Indipendenza della Fed: quali previsioni per i mercati?

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L’indipendenza della Federal Reserve è un tema chiave sia sui mercati obbligazionari che sul forex market, il mercato delle valute.

In attesa della decisione della Corte Suprema relativamente al caso di Lisa Cook, la pressione in arrivo dalla Casa Bianca potrebbe aumentare nei prossimi mesi, con l’avvicinarsi delle elezioni di Mid Term, ossia di metà mandato. 

Indipendenza della Fed e problemi economici americani

Ci sono anche ragioni strutturali che potrebbero spingere Donald Trump a muoversi in questa direzione, cercando di avere una Federal Reserve “compiacente”, uno scenario sin qui mai visto ed ovviamente assai discutibile.

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Contrariamente alle previsioni dei consulenti economici della Casa Bianca, il One Big Beautiful Bill Act appare destinato ad aumentare significativamente il rapporto tra debito pubblico e PIL nei prossimi anni” si legge in un report congiunto di Florence Pisani, Chief Economist e Philippe Dehoux, Head of Global Bonds di Candriam “Pertanto, il Tesoro potrebbe ovviamente ridurre la percentuale di emissioni a lungo termine e promuovere stable coin, una quota consistente delle quali è investita in titoli del Tesoro. Al contempo, l’allentamento dei vincoli di capitale già avviato da Michelle Bowman, ora responsabile della supervisione bancaria, faciliterebbe per le banche l’assorbimento dei Treasury. L’amministrazione Trump potrebbe essere tentata di spingersi anche oltre, introducendo il controllo della curva dei rendimenti così come successo negli anni ’40 nel secolo scorso”.

Vale la pena ricordare, però, che il contesto è completamente diverso. All’epoca, ossia al termine del Secondo conflitto mondiale, il debito statunitense era quasi interamente detenuto da investitori nazionali; oggi, invece, quasi il 30% dei titoli è detenuto da investitori esteri. E’ scontato, ma ovviamente un regime di “repressione finanziaria” potrebbe minare seriamente la loro fiducia.

Cosa capita se i mercati perdono fiducia nella Federal Reserve?

L’analisi dei due economisti sul tema apre a scenari abbastanza precisi: “Per i mercati globali, un’erosione della credibilità della Fed porterebbe probabilmente a una curva dei rendimenti USA più ripida di 50-100 punti base. In sintesi, i rendimenti a breve termine calerebbero, riflettendo aspettative più marcate di un taglio dei tassi di riferimento, mentre quelli a lungo termine aumenterebbero. Di fatto, rifletterebbero un premio di termine più elevato ed i crescenti dubbi sulla coerenza della politica monetaria. Peserebbero poi, i dubbi sulla capacità della banca centrale di tenere sotto controllo l’inflazione.

Tuttavia, se l’estremità a lungo termine della curva dovesse scivolare, il Tesoro potrebbe ridurre la percentuale di emissioni a lungo termine e l’amministrazione Trump potrebbe esercitare pressioni sulla Fed affinché concentri i suoi acquisti su questa parte della curva”.

Questi scenari aprirebbero spazio anche a nuovi innalzamenti dei prezzi, con incrementi dell’inflazione e delle aspettative di inflazione, creando un contesto favorevole per le obbligazioni indicizzate all’inflazione.

Quali previsioni per il dollaro?

Una scarsa indipendenza della Fed avrebbe ripercussioni anche sul mercato delle valute. L’analisi dei due economisti di Candriam non apre certamente le porte a previsioni ottimistiche sul dollaro.

“Se l’indipendenza della Fed dovesse essere messa in discussione, prevediamo che il dollaro risulterebbe l’asset più vulnerabile. Tra i fattori destinati ad esacerbare questa fragilità c’è la ricerca di copertura valutaria da parte degli investitori internazionali. Questo meccanismo potrebbe essere particolarmente efficace in Europa, dove l’esposizione in dollari di alcuni importanti fondi pensione rimane vicina ai massimi dell’ultimo decennio”.

Il tutto va anche collocato in uno scenario in cui i desideri di un dollaro debole da parte dell’amministrazione Trump non sono mai stati nascosti.  


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