Il Mese Borsistico

Cosa si intende con mese borsistico? Focus su premi di borsa e contratti di riporto. Nuova puntata di Storia della Borsa, la rubrica curata da Fabrizio Fiorani, che ha vissuto in prima persona il progressivo passaggio dalla borsa alle grida al trading online telematico.

Investire in borsa oggi

Future, option, ETF a leva, CFD, certificati turbo, covered warrant sono solo alcuni strumenti attualmente disponibili per operare long/short su azioni utilizzando la leva finanziaria. Ma vediamo quali erano gli strumenti per effettuare una simile operatività ai tempi della Borsa gridata, alcuni “effetti collaterali” che producevano. Proseguiamo poi con i passaggi verso la situazione attuale.

Il mese borsistico

Iniziamo col dire che la liquidazione dei contratti non era come avviene oggi a contanti ma a termine. Tutte le compravendite effettuate in un determinato “mese borsistico” venivano regolate mensilmente nel giorno di liquidazione fissato dal calendario di Borsa.

Borsa alle grida
Borsa alle grida – Fabrizio Fiorani

Il mese borsistico corrispondeva più o meno dalla metà di un mese alla metà del mese seguente. Pertanto, il mese borsistico si poneva a “cavallo” di due mesi solari e la liquidazione avveniva alla fine del mese solare in cui terminava il mese borsistico. Per esempio, nel 2023 la cosiddetta “liquidazione dei morti” sarebbe probabilmente iniziata lunedì 16 ottobre e terminata venerdì 17 novembre. Tutte le compravendite concluse in questo lasso di tempo avrebbero registrato la consegna ed il pagamento dei titoli giovedì 30 novembre.

Era fantastico! Se avessi acquistato un’azione all’inizio del mese borsistico avresti avuto fino a 45 giorni di tempo per “pagarla” e fino a 30 per rivenderla con il solo accredito o addebito sul conto corrente del differenziale di prezzo.

Il venditore era chiaramente soggetto alle stesse tempistiche. Ciò, contestualmente, aveva aspetti sia positivi che negativi. Fra questi ultimi chi aveva bisogno di liquidità doveva attendere come minimo 15 giorni prima di ricevere l’accredito. Chi effettuava “vendite di titoli allo scoperto” invece poteva ricoprirli nella stessa liquidazione senza altre incombenze.

Operazioni short e a leva nel mese borsistico

All’interno del mese borsistico risultava quindi agevole effettuare operazioni short e a leva anche perché spesso veniva richiesta solo una percentuale dell’intero importo delle compravendite. Queste ultime potevano inoltre essere prorogate utilizzando il “riporto di Borsa”. 

Con questo contratto il riportato trasferiva in proprietà al riportatore titoli ad un determinato prezzo, ed il riportatore assumeva l’obbligo di ritrasferire al riportato, alla scadenza del termine stabilito, la proprietà di altrettanti titoli della stessa specie, verso rimborso del prezzo, che poteva essere aumentato o diminuito nella misura convenuta.

Il riportato aveva quindi la possibilità di finanziarsi per protrarre posizioni rialziste. D’altro canto, il riportatore otteneva i titoli per procrastinare posizioni ribassiste. Normalmente il prezzo a pronti era inferiore al prezzo a temine ma poteva succedere che fosse superiore ed in questo caso si configurava come “deporto”.

Contratto di riporto

Il contratto di riporto è utilizzato ancora oggi in vari campi ma ai tempi era un appuntamento mensile fissato nel calendario di Borsa dopo quello della risposta premi. L’incontro tra domanda e offerta per ogni titolo trattato determinava un tasso percentuale che variava da livelli superiori a quello di mercato fino a zero nel caso di riporto “alla pari”. Il deporto era invece espresso in misura unitaria.  

L’analisi dei dati forniva indicazioni sulle posizioni rialziste/ribassiste presenti sulle azioni trattate. Tanto più alto era il tasso di riporto di Borsa di un titolo tanto maggiore si presumeva fosse la speculazione rialzista sullo stesso. Viceversa, se i tassi erano bassi, “alla pari”, o addirittura si fissava un deporto eravamo in presenza di una forte richiesta di titoli per prorogare posizioni ribassiste.

Anche allora esisteva l’anticipazione su titoli che era molto utilizzata in ambito bancario per finanziarsi. Tramite questo contratto il cliente metteva a pegno dei titoli (solitamente titoli di stato o azioni) e la banca concedeva un credito al cliente pari al valore dei titoli decurtato di uno scarto di garanzia.

Premi di borsa

Un altro strumento impiegato per effettuare operazioni a leva e short era quello dei premi. Si trattavano Dont (Call), Put, Stellage (Straddle), Strip (1 dont + 2 put) e Strap (2 dont + 1 put). 

La liquidazione a termine agevolava le “trasformazioni” dei premi. Non conveniva dare risposte “anticipate”. Chi avesse acquistato ad esempio un premio Fiat base 15.000 + dont ottobre 86, sull’onda dell’operazione “Lafico” che portò le quotazioni fino a 16.500, avrebbe potuto vendere le azioni trasformando il dont in put. Sulle “due gambe dell’operazione” (lungo dont, corto fisso) avrebbe potuto costruire ulteriori strategie o semplicemente sperare di realizzare un maggior profitto da una eventuale discesa delle quotazioni sotto la base del premio.

Liquidazione a termine, utilizzo spinto della leva, assenza di meccanismi di marginazione mark to market unitamente a forti oscillazioni dei corsi dei titoli a volte metteva in difficoltà qualche Agente di Cambio non sufficientemente capitalizzato. Solitamente i “nodi venivano al pettine” in prossimità del giorno di liquidazione. Spesso slittava di qualche seduta per consentire la sistemazione delle posizioni. Nei casi più gravi veniva dichiarata l’insolvenza dell’operatore e stabiliti tempi e modi della liquidazione coattiva dei titoli rimasti in portafoglio.

Liquidazione a contanti

Al fine di ridurre i rischi di insolvenza nel 1994 venne introdotta la liquidazione a contanti che forniva maggiori garanzie circa il buon fine delle operazioni. Inizialmente fu applicata su 52 titoli ed estesa gradualmente per permettere la progressiva sistemazione delle posizioni in essere. Nel febbraio del 1996 si svolse l’ultima liquidazione a termine. Anche la liquidazione a contanti inizialmente prevista a 5 giorni passò a 3 nel 2000 e successivamente a 2 per la maggior parte degli strumenti finanziari ad eccezione dei derivati negoziati a T+1.  Ricordo anche un periodo con azioni, BTP e CCT trattati a T+3 e BOT a T+2 che a volte generava qualche disguido negli arbitraggi a causa delle diverse valute.

Parallelamente al passaggio dalla liquidazione a termine a quella a contanti vennero introdotti alcuni strumenti in grado di supportare l’attività speculativa e di hedging. Nel 1992 il Mif (mercato italiano dei futures), nel 1994 l’Mto (mercato telematico delle opzioni) e l’Idem (mercato italiano dei derivati) e via via tanti altri.

Cassa di Compensazione e Garanzia

Nel 1992 venne anche costituita la Cassa di Compensazione e Garanzia allo scopo di garantire il buon fine dei contratti negoziati sui mercati derivati regolamentati. Da allora una maggiore patrimonializzazione e professionalità dei soggetti ammessi ad operare, la richiesta da parte della Cassa di Compensazione e Garanzia (CC&G) dei margini di garanzia e dei margini di variazione hanno ridotto sensibilmente il rischio insolvenza contribuendo a rendere più affidabile ed attrattivo il nostro mercato.

Approfondimenti

Storia della Borsa è una rubrica a cura di Fabrizio Fiorani. Ecco le precedenti puntate.