Perché il prezzo del petrolio scende? Focus sulla lunga discesa del greggio: la quotazione di un barile di WTI, prezzo di riferimento del petrolio americano, nel 2022 era arrivata anche a toccare i 120 dollari al barile ed ancora nel 2024 navigava intorno agli 80 dollari al barile. Scenario simile sul Brent, il petrolio estratto nel Mare del Nord europeo, che solitamente vale qualche dollaro in più rispetto al petrolio americano, per la sua maggiore trasportabilità.
Grafico del petrolio WTI
Come si vede dal grafico, un barile di WTI vale ora circa 60 dollari al barile. Le quotazioni sono scese ai minimi da 4 anni, con una lenta ma progressiva discesa che ha dimezzato il valore del petrolio dai massimi del 2022.

Ma perché il prezzo del petrolio scende? Le ragioni dietro al calo del prezzo del petrolio sono molteplici, in ultimo senz’altro l’aumento della produzione deciso dall’OPEC+, il cartello dei paesi produttori di petrolio.
OPEC: produzione di petrolio in aumento
Sulla carta, l’OPEC sta progressivamente aumentando la produzione a fronte di una domanda in crescita, incurante dei rischi di sovrapproduzione (ossia di eccesso di offerta, a fronte di una domanda di petrolio stabile o che potrebbe addirittura scendere causa dazi e guerra commerciale). Sta di fatto che dopo gli aumenti di maggio e giugno decidi dall’OPEC, da luglio 2025 arriveranno sul mercato oltre 400.000 barili in più ogni giorno, circa l’1% in più.
In molti, però, pensano possano esserci altre ragioni non dichiarate, ma altrettanto importanti, dietro alla decisione dell’OPEC di aumentare la produzione di petrolio. Fra queste, l’intento di dare un segnale punitivo ai paesi meno rispettosi delle quote produttive di greggio (come Kazakistan e Iran, accusati di aver superato le quote di petrolio concordate).
La mossa dell’Arabia, leader indiscusso dell’OPEC, potrebbe anche essere mirata a soddisfare le richieste di Trump che chiede prezzi più bassi per il comparto degli idrocarburi. Uno scenario che potrebbe favorire l’economia USA e quella globale nel suo complesso, frenando anche i rischi di inflazione. Ma al tempo stesso, una decisione che rischierebbe anche di tagliare fuori dal mercato una fetta delle aziende produttrici americane, che hanno costi estrattivi ben superiori a quelli arabi.
Quali previsioni per il prezzo del petrolio?
L’oro nero è sceso nelle ultime settimane in area 60 dollari al barile, per quanto riguarda la quotazione WTI, benchmark del petrolio USA. Costa invece qualche dollaro in più un barile di Brent, il petrolio del Mare del Nord Europa. Le quotazioni sono sui minimi da 4 anni, dopo il rally del prezzo del petrolio nel post pandemia che aveva spinto le quotazioni a dei massimi in area 120 dollari al barile quando scoppiò la guerra fra Russia e Ucraina nel 2022.
La discesa del prezzo del petrolio rappresenta un elemento positivo per le banche centrali, allontanando i rischi di nuove fiammate dell’inflazione. Al tempo stesso, però, dietro alla discesa dei prezzi i mercati vedono anche i rischi di produzione e pesano i timori derivanti dalla guerra commerciale. I dazi di Trump, ancora tutti da definire, potrebbero infatti frenare l’economia globale rallentando la domanda di petrolio.
La discesa del prezzo del petrolio ha frenato le azioni di Eni, scese in queste settimane in area 13 dollari. Resta invece ben impostata l’azione Saipem, che si conferma sopra quota 2 euro.