LABOMAR
  • LABORATORIO FARMACEUTICO ERFO
  • LANDI RENZO
  • LAZIO
  • LEONE FILM GROUP
  • LINDBERGH
  • LONGINO&CARDENAL
  • LUCISANO MEDIA GROUP
  • LVENTURE GROUP
  • MAPS
  • MARZOCCHI POMPE
  • MASI AGRICOLA
  • MATICA FINTEC
  • MEDICA
  • MEGLIOQUESTO
  • MET.EXTRA GROUP
  • MIT SIM
  • MITTEL
  • MONDADORI EDITORE
  • MONDO TV
  • MONNALISA
  • MONRIF
  • NEODECORTECH
  • NEOSPERIENCE
  • NET INSURANCE
  • NETWEEK
  • NEWLAT FOOD
  • NEXT RE
  • NICE FOOTWEAR
  • NOTORIOUS PICTURES
  • NUSCO
  • NVP
  • OFFICINA STELLARE
  • OLIDATA
  • OMER
  • OPENJOBMETIS
  • ORSERO
  • OSAI AUTOMATION SYSTEM
  • PATTERN
  • PHILOGEN
  • PIERREL
  • PININFARINA
  • PIOVAN
  • PIQUADRO
  • PLANETEL
  • PLC
  • POLIGRAFICI PRINTING
  • PORTALE SARDEGNA
  • PORTOBELLO
  • POWERSOFT
  • POZZI MILANO
  • PREMIA FINANCE
  • PRIMA INDUSTRIE
  • PRISMI
  • PROMOTICA
  • RACING FORCE
  • RADICI
  • RATTI
  • RCS MEDIAGROUP
  • REDELFI
  • REEVO
  • RELATECH
  • RENERGETICA
  • RESTART
  • RETI
  • REVO INSURANCE
  • RISANAMENTO
  • ROCKET SHARING COMPANY
  • ROSETTI MARINO
  • S.I.F. ITALIA
  • SABABA SECURITY
  • SABAF
  • SAES GETTERS
  • SCIUKER FRAMES
  • SEBINO
  • SERI INDUSTRIAL
  • SERVIZI ITALIA
  • SG COMPANY
  • SHEDIR PHARMA GROUP
  • SIAV
  • SIT
  • SOCIETA’ EDITORIALE IL FATTO
  • SOFTEC
  • SOFTLAB
  • SOGEFI
  • SOLID WORLD GROUP
  • SOLUTIONS CAPITAL MANAGEMENT SIM
  • SOMEC
  • SOSTRAVEL.COM
  • SPINDOX
  • STAR7
  • SVAS BIOSANA
  • TAKE OFF
  • TECMA SOLUTIONS
  • TELESIA
  • TENAX INTERNATIONAL
  • TESMEC
  • THE ITALIAN SEA GROUP
  • THE LIFESTYLE GROUP
  • TISCALI
  • TOSCANA AEROPORTI
  • TPS
  • TRAWELL CO
  • TRENDEVICE
  • TREVI FIN INDUSTRIALE
  • TRIBOO
  • TXT
  • UCAPITAL24
  • ULISSE BIOMED
  • UNIDATA
  • UNIEURO
  • VALSOIA
  • VANTEA SMART
  • VIANINI
  • VIMI FASTENERS
  • VISIBILIA EDITORE
  • VOLKSBANK BANCA POPOLARE ALTO ADIGE
  • WEBSOLUTE
  • WIIT
  • YOLO GROUP
  • ZUCCHI

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Redditi da Investimento https://www.investire-certificati.it/redditi-da-investimento/ Sat, 28 Aug 2021 07:15:00 +0000 https://www.investire-certificati.it/?p=5847 La tassazione dei redditi da investimento in Italia è un tema sul quale c’è sempre molta confusione e necessità di aggiornamento continuo. Aggiornarsi quindi per ottimizzare fiscalmente il proprio portafoglio di investimenti, ed aumentarne la efficienza. Tassazione dei redditi da investimento Ogni tipo di investimento che produca dei guadagni e quindi dei redditi, può generare […]

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La tassazione dei redditi da investimento in Italia è un tema sul quale c’è sempre molta confusione e necessità di aggiornamento continuo. Aggiornarsi quindi per ottimizzare fiscalmente il proprio portafoglio di investimenti, ed aumentarne la efficienza.

Tassazione dei redditi da investimento

Ogni tipo di investimento che produca dei guadagni e quindi dei redditi, può generare due tipi di redditi:

  • redditi da capitale ( cedole e dividendi )
  • redditi diversi ( generati da acquisto e vendita)

I primi sono redditi sono “certi”, non generano capital gain e quindi vengono tassati immediatamente; i secondi invece sono incerti, perché possono generare una plusvalenza, ma anche una minusvalenza in data incerta.

Fanno eccezione le cedole dei certificates, considerate come reddito da capitale che possono quindi essere usate per compensare precedenti minusvalenze.

Caratteristiche dei redditi

Come posso distinguerli? Facciamo un esempio. Un dividendo che verrà staccato ad una data precisa per un importo preciso rientra nella prima categoria dei redditi da capitale (certi); invece la compravendita di una azione non so quando e se produrrà reddito a seguito della sua vendita. Quindi siamo in presenza di un reddito diverso, incerto nell’ammontare ed anche nella sua creazione.

Tassazione e Compensazione

Questi due tipi di redditi possono essere compensati tra loro? La risposta è negativa: redditi da capitale e redditi diversi non si possono compensare, conteggiare tra loro. Questo perché sono due categorie completamente diverse. Sarebbe come sommare le pere con le mele. Allo stesso modo anche la tassazione su questi due tipi di redditi è diversa. Questo va considerato da trader ed investitori.

Nei redditi diversi ed incerti la compensazione tra Minus e Plusvalenze è possibile? Sì, lo Stato permette la compensazione tramite lo zainetto fiscale. Facciamo un esempio. Da una compravendita di azioni nell’anno precedente ho perso 1.000 euro che costituiscono il mio zainetto fiscale, cioè la minusvalenza che potrò compensare con una plusvalenza successiva.

4 anni per recuperare le minusvalenze

Quanto tempo ho per recuperare le perdite e compensare? Per recuperare le minusvalenze maturate in ciascun anno specifico abbiamo a disposizione ben 4 anni oltre a quello in cui la minusvalenza è maturata.

Dopo questa scadenza perdiamo la possibilità di compensare questo bonus fiscale e non potremo ridurre le tasse sulle rendite finanziarie. Per ottimizzare il proprio portafoglio è quindi utile valutare attentamente il risparmio possibile con lo zainetto fiscale e la compensazione.

Tassazione nei certificates

Esaminiamo la tassazione dei certificati di investimento.

Fra i punti di forza dei certificates troviamo il loro aspetto fiscale. Infatti, sia il profitto derivante da capital gain che le cedole che essi generano sono fiscalmente compensabili. Tutti i profitti derivanti dai certifitcati di investimento rientrano nei redditi diversi. Questo li rende pertanto fiscalmente efficienti, a differenza di ETF ed obbligazioni.

investire con i certificati

Cosa non posso compensare?

La compensazione delle perdite, possibile nel caso di redditi diversi, non è possibile con i redditi da capitale che non prevedono compensazione. Non si possono compensare minusvalenze pregresse di

  • cedole obbligazionarie
  • C/C, conti di deposito e libretti
  • cedole di certificates quando sono garantite E soltanto se anche il capitale è garantito
  • gestioni patrimoniali, polizze vita (ramo 1 3 e 5)
  • dividendi di azioni fondi o ETF
  • compravendita di quote di fondi o ETF

Quest’ultima limitazione non si spiega. La attuale tassazione sul reddito prodotto da questo investimento mentre permette la compensazione delle perdite sulle azioni, non permette di recuperare le perdite su fondi ed ETF azionari.

Quindi con delle minusvalenze da recuperare non conviene un portafoglio fatto di soli fondi o ETF; le tasse sugli eventuali profitti o dividendi distribuiti sono sempre dovute e le minusvalenze non si potranno recuperare.

Vietato compensare le minusvalenze fatte su un conto con le plusvalenze fatte su un altro. Consigliabile quindi un portafoglio misto di fondi ed etf assieme a singole azioni in modo tale da poterli usare per recuperare le minus valenze sui fondi e sugli etf.

Tassazione redditi da ETF ed ETC

La tassazione sui redditi prodotti da un investimento in ETF ed ETC è diversa. Sono redditi da capitale solo le i guadagni generati dalla compravendita di ETF, mentre invece sono redditi diversi le plusvalenze generate dalla compravendita di ETC (materie prime) e di ETN (titoli di debito cartolarizzati).

Tassazione redditi da capitale

La tassazione dei redditi da capitale è del 26 per cento. Anche i redditi diversi sono tutti tassati al 26 per cento, ma con delle eccezioni:

  • titoli di stato presenti nella white list ad esempio il bund e btp
  • titoli sovranazionali ad esempio le obbligazioni della world bank
  • buoni fruttiferi postali

Può capitare che l’investimento sia fatto su un ETF, oppure in un fondo che contenga titoli di stato in white list e con tassazione al 12,5 per cento; sul rimanente la tassazione sarà del 26 per cento sugli investimenti fatti.

Fisco e tassazione redditi da investimento
Fisco e tassazione redditi da investimento e certificates

Imposta di Bollo

L’imposta di Bollo è una piccola patrimoniale. Sono 34 euro l’anno per c/c e libretti di risparmio postali o bancari se la giacenza media supera i 5mila euro; zero se è inferiore. L’imposta di bollo è quindi pari a 34 euro indipendentemente dall’importo sul conto se questo super mediamente i 5.000 euro.

In ogni altro caso l’imposta di bollo è dello 0,2 per cento l’anno. Anche i conti correnti vincolati, conti di deposito, i buoni fruttiferi postali pagano l’imposta di bollo pari allo 0,2 per cento.

Esenti da imposta di bollo le polizze vita ramo 1. L’imposta di bollo è dovuta anche per un conto all’estero; cambia solo il nome: IVAFE e la percentuale dovuta è sempre la stessa.

Redditi e regimi fiscali

I regimi fiscali sono tre: dichiarativo, amministrato e gestito. Quali sono le differenze tra questi tipi di regime fiscale?

  • Dichiarativo: si porta il rendiconto dal commercialista che calcolerà le tasse.
  • Amministrato: l’intermediario, il broker esegue tutti gli adempimenti fiscali come sostituto d’imposta.
  • Gestito: delega all’intermediario sia la gestione che l’adempimento fiscale.

Quale dei tre consigliare? La scelta è personale, tuttavia il regime dichiarativo è quello più elastico; infatti se si hanno più conti si può sempre compensare minus e plus ottenute su conti diversi.

La scelta del regime fiscale dei redditi prodotti da un investimento e della relativa tassazione dipende anche dal broker. In generale gli intermediari italiani ed europei fanno anche da sostituto d’imposta in regime amministrato, mentre gli intermediari non europei sono per il regime dichiarativo nel quale è la banca ad occuparsi di tutto.

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Certificati con Esenzione Fiscale https://www.investire-certificati.it/certificati-con-esenzione-fiscale/ Fri, 27 Nov 2020 14:53:00 +0000 https://www.investire-certificati.it/?p=1459 L'articolo Certificati con Esenzione Fiscale proviene da Investire-Certificati.it.

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Esistono certificati con esenzione fiscale? Cosa si intende quando si dice che i certificati di investimento sono fiscalmente efficienti?

Certificati con Esenzione fiscale?

Perché a volte si dice che vi siano certificati con esenzione fiscale? Di fatto le tasse relative al capital gain si pagano anche sui certificati di investimento. Questo va chiarito fin da subito. Va però detto che i certificates sono noti anche per la loro efficienza fiscale. Infatti, per quanto concerne l’aspetto tributario e fiscale, i certificati generano sempre “redditi diversi”. Questo è un elemento che li differenzia da ETF e fondi, che generano sia con cedole e dividendi che con eventuali plusvalenze redditi che fiscalmente ricadono nella categoria di redditi da capitale. Quindi si tratta di redditi fiscalmente non compensabili, a differenza di quelli generati con i certificates.

Infatti, nel caso in cui un investitore abbia una minusvalenza pregressa, potrà invece compensarla sia con una plusvalenza che con una cedola di un certificato. In tal caso avrà un’esenzione fiscale dal pagare il tradizionale importo del 26% sul profitto ottenuto

Come si compensa una minusvalenza

Vediamo un esempio legato all’esenzione fiscale dal pagare il capital gain con i certificates grazie a precedenti minusvalenze.

Poniamo il caso in cui l’investitore abbia generato una perdita pari a 1.000 euro con un investimento su azioni o sul forex. La casistica sarebbe la medesima se la minusvalenza fosse stata generata dalla vendita in perdita di precedenti certificati di investimento.

Poniamo poi che acquisti quattro certificati a 850 euro, ossia a sconto rispetto ad un prezzo nominale di 1.000 euro. Nel tempo incassa per 8 mesi di fila 100 euro al mese di cedole. Grazie alla precedente minusvalenza, il flusso cedolare risulterà completamente esentasse. Il credito di imposta, ossia la precedente minusvalenza scenderà da 1.000 euro a 200 euro, grazie al profitto di 800 euro generato dalle cedole.

Poniamo poi che i quattro certificates vengano richiamati a 1.000 euro dall’emittente. L’investitore otterrà un ulteriore profitto pari a 600 euro (150 euro per ciascuno dei 4 derivati strutturati detenuti). C’è ancora l’esenzione fiscale dal pagare le tasse? Sì, ma soltanto per la parte di minusvalenza pregressa ancora compensabile. In altre parole, i primi 200 euro di profitto saranno completamente esentasse, mentre sui restanti 400 euro di profitto l’investitore pagherà il 26% di tassa, ossia 104 euro (26% di 400 euro).

Questo non sarebbe stato possibile con ETF e fondi. L’efficienza fiscale è una delle differenze fra certificates ed ETF.

certificati esenzioni fiscali
Come funziona la fiscalità nei certificates?

La Tassazione nei certificati di investimento

Per quanto riguarda eventuali profitti ottenuti con i certificati di investimento l’aliquota fiscale è al 26%.

Questo valore è simile a quello della gran parte degli altri strumenti finanziari (con l’eccezione dei titoli di Stato). Con i certificates è possibile compensare eventuali minusvalenze ottenute anche con altri strumenti finanziari, come forex, azioni o altri derivati strutturati. Possono essere utilizzate per compensare minusvalenze sia le cedole incassate con i certificates che eventuali capital gain.

La Tobin Tax nei certificati di investimento

Dal 1° settembre 2013 è stata introdotta la Tobin Tax sui Certificates. Non vi è un’esenzione fiscale per i certificates, ma possiamo dire che sono stati trattati dal legislatore con i guanti. Infatti, questa imposta sui certificates ha importi di norma molto bassi. Basti pensare che un investimento di 10.000 euro genera una tassazione di appena 50 centesimi nel caso di un certificato legato ad azioni con capitalizzazione superiore ai 500 milioni. Se si tratta di indici, inoltre, la tassa è ancora inferiore, nell’ordine dei dieci centesimi di euro.

Questo anche grazie ad uno sconto dell’80% per quanto riguarda i certificates negoziati su mercato regolamentati come il Sedex di Borsa Italiana o l’EuroTLX, anch’esso gestito da Borsa Italiana.

Certificati con Esenzione fiscale dalla Tobin Tax

Vi è un’esenzione fiscale per i certificates legati ad azioni estere ed anche per quelli che hanno per sottostante indici esteri. Non pagano la Tobin tax i certificates che fanno riferimento a valute, materie prime o tassi di interesse.

Nel caso in cui il certificato faccia riferimento a più azioni o più indici, si considera il criterio della prevalenza. Se i sottostanti italiani sono meno del 50%, il certificato non sarà soggetto alla Tobin Tax.

Per esempio, un certificato avente per sottostanti gli indici di Borsa FTSE Mib, Dax e Cac non sarà soggetto alla Tobin Tax. Questo perché due dei tre sottostanti sono esteri. Se invece prendessimo in considerazione un certificato legato unicamente al Ftse Mib, sarebbe dovuto il pagamento della Tobin Tax.

Sono esenti dalla Tobin tax anche i certificati legati ad azioni italiane ma con capitalizzazione inferiore ai 500 milioni di euro.

Certificati per Compensare una Minusvalenza

Un ulteriore aspetto legato alla fiscalità dei certificati di investimento riguarda i prodotti con Maxi Cedola.  Sono spesso utilizzati per compensare una minusvalenza, o quantomeno per posticipare la sua scadenza.

I certificati con Maxi Cedola sono prodotti derivati che pagano nei primi mesi di vita un coupon di ampie proporzioni, permettendo quindi all’investitore di incassare una plusvalenza. Questo può essere fondamentale nel caso in cui l’investitore abbia delle minusvalenze in scadenza. Potranno incassare l’intera cedola senza pagare tassazione, almeno sino all’ammontare della minusvalenza in scadenza. Di fatto anche in questo caso non possiamo parlare di certificati con esenzione fiscale, ma senz’altro di prodotti fiscalmente efficienti.

Nel caso di dubbi relativi alla parte fiscale dei certificates è tuttavia consigliabile rivolgersi ad un commercialista.

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La Fiscalità nei Certificates https://www.investire-certificati.it/la-fiscalita-nei-certificates/ Mon, 03 Aug 2020 12:45:00 +0000 https://www.investire-certificati.it/?p=1801 Come funziona la fiscalità nei certificates? I certificati di investimento sono definiti fiscalmente efficienti. Ma quando è effettivamente possibile la compensazione con precedenti minusvalenze? Ecco i dettagli della tassazione nei certificates e quando per l’investitore i profitti o le cedole sono considerate dal fisco come reddito diverso. La tassazione nei certificates I redditi derivanti da certificati di […]

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Come funziona la fiscalità nei certificates? I certificati di investimento sono definiti fiscalmente efficienti. Ma quando è effettivamente possibile la compensazione con precedenti minusvalenze? Ecco i dettagli della tassazione nei certificates e quando per l’investitore i profitti o le cedole sono considerate dal fisco come reddito diverso.

La tassazione nei certificates

I redditi derivanti da certificati di investimento sono soggetti ad una tassazione pari al 26%. Questo valore vale sia per i profitti derivanti da vendita (o rimborso) del certificato ad un prezzo superiore rispetto a quello di acquisto che per le cedole eventualmente staccate dal prodotto finanziario durante la sua vita.

Vediamo un esempio per meglio capire l’aspetto fiscale dei certificati di investimento. Per ipotesi, poniamo che un investitore acquisti un certificato a 700 euro e lo rivenda a 900. Il profitto sarà pari a 200 euro e la tassazione su questa operazione di trading (o investimento) sarebbe pari a 52 euro, appunto il 26% di tale ammontare.

Va ricordato che sono da sottrarre a questo calcolo relativo alla tassazione nei certificates eventuali commissioni applicate dal broker o dalla banca per l’acquisto e la vendita del prodotto finanziario. La tassazione si calcola dunque sul profitto netto e non su quello lordo. Non si detrae invece l’eventuale Tobin tax, che comunque sui certificates ha un impatto particolarmente modesto.

Come funziona la fiscalità nei certificates? Quando è ammessa la compensazione delle minusvalenze?

La fiscalità dei certificati di investimento

I certificati di investimento, anche detti certificates, sono spesso definiti come fiscalmente vantaggiosi. Questo perché il loro rendimento aleatorio e non garantito, appartiene alla famiglia dei redditi diversi. Fanno eccezione soltanto i certificates a capitale protetto con cedole incondizionate, in quanto manca l’aleatorietà del rendimento.

Per l’investitore sorge dunque la possibilità di poter compensare precedenti minusvalenze in una duplice maniera. In primis con eventuali profitti derivanti dalla vendita di certificates ad un prezzo superiore al loro acquisto. Di fatto quello che viene denominato “capital gain”. Lo stesso discorso vale nel caso di un rimborso a scadenza ad un prezzo superiore rispetto a quello di acquisto del certificato. In secondo luogo, anche tramite lo stacco di cedole condizionate ad una barriera. Questo vale anche per le cedole incondizionate, a patto che non vi sia la garanzia di protezione del capitale, in caso contrario il prodotto sarebbe di fatto un’obbligazione (bond).

La compensazione delle minusvalenze nei certificates

Come funziona la fiscalità sui certificates con la compensazione delle minusvalenze? Per ipotesi, se vi fosse una precedente minusvalenza pari a 1.000 euro, questa potrebbe essere utilizzata per compensare eventuali profitti.

Vediamo un esempio su certificates e tassazione per meglio comprendere la loro fiscalità. Un investitore compra 10 certificati di investimento a 950 euro, per un totale di 9.500 euro (incluse le commissioni). Dopo un mese, questo certificato paga l’1% di cedole, ossia 10×10 = 100 euro. Questo ammontare non sarà tassato, in quanto vi era una precedente minusvalenza pari a 1.000 euro, che scenderà a 900 euro.

Ipotizziamo che il certificato paghi un altro punto percentuale di cedola condizionata per i 7 mesi seguenti. Il possessore del certificato incasserà altri 700 euro. Anche in questo caso non dovrà pagare tasse grazie alla precedente minusvalenza. Contestualmente la minusvalenza scenderà a 200 euro (grazie ad un totale di 8 cedole per complessivi 800 euro). Ecco dunque l’efficiente fiscalità dei certificates.

Tassazione al rimborso del certificato

Proseguiamo nel nostro esempio in merito alla fiscalità dei certificates. Ipotizziamo che al mese numero 9 il certificato sia richiamato ad un prezzo di 1.000 euro. L’investitore deve pagare tasse su questo profitto?

La tassazione in Italia nei certificates è al 26%, così come nel trading online

Esaminiamo il tutto. Il certificato era stato acquistato a 950 euro, quindi vi è un profitto (capital gain) di 50 euro x 10 certificates, ossia di 500 euro. Come detto vi era una precedente minusvalenza pari a 200 euro. L’investitore ottiene un profitto pari a 500 euro. Dovrà pertanto pagare una tassa sul capital gain residuo di 300 euro, ossia 78 euro.

La vantaggiosa fiscalità dei certificates ha evitato la tassazione sui precedenti 800 euro di cedole, a differenza di quanto sarebbe avvenuto con una cedola obbligazionaria o con il dividendo di un’azione.

Altri aspetti fiscali dei certificati

Va però segnalato che alcuni intermediari al momento stiano applicando la compensazione delle minusvalenze in maniera differente. Con alcune banche, infatti, la compensazione delle minusvalenze con i certificati non avviene immediatamente, ma soltanto alla scadenza del certificato o quando questo viene liquidato dall’investitore ed è
possibile calcolare prezzo di carico e di vendita (o di chiusura).

Ogni volta in cui il certificato paga una cedola con questa modalità la banca rettifica il prezzo di carico, rimandando alla scadenza calcoli definitivi. Questo potrebbe rendere più complesso il recupero delle minusvalenze. E’ pertanto necessario verificare con attenzione anche la scelta dell’intermediario scelto per gli investimenti con i certificati.

Conclusioni sulla fiscalità nei certificates

I profitti derivanti dagli investimenti con certificates sono soggetti ad una tassazione pari al 26%. Va però sottolineato come la fiscalità nei certificates sia efficiente. Sia le cedole che profitti per plusvalenze da vendita dei prodotti sono considerati “reddito diverso”.

E’ possibile la compensazione delle minusvalenze. Questo a patto che non si tratti di cedole incondizionate in un certificato a capitale protetto. Anche le cedole incondizionate rientrano dunque in tale categoria a patto che vi sia aleatorietà sul rimborso del capitale. In questo caso l’investitore le può dunque compensare con precedenti minusvalenze.

Per chi ricorre al regime amministrato i calcoli in merito alla tassazione sono svolti in automatico dalla banca. Per l’investitore che sceglie il regime dichiarativo il consiglio è quello di ricorrere ad un commercialista al fine di evitare inconvenienti in merito alla tassazione ed all’aspetto fiscale dei certificates.

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Come si Recuperano le Minusvalenze? https://www.investire-certificati.it/come-si-recuperano-le-minusvalenze/ Sat, 06 Jun 2020 19:38:45 +0000 https://www.investire-certificati.it/?p=1314 Come si recuperano le minusvalenze? Hai generato una minusvalenza da investimenti azionari o da BTP? O ancora con il trading sul Forex o su altri prodotti finanziari e vuoi sapere quali sono le possibilità di compensazioni e soprattutto con quali strumenti è possibile compensare le minusvalenze e quando questo non è invece consentito? In questo […]

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Come si recuperano le minusvalenze? Hai generato una minusvalenza da investimenti azionari o da BTP? O ancora con il trading sul Forex o su altri prodotti finanziari e vuoi sapere quali sono le possibilità di compensazioni e soprattutto con quali strumenti è possibile compensare le minusvalenze e quando questo non è invece consentito? In questo articolo tratteremo proprio queste tematiche

Cosa sono minusvalenze e plusvalenze?

Nel trading o negli investimenti si genera una minusvalenza quando si vende uno strumento finanziario ad un prezzo inferiore rispetto a quello di acquisto, con una perdita equivalente alla differenza fra il prezzo di acquisto e a quello di vendita, cui sono da sommarsi eventuali commissioni. Lo scenario opposto rispetto alla minusvalenza è quello della plusvalenza, che si genera quando si vende uno strumento finanziario o un bene a un prezzo superiore a quello cui lo si è comprato.

Nel calcolo di eventuali perdite o profitti (minusvalenze o plusvalenze) devono essere considerate anche eventuali commissioni pagate all’intermediario.

La scadenza delle minusvalenze

Le minusvalenze hanno una scadenza pari a quattro anni. È infatti possibile recuperare, ossia compensarle, durante l’anno in cui sono state ottenute oppure entro i quattro anni successivi. Per esempio, una minusvalenza registrata nel 2021 (indipendentemente dal mese) potrà essere recuperata entro il 31 dicembre 2025 (ossia entro i 4 anni successivi, 2022, 2023, 2024 e 2025 appunto).  Ogni eventuale profitto ottenuto dal 1° gennaio 2026 in poi non potrà essere utilizzato per compensare questa minusvalenza e sarà pertanto tassato.

certificati di investimento
Come si recuperano le minusvalenze derivanti da investimenti?

Come si recupera una minusvalenza?

Quando si parla di recuperare una minusvalenza solitamente si intende il raggiungimento di un profitto, possibilmente di un importo simile a quello della precedente perdita, in modo che questo risulti detassato. L’obiettivo è pertanto quello di recuperare il credito di imposta che si era generato con la minusvalenza ottenuta. Il successivo profitto risulterà detassato sino al valore della precedente perdita, mentre nel caso in cui si verificasse un profitto superiore alla precedente perdita, soltanto l’eccedenza della plusvalenza rispetto alla precedente minusvalenza verrà tassata.

Come funziona la compensazione di una minusvalenza

Per ipotesi, nel febbraio 2020 ho acquistato 10.000 azioni Intesa a 2 euro per un totale di 20.000 euro. Nel 2021 le ho rivendute in perdita a 1,50 euro per azione, generando quindi una minusvalenza pari a 0,50 euro per azione, per un totale di 5.000 euro. Sempre a titolo esemplificativo poniamo che in tali valori siano incluse le commissioni, che sono da considerare nel calcolo delle minusvalenze.

Se in una qualsiasi data compresa fra il 2021 e il 31 dicembre 2025 dovessi ottenere un profitto derivante da obbligazioni (solo capital gain, non cedola), da azioni (anche in questo caso soltanto da capital gain e non da dividendi), un profitto su ETF o fondi di investimento (ancora escludendo dividendi), potrei utilizzarla per compensare la precedente minusvalenza. Lo scenario cambia leggermente ed in meglio per i certificati di investimento, anche definiti investment certificates, dove anche le cedole sono compensabili oltre ad ogni capital gain ottenuto rivendendo il prodotto ad un prezzo superiore a quello dell’acquisto, a patto che non si tratti di cedole incondizionate.

Se ottenessi un profitto pari a 3.000 euro sarebbe interamente detassato, in quanto inferiore al credito di imposta, pari a 5.000 euro. Se ottenessi invece un profitto pari a 7.000 euro, i primi 5.000 euro sarebbero detassati, mentre sui restanti 2.000 euro sarebbe applicata la consueta imposta del 26%, in quanto l’ammontare del profitto sarebbe eccedente rispetto al credito di imposta.

Quali strumenti permettono di recuperare le minusvalenze?

Abbiamo menzionato gli strumenti che permettono il recupero delle minusvalenze pocanzi, presentiamo di seguito una tabella a tal proposito. La regola di fondo è che i capital gain derivanti da una vendita ad un prezzo più elevato dello strumento permettano la compensazione, mentre questo non avviene con i dividendi e le cedole obbligazionarie.

Il discorso è invece diverso per i certificati di investimento, spesso definiti fiscalmente efficienti, perché’ permettono di recuperare le minusvalenze anche sulle cedole, a patto che queste non siano garantite (o incondizionate) ma siano legate all’andamento del sottostante cui il certificato fa riferimento. Per un approfondimento sulla tassazione dei certificati di investimento si rimanda a questo articolo. Sempre in merito ai certificates va segnalata la presenza di prodotti “maxi cedola” o con un welcome coupon, volti appunto a favorire la posticipazione ed auspicabilmente il rientro da situazioni di minusvalenza.

Tabella riassuntiva per il recupero delle minusvalenze

Tecnicamente il recupero della minusvalenza è consentito quando si parla di “reddito diverso”, mentre non è invece contemplato per i cosiddetti redditi da capitale. Di seguito una tabella che presenta gli strumenti che consentono il recupero delle minusvalenze, generando reddito diverso e quelli che producono reddito da capitale, non compensabile con precedenti minusvalenze.

Strumento finanziario Tipologia di reddito Consente il recupero delle minusvalenze
Capital gain obbligazioni Reddito diverso SI
Cedola obbligazioni Reddito di capitale No
Capital gain azioni Reddito diverso SI
Dividendo azioni Reddito di capitale NO
Capital gain ETF e dividendi ETF Reddito di capitale NO
Capital gain Fondi di investimento e dividendi di fondi di investimento Reddito di capitale NO
Capital gain ETC Reddito diverso SI
Certificati di investimento Reddito diverso SI
Derivati Reddito diverso SI

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Tobin Tax – Su Quali Azioni Non si Paga? https://www.investire-certificati.it/tobin-tax-su-quali-azioni-non-si-paga-nel-2020/ Sun, 29 Dec 2019 16:46:48 +0000 https://www.investire-certificati.it/?p=838 Su quali azioni non si paga la Tobin Tax? Azioni esenti dalla Tobin Tax per il 2020 Fra le azioni esentate dalla Tobin Tax per il 2020, per via della loro sede estera, troviamo: BB Biotech FCA (Fiat) Ferrari Exor Cnh industrial STMicroelectronics Tenaris Azioni esenti dalla Tobin Tax per capitalizzazione inferiore ai 500 milioni […]

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La Tobin Tax non si applica a tutti i titoli azionari. Qui presentiamo i titoli esenti dalla Tobin Tax nel 2020. La Tobin Tax è un’imposta introdotta nel 2012 che coinvolge le azioni delle società quotate su Borsa Italiana. Non tutte, solo quelle con capitalizzazione superiore ai 500 milioni ed i prodotti finanziari derivati che fanno ad esse riferimento, come opzioni, certificati di investimento e futures.

Operativamente, la Tobin Tax viene applicata nella misura dello 0,10% sul trading azionario multiday. Non si paga dunque sulle operazioni aperte e chiuse nella medesima giornata.

Derivati tassati

La Tobin tax (il cui nome corretto è “Italian financial transaction tax”) si paga anche sui derivati che fanno riferimento all’indice FTSE Mib, con un import variabile in base al valore nozionale dell’operazione di trading.

In merito alla Tobin Tax, anche per il 2020 gli investitori possono rallegrarsi dell’esenzione che coinvolge le società che hanno sede estera. Fra queste cui spiccano anche alcuni grandi nomi, come la “galassia Fiat”; le azioni di FCA, Cnh Industrial, Ferrari ed Exor, tutte esenti dalla Tobin Tax. Ma poi anche titoli come Tenaris o STMicoeletronics, che hanno sede rispettivamente in Lussemburgo e Svizzera.

Su quali azioni non si paga la Tobin Tax?

La lista delle azioni su cui si paga la Tobin Tax (e quelle esenti dall’imposta) viene aggiornata con cadenza annuale, in base alla capitalizzazione delle aziende a fine novembre.

La crescita del valore delle azioni o la loro discesa fa sì che determinati titoli vengano aggiunti o rimossi da tale lista.

La Juventus

Si pensi per esempio all’azione Juventus. Fino a pochi anni fa esente dalla Tobin Tax, per via della capitalizzazione inferiore ai 500 milioni, quando l’azione viaggiava fra i 30 ed i 50 centesimi. Oggigiorno vale oltre 1 euro, superando ampiamente il miliardo di capitalizzazione.

Discorso inverso per numerose azioni, fra cui alcune banche, ma anche Bio On (ancora sospesa dagli scambi) e anche per altre azioni, fra cui La Doria, giusto per citare un esempio di azione che in passato rientrava nella Tobin Tax ed oggi è esente.

Azioni esenti dalla Tobin Tax per il 2020

Fra le azioni esentate dalla Tobin Tax per il 2020, per via della loro sede estera, troviamo:

  • BB Biotech
  • FCA (Fiat)
  • Ferrari
  • Exor
  • Cnh industrial
  • STMicroelectronics
  • Tenaris
tobin tax 2020
Quali sono le azioni esenti dalla Tobin Tax nel 2020?

Azioni esenti dalla Tobin Tax per capitalizzazione inferiore ai 500 milioni

Ci sono delle eccezioni. Non si paga ala Tobin Tax nel 2020 sulle azioni della lista; il motivo è la capitalizzazione dei titoli che non raggiunge quota 500 milioni.

A

  • 4AIM SICAF
  • ABITARE IN
  • ACOTEL GROUP
  • ACSM-AGAM
  • AEDES
  • AEFFE
  • AEROPORTO GUGLIELMO MARCONI DI BOLOGNA
  • AGATOS
  • ALERION CLEANPOWER
  • ALFIO BARDOLLA
  • ALKEMY
  • AMBIENTHESIS
  • AMBROMOBILIARE
  • AMM
  • AQUAFIL
  • ARTERRA BIOSCIENCE
  • ASKOLL EVA
  • ASSITECA
  • ASTALDI
  • AUTOSTRADE MERIDIONALI
  • AVIO
  • AXELERO

B

  • B&C SPEAKERS
  • B.F
  • BANCA AGRICOLA POPOLARE DI RAGUSA
  • CARIGE
  • B. DI IMOLA
  • B. FINNAT
  • B. INTERMOBILIARE
  • B. MACERATA
  • B. POPOLARE CORTONA
  • B. POPOLARE DEL LAZIO
  • B. POPOLARE DI FONDI
  • B. POPOLARE DI FRUSINATE
  • B. POPOLARE DI PUGLIA E BASILICATA
  • B. POPOLARE LAJATICO
  • B. POPOLARE PUGLIESE
  • B. POPOLARE SANT’ANGELO
  • B. POPOLARE VALCONCA
  • B. PROFILO
  • B. SELLA
  • B. SISTEMA
  • BANCA VALSABBINA
  • B.CO DI DESIO E BRIANZA
  • B.CO DI SARDEGNA RSP
  • BASICNET
  • BASTOGI
  • BCA POPOLARE DI BARI
  • BE
  • BEGHELLI
  • BIALETTI INDUSTRIE
  • BIANCAMANO
  • BIESSE
  • BIO ON
  • BIODUE
  • BIOERA
  • BLUE FINANCIAL COMMUNICATION
  • BORGOSESIA
  • BRIOSCHI

C

  • CAIRO COMMUNICATION
  • CALEFFI
  • CALEIDO GROUP
  • CALTAGIRONE
  • CALTAGIRONE EDITORE
  • CAPITAL FOR PROGRESS SINGLE INVESTMENT
  • CARRARO
  • CASSIOPEA
  • CASTA DIVA GROUP
  • CDR ADVANCE CAPITAL
  • CELLULARLINE
  • CEMBRE
  • CENTRALE DEL LATTE D’ITALIA
  • CFT
  • CHL
  • CIRCLE
  • CIVIBANK
  • CLABO
  • CLASS EDITORI
  • CLEANBNB
  • COFIDE
  • COIMA RES
  • COMER INDUSTRIES
  • COMPAGNIA IMMOBILIARE AZIONARIA
  • CONAFI
  • CONFINVEST
  • COPERNICO
  • COSE BELLE D’ITALIA
  • COSTAMP GROUP
  • COVER 50
  • CR CENTO
  • CROWDFUNDME
  • CSP INTERNATIONAL
  • CULTI MILANO
  • CYBEROO

D

  • DBA GROUP
  • DEA CAPITAL
  • DIGITAL BROS, MAGICS, VALUE, 360
  • DIGITOUCH
  • DOMINION HOSTING HOLDING

E

  • ECOSUNTEK
  • EDILIZIACROBATICA
  • EDISON RSP
  • EEMS
  • ELES
  • ELETTRA INVESTIMENTI
  • ELICA
  • EMAK
  • ENERGICA MOTOR COMPANY
  • ENERGY LAB
  • ENERTRONICA SANTERNO
  • ENERVIT
  • EPRICE
  • EPS EQUITA PEP2
  • EQUITA GROUP
  • ESAUTOMOTION
  • ESPRINET
  • EUKEDOS
  • EUROTECH
  • EXPERT SYSTEM
  • EXPRIVIA

F

  • FARMAE
  • FERVI
  • FIDIA
  • FIERA MILANO
  • FINE FOODS & PHARMACEUTICALS
  • FINLOGIC
  • FINTEL ENERGIA GROUP
  • FIRST CAPITAL
  • FNM
  • FOPE
  • FOS
  • FRENDY ENERGY
  • FRIULCHEM
  • FULLSIX

G

  • GABELLI VALUE FOR ITALY
  • GABETTI PROPERTY SOLUTIONS
  • GAMBERO ROSSO
  • GAMENET
  • GAROFALO HEALTH CARE
  • GAS PLUS
  • GEDI GRUPPO EDITORIALE
  • GEFRAN
  • GEL
  • GEOX
  • GEQUITY
  • GIBUS
  • GIGLIO GROUP
  • GIORGIO FEDON
  • GO INTERNET
  • GPI
  • GRIFAL
  • GRUPPO GREEN POWER
  • GUALA CLOSURES

H

  • HEALTH ITALIA
  • H-FARM

I

  • I GRANDI VIAGGI
  • ICF GROUP
  • IDEAMI
  • IERVOLINO ENTERTAINMENT
  • IL SOLE 24 ORE
  • ILLA
  • ILPRA
  • IMMSI
  • IMVEST
  • INDEL B
  • INIZIATIVE BRESCIANE
  • INNOVATEC
  • INTEK GROUP
  • INTRED
  • IRCE
  • ISAGRO
  • IT WAY
  • ITALIA INDEPENDENT
  • ITALIAN EXHIBITION GROUP
  • ITALIAN WINE BRANDS

K

  • KI GROUP
  • KOLINPHARMA

L

  • LA CASSA DI RAVENNA
  • LA DORIA
  • LANDI RENZO
  • LAZIO
  • LEONE FILM GROUP
  • LIFE CARE CAPITAL
  • LONGINO&CARDENAL
  • LUCISANO MEDIA GROUP
  • LUVE
  • LVENTURE GROUP

M

  • MAILUP
  • MAPS
  • MARZOCCHI POMPE
  • MASI AGRICOLA
  • MASSIMO ZANETTI BEVERAGE
  • MATICA FINTEC
  • MITTEL
  • MOLMED
  • MONDO TV
  • MONNALISA
  • MONRIF

N

  • NEODECORTECH
  • NEOSPERIENCE
  • NET INSURANCE
  • NETWEEK
  • NEWLAT FOOD
  • NEWRON PHARMACEUTICALS
  • NOTORIOUS PICTURES
  • NOVA RE

O

  • OFFICINA STELLARE
  • OLIDATA
  • OPENJOBMETIS
  • ORSERO
  • OVS

P

  • PANARIAGROUP INDUSTRIE CERAMICHE
  • PATTERN
  • PHARMANUTRA
  • PIERREL
  • PININFARINA
  • PIOVAN
  • PIQUADRO
  • PITECO
  • PLC
  • POLIGRAFICA S FAUSTINO
  • POLIGRAFICI EDITORIALE
  • POLIGRAFICI PRINTING
  • PORTALE SARDEGNA
  • PORTOBELLO
  • POWERSOFT
  • “PRIMA INDUSTRIE”
  • PRISMI

R

  • RADICI
  • RATTI
  • RCS MEDIAGROUP
  • RELATECH
  • RENERGETICA
  • RENO DE MEDICI
  • RESTART
  • RETELIT
  • RISANAMENTO
  • ROMA
  • ROSETTI MARINO
  • ROSSS

S

  • SABAF
  • SAFILO GROUP
  • SALCEF GROUP
  • SCIUKER FRAMES
  • SERI INDUSTRIAL
  • SERVIZI ITALIA
  • SG COMPANY
  • SHEDIR PHARMA GROUP
  • SICIT GROUP
  • SIRIO
  • SIT
  • SITI – B&T
  • SOCIETA’ EDITORIALE IL FATTO
  • SOFTEC
  • SOGEFI
  • SOLUTIONS CAPITAL MANAGEMENT SIM
  • SOMEC
  • SOSTRAVEL.COM
  • SPACTIV
  • STEFANEL

T

  • TAS
  • TECHEDGE
  • TELESIA
  • TERNIENERGIA
  • TESMEC
  • THESPAC
  • TISCALI
  • TITANMET
  • TOSCANA AEROPORTI
  • TPS
  • TRAWELL CO
  • TREVI FIN INDUSTRIALE
  • TRIBOO
  • TXT E-SOLUTIONS
  • UCAPITAL24
  • UNIEURO

V

  • VALSOIA
  • VEI 1
  • VETRYA
  • VIANINI
  • VIMI FASTENERS
  • VISIBILIA EDITORE
  • WEBSOLUTE
  • WIIT
  • WM CAPITAL
  • ZUCCHI

La tassazione relativa ai prodotti finanziari, cioè la Tobin Tax, è invece decisamente soft sui certificati di investimento, raggiungendo i 12,5 centesimi di euro per un’operazione fino a 2,500 euro di controvalore, per poi salire a 0,25 euro fra 2.500 euro e 5.000 e a 0,50 euro per le operazioni fino a 10.000 euro.

Per ulteriori dettagli sulla Tobin Tax nei certificati di investimento è possibile visionare questo articolo.

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