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Economia americana, politica industriale e transizione energetica ed ecologica: a che punto siamo? Sostenibilità ESG e sviluppi futuri. Il ruolo dell’economia americana e quello della Cina: entrambe devono ancora fare molto sotto il profilo della sostenibilità ambientale.

Politica Industriale e transizione energetica

Può arrivare una nuova spinta per un’economia maggiormente sostenibile dal punto di vista ambientale dalla politica industriale americana? L’economia Usa ha mostrato una notevole resilienza, superando le aspettative degli analisti. Nonostante la lunga serie di rialzi dei tassi, i dati sull’economia americana sono rimasti solidi sia per quanto riguarda il PIL, ossia il prodotto interno lordo, che per quanto riguarda il mercato del lavoro. Alla base della tenuta dell’economia americana troviamo in particolare la solidità dei consumi. Ma il deficit di bilancio è cresciuto notevolmente. Un elemento chiave, al momento, è l’attenzione verso politica di transizione energetica. Si registra un focus che sposta le catene produttive, verso sistemi più ecologici.

Parte da questi elementi l’analisi di UBP, realizzata da Norman Villamin, Group Chief Strategist. In un report l’analista spiega come dalla nuova politica industriale USA per la transizione ecologica energetica potrebbe arrivare una spinta per diversificare le catene di approvvigionamento economiche.

Non mancano le note di incertezze. Infatti, da un lato i redditi delle famiglie americane hanno contenuto la forte contrazione del mercato immobiliare e l’entrata in recessione del settore manifatturiero. Ma non va dimenticata come a fine giugno il deficit di bilancio del governo statunitense abbia raggiunto l’8,5% del PIL. Una nuova crescita rispetto al già alto 5,5% di dicembre 2022. Senza contare che a giugno 2022 tale dato era al 3,8%.

Deficit di bilancio americano

Quali le ragioni della crescita del deficit di bilancio? Nel report si legge che a guidare la crescita non è stato il tipico fervore americano per il taglio delle tasse, ma piuttosto il risultato delle prime fasi di una serie di leggi approvate tra il 2021 e il 2022: l’Infrastructure Investment and Jobs Act, il Chips and Science Act ed infine l’Inflation Reduction Act del 2022.

L’analista di UBP spiega come in maniera congiunta “i tre provvedimenti hanno posto le basi non solo per il sostegno fiscale all’economia ma anche per la prima politica industriale di ampio respiro dai tempi della Guerra Fredda”. Di fatto si tratta di una politica industriale che finalmente guarda alla transizione energetica. Si mira quindi a cambiare le basi industriali americane che hanno guidato il secolo scorso.

Transizione ecologica

 inflazione

Transizione energetica, ESG ed ecologia: come impattano sull’economia americana?  Secondo il report “Rendere più ecologica l’economia mondiale è una priorità globale almeno dall’accordo di Parigi del 2015. Ma di fatto è solo nel 2022, attraverso l’Inflation Reduction Act, che gli Stati Uniti hanno davvero intrapreso uno sforzo ambizioso per rinnovare la loro economia”.

Inoltre, è un elemento importante per i mercati finanziari che l’iniziativa governativa possa essere la prima di una lunga serie in tal direzione, favorendo quindi una progressiva transizione ecologica. Il tutto non soltanto su scala americana, ma a livello planetario e per molti anni.

Le aziende si dovranno quindi muovere nel tentativo di assicurarsi una parte delle catene del valore che costituiranno la base dell’economia mondiale nei decenni a venire. Il solo Inflation Reduction Act ha impegnato quasi 400 miliardi di dollari in finanziamenti verdi e crediti d’imposta. Attenzione, si tratta di una cifra parziale se consideriamo quanto capitale potrebbe muoversi nei prossimi anni. Infatti, analizzando i numeri del primo anno, possiamo ipotizzare che nel prossimo decennio potrebbero essere stanziati almeno 1.700 miliardi di dollari. Insomma, una cifra pari a circa il 6% dell’attuale PIL statunitense.

“Oltre a catalizzare il mercato statunitense per risvegliarlo dal torpore riguardo al cambiamento climatico, la legislazione è anche servita da “scintilla” competitiva per altre nazioni. Altri paesi si sono mossi per eguagliare il sostegno finanziario americano che sposta drasticamente il costo del capitale per attrarre e stimolare investimenti simili” Ha spiegato da Norman Villamin di UBP. “Pertanto, quello che sarebbe stato un catalizzatore per un ciclo di investimenti incentrato sugli Stati Uniti si è trasformato in un ciclo di natura globale”.

Transizione verso un’economia sostenibile per l’ambiente

Quali altri paesi stanno investendo a favore di politiche green, ossia di sostegno all’ambiente, per una transizione energetica sostenibile? Senz’altro Canada, Europa e Giappone.

Partendo dal Canada, è stato introdotto un programma che potrebbe arrivare al 4% del PIL in un decennio. In oriente, il Giappone è pronto a muovere fino al 3% del prodotto interno del paese verso politiche ambientali sostenibili. Anche l’Eurozona si è più volte mossa in questa direzione, complessivamente con 250 miliardi di piani per un’economia sostenibile per l’ambiente, cercando di eguagliare e superare la transizione energetica verde americana.

Politiche per l’ambiente e ragioni economiche

Non è tutto oro quello che luccica. Il report mette in evidenza che oltre a specifiche ragioni climatiche, la politica industriale americana miri anche a ridurre la quota di mercato dell’attuale catena di valore dell’energia pulita domiciliata in Cina e in Asia. E la Cina non starà senz’altro a guardare, rilanciando la sfida. Soltanto l’anno scorso la Cina ha raggiunto investimenti pari a 500 miliardi di dollari. “È probabile che la spesa resti costante e potenzialmente aumenti per mantenere il vantaggio cinese in termini di innovazione e di costi” ha spiegato l’analista nel report. “Questo soprattutto in considerazione dei sussidi che vengono erogati e dell’attenzione ai prodotti di origine nazionale”.

Un altro tema chiave è legato al dominio della Cina nelle terre rare. L’Occidente sta cercando alternative, soprattutto in termini di produzione mineraria. Ma la Cina mantiene una quota di mercato globale dominante nella lavorazione intermedia dei metalli delle terre rare.

Inoltre, si legge ancora nel report, la Cina sta simultaneamente utilizzando queste posizioni dominanti per garantirsi una maggiore presenza offshore, associandosi con i produttori di materie prime per aiutarli a risalire la catena del valore costruendo maggiori capacità di lavorazione utilizzando le competenze cinesi e, al contempo assicurandosi le materie prime.

Conclusioni

transizione energetica

La politica economica ed industriale americana si focalizza sulla transizione energetica e su una maggiore attenzione verso l’ambiente. Ma ciò non riguarda soltanto gli Stati Uniti, quanto un numero crescente di paesi. Al momento troviamo la Cina che investe per mantenere la sua leadership globale. Il tutto mentre la nuova politica industriale degli Stati Uniti spinge ulteriormente le nazioni occidentali a seguirne l’esempio (o a superarlo).

In sintesi, c’è un catalizzatore che trasforma le promesse della transizione energetica globale. Potrebbe concretizzarle in un’ampia serie di investimenti reali in tutto il mondo. Per gli investitori, conclude UBP conviene “concentrarsi sulle società che beneficeranno direttamente di tale spesa. Soprattutto nei punti nevralgici della catena del valore della transizione energetica globale”. Questo, infatti dovrebbe permettere di ottenere benefici anche sulla stabilità degli utili aziendali. Si creeranno opportunità nel momento in cui questo ciclo pluriennale di investimenti si svilupperà maggiormente in futuro.

Ecco, quindi, le considerazioni sul tema transizione energetica ed ecologica. Focus sull’ambiente e quelle che saranno le possibili conseguenze nei prossimi anni su scala globale.

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La transizione energetica è ora necessità anche nel breve termine. Ecco le implicazioni per il mercato azionario. Analisi e Focus sul tema di Marc Elliott, specialista sulle tematiche di transizione energetica presso UBP.

Transizione energetica

Finora la transizione energetica è stata guidata da motivazioni ambientali di lungo termine. Tuttavia, la recente crisi energetica ha dimostrato la nostra dipendenza dai combustibili fossili e le sofferenze economiche che gli improvvisi shock di approvvigionamento (ad esempio di gas russo) possono causare.

Di conseguenza, l’imperativo di passare alle energie rinnovabili è passato dall’essere un obiettivo a lungo termine a una necessità economica a breve termine. Questo è particolarmente importante per le regioni che sono a corto di risorse nazionali di combustibili fossili. Fra queste troviamo l’UE, il Giappone, la Corea del Sud e, in parte, la Cina. 

Energie rinnovabili

La transizione energetica coinvolge anche le energie rinnovabili. Infatti, il costo dei combustibili fossili ha inoltre reso più interessante il passaggio alle energie rinnovabili. Secondo alcune stime la nuova energia eolica e solare su terraferma costa circa il 40% in meno rispetto al carbone o al gas. Le energie rinnovabili hanno anche costi variabili trascurabili. Un chiaro vantaggio in un contesto inflazionistico.

Il nuovo eolico onshore costa circa 46 dollari/MWh e il solare su larga scala 45 dollari/MWh, rispetto ai 74 dollari/MWh del nuovo carbone e agli 81 dollari/MWh del nuovo gas.Inoltre, le economie sviluppate hanno bisogno di rivedere i loro sistemi energetici perché le infrastrutture stanno raggiungendo la fine del loro ciclo di vita. Ad esempio, le reti statunitensi hanno spesso 40-50 anni, mentre la Francia sta cercando di trovare il modo di prolungare l’utilizzabilità delle sue centrali nucleari.

Inoltre, la Germania sta riportando in funzione vecchi impianti a carbone inefficienti per garantire la sicurezza energetica. Di conseguenza, la politica si sta muovendo per sostenere gli investimenti nelle infrastrutture energetiche. La recente legge statunitense sulla riduzione dell’inflazione, ad esempio, ha stanziato 369 miliardi di dollari per affrontare il cambiamento climatico e lanciare programmi legati all’energia ed alla transizione energetica.

Transizione energetica: una grande sfida da 100 trilioni di dollari

Il raggiungimento degli obiettivi di emissioni nette a zero richiederà grandi investimenti e una volontà politica concertata. Bloomberg stima tali investimenti fra i 92 ed i 173 trilioni di dollari nei prossimi tre decenni. Di questi fra 33 e 57 trilioni di dollari dovrebbero essere investiti in impianti di generazione di energia e batterie.

Investimenti ESG
Gli Investimenti per l’ambiente

L’energia solare, l’energia eolica e le soluzioni di accumulo di energia come le batterie sono tra le principali tecnologie di decarbonizzazione. Sono ora economicamente interessanti e spesso più economiche dei combustibili termici convenzionali.

Tuttavia, il solare e l’eolico rappresentano ancora oggi meno del 4% del consumo finale di energia a livello globale. Si calcola che ogni anno, fino al 2030, saranno necessarie in media 3,2 volte più installazioni solari. Ma anche 5,2 volte più installazioni eoliche rispetto alle installazioni del 2020. Ciò significa che gli investimenti dovranno accelerare da circa 300 miliardi di dollari a 760 – 1.800 miliardi di dollari all’anno.

Settore energetico ed implicazioni per il mercato azionario

La recente crisi energetica sottolinea l’importanza dell’energia per le economie globali. Quando manca, la crescita non è possibile. Nell’attuale contesto vediamo come la crescita sia influenzata dalla carenza di energia (in particolare in Europa). Questo a sua volta porta a un aumento dei costi.

Le transizioni energetiche sono dirompenti e di conseguenza hanno un forte impatto sulle economie e sugli investimenti. Inoltre, non sono lineari. In questo contesto, alcuni titoli azionari sono ben posizionati, mentre altri sono destinati a soffrire. Le società che offrono soluzioni proattive alle sfide sottostanti (ad esempio, gli operatori delle energie rinnovabili e le tecnologie pulite) offrono un potenziale promettente di valore in quanto hanno percorsi di crescita solidi davanti a sé. Per contro, chi si subisce l’impatto dei prezzi dell’energia senza avere piani di emergenza è destinato a soffrire.

Decarbonizzazione

Sostenibilità ed investimenti ESG

Transizione energetica e decarbonizzazione sono fortemente correlate. Anche la disponibilità di capitale sarà influenzata dai programmi di decarbonizzazione. I green bond stanno diventando un’importante fonte di finanziamento che beneficia di una forte domanda.Come sottolineato in precedenza, i governi stanno fornendo sempre più incentivi agli investimenti.

Al contrario, per le industrie inquinanti è sempre più difficile raccogliere capitali. Questo vale sia sui mercati azionari sia su quello del debito. Ciò favorirà ulteriormente le aziende più attente a tematiche ESG e di transizione energetica.

Gli inquinatori dovranno inoltre far fronte a costi crescenti. Infatti, le politiche governative si muoveranno sempre più verso la penalizzazione. Ad esempio, imposte a pioggia sulle industrie inquinanti che realizzano profitti eccezionali, come quelle del petrolio e del gas, ma anche l’inasprimento delle normative ambientali. Ciò eserciterà così una pressione sul valore delle aziende che non stanno effettuando la transizione energetica.

Analisi e previsioni sulla transizione energetica a cura di UBP.

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Certificates sul settore energetico

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Il presente articolo non costituisce in alcun modo sollecito di investimento.

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