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Non parliamo di “trading in barca”, ma di espressioni utilizzate nel gergo dagli operatori. Espressioni come “sono in barca”, “mi sono imbarcato”, “ho preso un transatlantico”, “sto remando” o semplicemente mimare con le braccia il gesto di remare in Borsa hanno sempre sottinteso di aver commesso un errore, talvolta anche di ampie proporzioni. Ma torniamo – con Fabrizio Fiorani – alla borsa gridata, cioè a quella che ci piace chiamare come Storia della Borsa.

Le espressioni della borsa: “andare in barca”

Ai tempi della “Borsa gridata” la catena di trasmissione dell’ordine era lunga ed avveniva perlopiù tramite comunicazioni telefoniche quindi qualche incidente di percorso era sempre possibile. Al Banco di Sicilia, dove ho iniziato a lavorare nel lontano 1983, l’iter era solitamente il seguente: l’ordine del cliente veniva raccolto dall’Agenzia che lo comunicava al borsino della Filiale che a sua volta lo trasmetteva telefonicamente a noi operatori di borsa. A questo punto compilavamo un foglietto che veniva consegnato all’agente di cambio per la negoziazione.

L’eseguito procedeva con un percorso esattamente inverso. Una decina di passaggi, dunque, con un iter che, oltre ad allungare i tempi fra il conferimento dell’ordine e la ricezione dell’esito da parte del cliente, presentava rischi dovuti a malintesi.

In Borsa oltretutto era sempre presente un rumore di sottofondo che rendeva difficili le comunicazioni. A tal proposito racconto un aneddoto che rende l’idea della situazione. Una volta telefonai a mia moglie in ufficio e mi rispose una sua collega. Alla mia richiesta di poter parlare con Loredana sentii dire: “un attimo prego, Lory, c’è una persona che chiede di te, fai presto perché credo stia telefonando dalla Stazione Centrale”.

Trader nella borsa alle grida: come ridurre gli errori?

Foto ordine Banco di Sicilia in duplice copia con parte superiore da consegnare all’agente di Cambio

Onde cercare di limitare gli errori noi operatori eravamo soliti porre in essere una serie di accorgimenti.

Per ridurre il disturbo di sottofondo nelle telefonate in Borsa usavamo impugnare la cornetta dello storico Siemens S62 «bigrigio» dal trasmettitore. Quando parlavi sollevavi leggermente le dita mentre quando ascoltavi le serravi onde evitare che il rumore risalisse dal trasmettitore, tramite la cornetta, al ricevitore.

Avevamo inoltre differenziato il colore dei foglietti degli ordini: verdi per le compere, rossi per le vendite. Anche il loro posizionamento era fisso: a sinistra la mazzetta degli acquisti, a destra quella delle vendite. Il tutto al fine di facilitare un riflesso condizionato. Quando sentivi: Comperare (vendere) le sinapsi ti portavano automaticamente a prendere il foglietto verde sulla sinistra (rosso sulla destra).

I prezzi lordi sull’ordine venivano scritti in nero mentre quelli al netto delle commissioni con agente di cambio e cliente in rosso. Un aneddoto. Per avere sempre a portata di mano le due penne e velocizzare il “cambio di colore”, nello scrivere i suddetti importi usavamo congiungere con il nastro adesivo una penna bic nera ad una rossa. C’era chi le univa nello stesso senso e chi capovolte. In quest’ultimo caso però, visto che si lavorava “gomito a gomito”, spesso si correva il rischio di macchiare la giacca del vicino collega. 

Commissioni di trading

Una volta concordata la percentuale di commissione con l’agente di cambio (ad esempio lo 0,5%), si condivideva una tabellina che riportava un importo fisso per “forchetta di prezzo” (esempio: da 980 a 1020, importo 5). La commissione da applicare al cliente invece ci veniva comunicata direttamente dalla Filiale credo sulla base dello stesso metodo ma chiaramente con percentuali nettamente superiori (dall’1% in su). All’esecuzione dell’ordine si provvedeva ad aggiungere (sugli acquisti) ed a sottrarre (sulle vendite) detti importi al prezzo lordo. Il tutto era calcolato “a mente” quindi qualche errore veniale poteva capitare. 

Borsa alle grida
Borsa alle grida – Fabrizio Fiorani – foto del banchetto di borsa dove si può vedere un esempio di come si impugnava la cornetta e, zoomando anche la doppia penna

Altra avvedutezza era quella di ripetere l’ordine facendo la massima attenzione ad ogni particolare. Si scandiva sempre il 6 ed il 7. Ad esempio nel ripetere 167 si comunicava: Centosessantasette, Sei, Sette, per non confonderlo con 177 che ribadivamo con Cento settantasette, Sette, Sette o tette tette come diceva qualche buontempone.

Quando si riceveva un ordine in acquisto limitato tipo a 999 (o in vendita a 1001) chiedevamo conferma del segno dell’operazione spiegando che solitamente il limite di 999 era tipico di un ordine in vendita (1001 di uno in acquisto). Nonostante queste ed altre accortezze era sempre possibile “imbarcarsi” e passare momenti non piacevoli.

Errori in borsa e nel trading

Rammento ancora la mia prima “ansia” legata ad un disguido accadutomi nei primissimi giorni di lavoro. Ricevo una telefonata dalla Filiale di Roma che mi trasmette un grosso ordine con tanto di codice cliente e commissione. Una volta ottenuto l’eseguito dall’agente di cambio lo comunico al borsino di Roma ma, con mia sorpresa, l’operatore mi dice di non essere a conoscenza di quell’ordine. Informo il mio capo e provvediamo a chiamare invano tutte le Filiali. Non sapendo più cosa fare, fortunatamente, ci giunge voce che la Filiale di Roma della BNL stava cercando a chi avesse trasmesso quell’ordine. Comprendiamo l’arcano e tutto si risolse positivamente.

Ricordo tante altre situazioni che non hanno avuto lo stesso esito favorevole. Anzi, nella maggior parte dei casi, la chiusura di una “barca” ha comportato una perdita più o meno ingente. Una raccomandazione era comunque quella di sistemare le posizioni, nei limiti del possibile, rapidamente, onde evitare che le condizioni di mercato peggiorassero ulteriormente la situazione.

Nella foto: il trading di una volta. Blocchetti ordini utilizzati dagli Agenti di Cambio per annotare a matita le negoziazioni effettuate. Un esempio di compravendita di 1.000 Fiat acquistate da Fumagalli e vendute da Belloni al prezzo di 5.000 Lire.

Il fattore tempo nel trading

La tempistica ha sempre giocato un ruolo essenziale. Per questo si richiedeva agli operatori delle Filiali di inviare, appena possibile, un telex con tutte le operazioni effettuate. Il back office le spuntava con la nostra “prima nota” e ci evidenziava le differenze. Sulla base di queste indicazioni si appurava se si trattasse di un semplice errore di battitura o effettivo. In quest’ultimo caso si provvedeva a sistemare il tutto tramite l’utilizzo del “conto errori”.

In casi particolari seguiva un’analisi delle motivazioni che avevano portato all’evento e si provvedeva ad implementare procedure atte ad evitare il ripetersi dell’errore in futuro. Nonostante tutti gli accorgimenti posti in essere però, eliminare la possibilità d’imbarcarsi è stata sempre un’utopia.

Sala Trading - borsa alle grida

Nella foto: trader in azione. Ufficio con abituale impugnatura telefono, nessun PC ma solo calcolatrici a rulli o di carta e tabulati

Nella buona e nella cattiva sorte

Il destino è beffardo ed a volte si diverte nel far seguire anche una minima negligenza da una serie di coincidenze negative che permettono di bypassare tutti i controlli e portate allo svarione. Anche nel caso precedentemente citato è incredibile come un contatto telefonico (o la composizione di un numero sbagliato) abbia fatto giungere la telefonata ad un altro operatore di Borsa (se avesse risposto una pizzeria non sarebbe successo nulla), che era solito ricevere chiamate dal borsino di Roma, che utilizzava codici clienti simili ai nostri e che ha messo in contatto due operatori inesperti (se avesse risposto il mio capo, sentendo una voce nuova, gli sarebbe sicuramente sorto un dubbio).

Con l’implementazione di procedure automatiche di trasmissione degli ordini di borsa, il passaggio alla borsa telematica e la diffusione dell’internet banking quel mondo è praticamente scomparso. Ora tutto avviene con la massima rapidità e precisione, la maggior parte dei clienti agisce in autonomia anche nella gestione dei suoi errori e le espressioni: “sono in barca”, “mi sono imbarcato”, “sto remando” ecc. stanno andando in disuso.
E se capita di aver notizia di errori, solitamente sono commessi da grandi operatori ed appartengono alla categoria denominata “Fat finger”.

Storia della Borsa

Una viaggio alla scoperta della “Storia della Borsa”. Una rubrica curata da Fabrizio Fiorani. Qui di seguito i link per accedere alle precedenti puntate in questo avvincente viaggio fra trading e finanza!

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Mediobanca, Storie di Borsa! https://www.investire-certificati.it/mediobanca-storie-di-borsa/ Sat, 18 May 2024 08:20:00 +0000 https://www.investire-certificati.it/?p=33390 Storie, aneddoti di Borsa d’altri tempi, ripartendo da Mediobanca e dal Banco di Sicilia. Con Fabrizio Fiorani ripercorriamo gli anni Ottanta in Borsa Italiana e il ruolo di Mediobanca in questo scenario. Mediobanca: un ruolo chiave su Borsa Italiana Quando nel 1983 iniziai a lavorare in Borsa Mediobanca era la protagonista indiscussa della finanza italiana. […]

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Storie, aneddoti di Borsa d’altri tempi, ripartendo da Mediobanca e dal Banco di Sicilia. Con Fabrizio Fiorani ripercorriamo gli anni Ottanta in Borsa Italiana e il ruolo di Mediobanca in questo scenario.

Mediobanca: un ruolo chiave su Borsa Italiana

Quando nel 1983 iniziai a lavorare in Borsa Mediobanca era la protagonista indiscussa della finanza italiana. Dalla sua nascita nel 1946 la banca d’affari guidata da Enrico Cuccia era stata al centro di tutte le vicende che avevano interessato il grande capitalismo del Belpaese. Anche come conseguenza di questo impegno, agli inizi degli anni 80, deteneva azioni di tutte le più grandi società come FIAT, Pirelli, Generali, Fondiaria, Italcementi, Olivetti, Mondadori, Caffaro, Montedison, Snia-Bpd, Burgo e Gemina solo per citare le più importanti. Tanto è vero che all’epoca sì era soliti dire che acquistare il titolo equivaleva ad investire sulla Borsa italiana. Dato che non esistevano strumenti che permettevano di replicare l’intero mercato (come gli odierni ETF per intenderci), questa caratteristica era apprezzata dagli investitori.

Aumenti di capitale e collocamenti azionari

La maggior parte delle società italiane, quando avevano problemi di natura finanziaria si rivolgeva a Mediobanca che si adoperava per trovare una soluzione che spesso sfociava in aumenti di capitale (con emissione di azioni, obbligazioni convertibili, warrant) o collocamenti obbligazionari. Alcuni “maligni” asserivano che la banca d’affari, per non perdere il cliente, era solita somministrare la cura necessaria a salvare il paziente da morte certa ma non in grado di guarirlo completamente.

Banco di Sicilia

Ai tempi lavoravo al Banco di Sicilia che era un’importante banca a livello nazionale con un grande passato alle spalle: uno dei più antichi istituti di credito in Italia (1849 anno di fondazione), istituto di emissione fino al 1926 e successivamente istituto di credito di diritto pubblico. Chiaramente il nostro Istituto era sempre invitato a partecipare ai consorzi di garanzia e collocamento organizzati da “via Filodrammatici”.

Servizio Borsa Titoli

Io facevo parte dell’Amministrazione Centrale, Servizio Borsa Titoli, ufficio Negoziazione che era composto da una dozzina di operatori, tutti con una grandissima esperienza finanziaria. Fra questi c’era anche il Capo Area finanza Dottor Nicastro che di anni sui mercati ne aveva già trascorsi 40. Non ricordo esattamente perché, ma mi incaricarono di seguire le pratiche inerenti ai consorzi. La cosa mi rendeva orgoglioso ma allo stesso tempo era un compito estremamente impegnativo.

borsa

L’iter era sempre identico. Il Dottor Notarbartolo del Servizio Finanziario di Mediobanca anticipava telefonicamente l’operazione al nostro Capo, il quale mi avvisava dell’imminente arrivo del telex. Io mi precipitavo a controllare che la telescrivente fosse perfettamente funzionante e nel giro di pochi minuti iniziava a stampare un foglio di una lunghezza mediamente compresa fra uno e due metri.

Il messaggio era estremamente riservato e conteneva la descrizione dettagliata dell’operazione, le tempistiche, le motivazioni, alcuni dati sulla società, il compenso a noi riconosciuto per la garanzia offerta e quello per l’attività di collocamento, la quota percentuale che eravamo invitati a garantire e le modalità da seguire in caso di accollo.

Storia della Borsa: le procedure

Le nostre procedure, per un tale impegno, richiedevano l’autorizzazione del Direttore Generale del Banco. Pertanto, occorreva inviargli una relazione che illustrasse l’operazione, ne valutasse gli aspetti positivi e negativi ed una nostra proposta di adesione.

I tempi erano solitamente ristretti quindi mi attivavo immediatamente. In primo luogo, valutavo le parità teoriche. Partendo dalle quotazioni dell’azione “cum” calcolavo il valore dell’azione “ex” ed il valore dei diritti. All’emissione di azioni a volte si accompagnavano anche warrant e/o obbligazioni convertibili, quindi, non era sempre facilissimo determinarne i valori, ma era comunque necessario. Un diritto consistente sarebbe stato infatti più cautelativo rispetto ad un diritto irrisorio.

Il valore del titolo

In secondo luogo occorreva stimare il valore del titolo “ex ante” ed “ex post”. Questa era la parte più impegnativa se consideriamo i mezzi di allora. Le comunicazioni delle Società non avevano la frequenza attuale e non esisteva internet dove reperire i dati. Fortunatamente noi eravamo soliti fotocopiare tutte le notizie sulle società pubblicate dai giornali e le raccoglievamo in apposite “carpette” intestate alle singole Società. Nei casi più fortunati riuscivo a recuperare un bilancio o una presentazione reperita in incontri con le Società che l’A.I.A.F. (Associazione Italiana per l’Analisti Finanziaria) aveva iniziato ad organizzare ed alle quali ero invitato come socio.

Dal 1985, dopo la costituzione di “ADB” (Analisi Dati Borsa), che offriva servizi telematici che comprendevano anche grafici, era invece più semplice effettuare un’analisi grafica del titolo per avere un’idea sull’andamento delle quotazioni.

Altro dato era infine rappresentato dalle azioni detenute dai clienti del nostro Istituto in quanto le eventuali loro adesioni, oltre all’introito derivante dalla commissione di collocamento, sarebbero state decurtate dalla nostra garanzia.

Analisi delle operazioni di Borsa

Illustravo quindi il tutto al nostro Capo Area Finanza che dall’alto della sua quarantennale esperienza non aveva difficoltà a valutare i rischi di accollo e le possibili conseguenze. Una cosa era certa: non si poteva “declinare” l’invito. In passato era stato fatto un tentativo ma la risposta era stata perentoria: “un eventuale diniego avrebbe potuto comportare l’esclusione da future operazioni anche di obbligazioni corporate che risultavano essere molto redditizie e graditissime alla clientela”.

Nei casi “a rischio accollo” era tuttavia possibile chiedere una riduzione della quota a noi proposta anche perché sicuramente la somma delle percentuali attribuite da “Piazzetta Cuccia” ai partecipanti era nettamente superiore al 100% (la mia idea è di almeno il 200%).

Una volta indicatami dal mio Condirettore Centrale la percentuale da proporre al Direttore Generale tiravo un sospiro di sollievo perché il lavoro era pressoché terminato. Mancavano solo le seguenti due frasi standard a conclusione del telex da inviare alla Direzione Generale: “Tutto ciò premesso si sarebbe del subordinato parere di aderire all’operazione in oggetto con una percentuale pari a X%. Nell’attesa delle superiori determinazioni si coglie l’occasione per porgere distinti saluti.”

Ricevuta l’autorizzazione non restava che inoltrarla a Mediobanca e attendere la nostra quota effettiva di partecipazione. Quest’ultima era solitamente inferiore a quella indicata inizialmente in particolare per quelle operazioni che non presentavano criticità rilevanti.

Aumenti di capitale… ma non solo

Un lavoro estremamente impegnativo, basti pensare che nel solo 1986 le operazioni di aumento di capitale sono state un centinaio. Moltissime hanno registrato un esito positivo. Al tempo stesso è capitato che il consorzio di garanzia in alcune sia dovuto intervenire. In questi casi era solitamente la Spafid (fiduciaria del Gruppo di Piazzetta Cuccia) che si occupava di gestire la vendita delle azioni inoptate.

Se avessi voluto invece evitare la procedura delle “vendite collettive” sarebbe bastata acquistare ad una cifra irrisoria un corretto numero di diritti ed aderire all’aumento di capitale. Le nuove azioni sottoscritte sarebbero state scalate dalla nostra quota di competenza e avrebbero potuto essere gestite autonomamente.

Storia della Borsa

“Storia della Borsa” vuole essere un viaggio alla scoperta dei mercati finanziari. La cura il trader Fabrizio Fiorani. Di seguito i link per accedere alle precedenti puntate in questo avvincente viaggio!

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Speculazione e Bolle in borsa https://www.investire-certificati.it/speculazione-e-bolle-in-borsa/ Fri, 17 Feb 2023 21:09:00 +0000 https://www.investire-certificati.it/?p=27490 Il confine fra speculazione in borsa e bolla speculativa è spesso labile. In questo articolo Fabrizio Fiorani ripercorre il tentativo di scalata dell’argento da parte dei fratelli Hunt, ma anche la speculazione sulla soia di Raul Gardini. Focus anche su eventi più recenti, con i casi Gamestop e la corsa sfrenata del prezzo del gas […]

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Il confine fra speculazione in borsa e bolla speculativa è spesso labile. In questo articolo Fabrizio Fiorani ripercorre il tentativo di scalata dell’argento da parte dei fratelli Hunt, ma anche la speculazione sulla soia di Raul Gardini. Focus anche su eventi più recenti, con i casi Gamestop e la corsa sfrenata del prezzo del gas nell’estate 2022. Solitamente queste fiammate dei prezzi si sono concluse con l’intervento del regolatore ed una frenata dei prezzi. Ecco l’analisi di questi casi di speculazioni (e bolle) in borsa.

La salita del prezzo del gas (2022)

Nell’Agosto 2022 abbiamo toccato l’apice di una grave crisi energetica con le quotazioni del Gas al TTF (Title Transfer Facility) di Amsterdam che avevano superato quota 330. Alla base del rialzo i problemi geopolitici che ne limitavano l’offerta, una domanda elevata dei paesi Europei per fare fronte all’inverno ma anche una componente speculativa. “Lo ben so” che il termine speculazione non ha una connotazione negativa. È sinonimo di osservare, guardare avanti, ma in alcuni casi può contribuire ad alimentare fenomeni distorsivi e provocare gravi danni a famiglie ed imprese.

Sul finire di Agosto Ursula von der Leyen annunciò un’imminente riforma del mercato dell’energia. Da quel momento è iniziata una discesa dei corsi del gas fino agli attuali livelli intorno a 55. Il calo è stato attribuito a diversi fattori. Le scorte che avevano superato il 90% della capacità di stoccaggio, un inverno con temperature miti e la riduzione dei consumi da parte di famiglie ed imprese. La bolla speculativa si è sgonfiata.

A me piace pensare che a livello psicologico potrebbe aver influito anche la prospettiva del provvedimento sul tetto al prezzo del gas approvato dall’UE nel dicembre 2022 ed entrato in vigore il 15 febbraio di quest’anno. In passato si sono verificati altri interventi del regolatore volti a normalizzare una bolla speculativa diventata esplosiva.

I fratelli Hunt: speculazione sull’argento

previsioni argento

Siamo negli anni Settanta e i fratelli texani Hunt, al fine di cautelarsi dall’inflazione, iniziano ad acquistare ingenti quantità d’argento. Nel 1980, in seguito al rastrellamento di consistenti quantitativi di contratti futures, i fratelli arrivano a controllare una quantità pari a circa la metà dell’argento disponibile nel mondo per pronta consegna. 

Tale situazione, unitamente agli acquisti da parte di speculatori che intendono sfruttare il rialzo, fanno schizzare le quotazioni rischiando di mettere in crisi i grandi operatori che avevano venduto allo scoperto. A quel punto il Comex introduce una norma per regolarizzare la situazione che aumenta i margini richiesti sulle posizioni a leva. I fratelli Hunt e gli speculatori più fragili sono costretti a chiudere o ridurre le posizioni ed il prezzo inizia a scendere fino al “Silver Thursday” del 27 marzo 1980, quando il prezzo dell’argento crolla del 50% in poche ore. I fratelli Hunt e altri operatori subiscono grosse perdite ma la situazione si ristabilisce ed il prezzo dell’argento torna su livelli “normali”.

Speculazione sulla soia

Siamo nel 1989, Raul Gardini è alla guida del gruppo Ferruzzi che nel mondo è il terzo per dimensioni nella lavorazione dei semi di soia.  Prevedendo nei mesi a venire un rialzo dei prezzi, in primavera alcune filiali del gruppo cominciano ad acquistare ingenti quantitativi di contratti a termine sul Chicago Board of Trade. Altri importanti operatori americani, vedendo i prezzi lievitare ed avendo una visione opposta sull’evoluzione dei prezzi, aprono grosse operazioni allo scoperto. In prossimità della scadenza tecnica del 20 luglio ci si rende conto che le società del gruppo Ferruzzi possiedono contratti futures per un totale di 23 milioni di bushel di soia (quasi il doppio della quantità disponibile nei magazzini autorizzati) e che sono intenzionati ad esigere la consegna della merce. Per gli scopertisti si prospettano perdite enormi. La bolla speculativa non piace al regolatore, che interviene.

L’11 luglio il CBOT emette un ordine d’emergenza in base al quale tutti gli operatori con posizioni superiori ai tre milioni di bushel in acquisto o in vendita hanno tre giorni di tempo per ridurle ad un solo milione. Il gruppo italiano è costretto a vendere, i prezzi della soia crollano ed il gruppo subisce ingenti perdite.

Gamestop: fra speculazione e bolla in borsa

Un caso di speculazione in borsa in tempi recenti che ha conquistato le prime pagine dei giornali è stato quello di Gamestop. Ripercorriamo il nastro su queste vicende.

GameStop Bolla Speculativa in borsa

Siamo nel 2020 e GameStop, società che vende videogiochi tramite negozi fisici, naviga in cattive acque con bilanci in perdita e prospettive incerte. Diversi Hedge Fund, fra i quali Melvin Capital, hanno aperto posizioni corte su circa il 140% del flottante. Keith Gill, un giovane YouTuber conosciuto come “Roaring Kitty”, da tempo ne parla sui social ipotizzando una rivalutazione delle azioni GameStop. La voce viene amplificata su WallStreetBets (forum dedicato agli investimenti). Qui lo stesso Keith Gill e tantissimi altri giovani trader intervengono a supporto della società a cui sono affezionati. La speculazione in borsa continua e si intensificano gli acquisti sul titolo tramite la piattaforma Robinhood che offre gratuitamente un’ampia operatività di trading. Le azioni salgono anche spinte dallo short-squeeze che costringe i grandi investitori a ricoprirsi per arginare le perdite. Ryan Cohen, un giovane imprenditore co-fondatore della società Chewy ed investitore acquista il 13% di GameStop, entra a far parte del CDA e lo esorta a sviluppare l’azienda. Elon Musk twitta “GameStonk!!” e linka WallStreetBets attirando l’attenzione dei suoi follower sulla catena.

La bolla dei prezzi di Gamestop

Una miscela esplosiva che fa schizzare le quotazioni di GameStop nel mese di gennaio 2021 da circa 17 fino ad un massimo di 483 $. La speculazione in borsa continua: appare come la vittoria di Davide contro Golia, ma Robinhood si rivela non essere la “volpe rossa vestita di verde che ruba ai ricchi per donare ai poveri”. Il 28 gennaio 2021 unitamente ad altre piattaforme di trading blocca per un periodo le operazioni di acquisto ai retail. La motivazione ufficiale? Problemi tecnici e la necessità di reperire fondi a garanzia dell’enorme operatività. Le quotazioni precipitano generando ingenti perdite a tantissimi piccoli trader dell’ultima ora. La bolla si sgonfia. Per gli amanti delle statistiche, ad inizio 2023 il prezzo di Gamestop è tornato sotto quota 20 dollari per azione. Considerando che nel 2022 GameStop ha effettuato uno split di 4:1, si tratta di un valore inferiore fra 70 ed 80 dollari ante split. L’azione dai massimi è quindi scesa di circa l’80%.

Speculazioni e bolle in borsa

Bolle e speculazioni: in tutti i casi citati, i provvedimenti intrapresi hanno alimentato accesi dibattiti. Anche la recente disposizione sul tetto del gas è stata al centro di grandi discussioni. Attualmente i prezzi sono lontani dalla soglia di 180 euro per Mega-wattora fissata per un intervento. In assenza di fatti esogeni occorrerà attendere i mesi estivi, quando le necessità di stoccaggio faranno aumentare la domanda di gas, per eventualmente verificarne l’efficacia.

Storia della Borsa

Storia della Borsa è una rubrica a cura di Fabrizio Fiorani. Di seguito i link per accedere alle precedenti puntate.

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Il Mese Borsistico https://www.investire-certificati.it/il-mese-borsistico/ Sun, 22 Jan 2023 06:18:00 +0000 https://www.investire-certificati.it/?p=27032 Cosa si intende con mese borsistico? Focus su premi di borsa e contratti di riporto. Nuova puntata di Storia della Borsa, la rubrica curata da Fabrizio Fiorani, che ha vissuto in prima persona il progressivo passaggio dalla borsa alle grida al trading online telematico. Investire in borsa oggi Future, option, ETF a leva, CFD, certificati […]

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Cosa si intende con mese borsistico? Focus su premi di borsa e contratti di riporto. Nuova puntata di Storia della Borsa, la rubrica curata da Fabrizio Fiorani, che ha vissuto in prima persona il progressivo passaggio dalla borsa alle grida al trading online telematico.

Investire in borsa oggi

Future, option, ETF a leva, CFD, certificati turbo, covered warrant sono solo alcuni strumenti attualmente disponibili per operare long/short su azioni utilizzando la leva finanziaria. Ma vediamo quali erano gli strumenti per effettuare una simile operatività ai tempi della Borsa gridata, alcuni “effetti collaterali” che producevano. Proseguiamo poi con i passaggi verso la situazione attuale.

Il mese borsistico

Iniziamo col dire che la liquidazione dei contratti non era come avviene oggi a contanti ma a termine. Tutte le compravendite effettuate in un determinato “mese borsistico” venivano regolate mensilmente nel giorno di liquidazione fissato dal calendario di Borsa.

Borsa alle grida
Borsa alle grida – Fabrizio Fiorani

Il mese borsistico corrispondeva più o meno dalla metà di un mese alla metà del mese seguente. Pertanto, il mese borsistico si poneva a “cavallo” di due mesi solari e la liquidazione avveniva alla fine del mese solare in cui terminava il mese borsistico. Per esempio, nel 2023 la cosiddetta “liquidazione dei morti” sarebbe probabilmente iniziata lunedì 16 ottobre e terminata venerdì 17 novembre. Tutte le compravendite concluse in questo lasso di tempo avrebbero registrato la consegna ed il pagamento dei titoli giovedì 30 novembre.

Era fantastico! Se avessi acquistato un’azione all’inizio del mese borsistico avresti avuto fino a 45 giorni di tempo per “pagarla” e fino a 30 per rivenderla con il solo accredito o addebito sul conto corrente del differenziale di prezzo.

Il venditore era chiaramente soggetto alle stesse tempistiche. Ciò, contestualmente, aveva aspetti sia positivi che negativi. Fra questi ultimi chi aveva bisogno di liquidità doveva attendere come minimo 15 giorni prima di ricevere l’accredito. Chi effettuava “vendite di titoli allo scoperto” invece poteva ricoprirli nella stessa liquidazione senza altre incombenze.

Operazioni short e a leva nel mese borsistico

All’interno del mese borsistico risultava quindi agevole effettuare operazioni short e a leva anche perché spesso veniva richiesta solo una percentuale dell’intero importo delle compravendite. Queste ultime potevano inoltre essere prorogate utilizzando il “riporto di Borsa”. 

Con questo contratto il riportato trasferiva in proprietà al riportatore titoli ad un determinato prezzo, ed il riportatore assumeva l’obbligo di ritrasferire al riportato, alla scadenza del termine stabilito, la proprietà di altrettanti titoli della stessa specie, verso rimborso del prezzo, che poteva essere aumentato o diminuito nella misura convenuta.

Il riportato aveva quindi la possibilità di finanziarsi per protrarre posizioni rialziste. D’altro canto, il riportatore otteneva i titoli per procrastinare posizioni ribassiste. Normalmente il prezzo a pronti era inferiore al prezzo a temine ma poteva succedere che fosse superiore ed in questo caso si configurava come “deporto”.

Contratto di riporto

Il contratto di riporto è utilizzato ancora oggi in vari campi ma ai tempi era un appuntamento mensile fissato nel calendario di Borsa dopo quello della risposta premi. L’incontro tra domanda e offerta per ogni titolo trattato determinava un tasso percentuale che variava da livelli superiori a quello di mercato fino a zero nel caso di riporto “alla pari”. Il deporto era invece espresso in misura unitaria.  

L’analisi dei dati forniva indicazioni sulle posizioni rialziste/ribassiste presenti sulle azioni trattate. Tanto più alto era il tasso di riporto di Borsa di un titolo tanto maggiore si presumeva fosse la speculazione rialzista sullo stesso. Viceversa, se i tassi erano bassi, “alla pari”, o addirittura si fissava un deporto eravamo in presenza di una forte richiesta di titoli per prorogare posizioni ribassiste.

Anche allora esisteva l’anticipazione su titoli che era molto utilizzata in ambito bancario per finanziarsi. Tramite questo contratto il cliente metteva a pegno dei titoli (solitamente titoli di stato o azioni) e la banca concedeva un credito al cliente pari al valore dei titoli decurtato di uno scarto di garanzia.

Premi di borsa

Un altro strumento impiegato per effettuare operazioni a leva e short era quello dei premi. Si trattavano Dont (Call), Put, Stellage (Straddle), Strip (1 dont + 2 put) e Strap (2 dont + 1 put). 

borsa

La liquidazione a termine agevolava le “trasformazioni” dei premi. Non conveniva dare risposte “anticipate”. Chi avesse acquistato ad esempio un premio Fiat base 15.000 + dont ottobre 86, sull’onda dell’operazione “Lafico” che portò le quotazioni fino a 16.500, avrebbe potuto vendere le azioni trasformando il dont in put. Sulle “due gambe dell’operazione” (lungo dont, corto fisso) avrebbe potuto costruire ulteriori strategie o semplicemente sperare di realizzare un maggior profitto da una eventuale discesa delle quotazioni sotto la base del premio.

Liquidazione a termine, utilizzo spinto della leva, assenza di meccanismi di marginazione mark to market unitamente a forti oscillazioni dei corsi dei titoli a volte metteva in difficoltà qualche Agente di Cambio non sufficientemente capitalizzato. Solitamente i “nodi venivano al pettine” in prossimità del giorno di liquidazione. Spesso slittava di qualche seduta per consentire la sistemazione delle posizioni. Nei casi più gravi veniva dichiarata l’insolvenza dell’operatore e stabiliti tempi e modi della liquidazione coattiva dei titoli rimasti in portafoglio.

Liquidazione a contanti

Al fine di ridurre i rischi di insolvenza nel 1994 venne introdotta la liquidazione a contanti che forniva maggiori garanzie circa il buon fine delle operazioni. Inizialmente fu applicata su 52 titoli ed estesa gradualmente per permettere la progressiva sistemazione delle posizioni in essere. Nel febbraio del 1996 si svolse l’ultima liquidazione a termine. Anche la liquidazione a contanti inizialmente prevista a 5 giorni passò a 3 nel 2000 e successivamente a 2 per la maggior parte degli strumenti finanziari ad eccezione dei derivati negoziati a T+1.  Ricordo anche un periodo con azioni, BTP e CCT trattati a T+3 e BOT a T+2 che a volte generava qualche disguido negli arbitraggi a causa delle diverse valute.

Parallelamente al passaggio dalla liquidazione a termine a quella a contanti vennero introdotti alcuni strumenti in grado di supportare l’attività speculativa e di hedging. Nel 1992 il Mif (mercato italiano dei futures), nel 1994 l’Mto (mercato telematico delle opzioni) e l’Idem (mercato italiano dei derivati) e via via tanti altri.

Cassa di Compensazione e Garanzia

Nel 1992 venne anche costituita la Cassa di Compensazione e Garanzia allo scopo di garantire il buon fine dei contratti negoziati sui mercati derivati regolamentati. Da allora una maggiore patrimonializzazione e professionalità dei soggetti ammessi ad operare, la richiesta da parte della Cassa di Compensazione e Garanzia (CC&G) dei margini di garanzia e dei margini di variazione hanno ridotto sensibilmente il rischio insolvenza contribuendo a rendere più affidabile ed attrattivo il nostro mercato.

Approfondimenti

Storia della Borsa è una rubrica a cura di Fabrizio Fiorani. Ecco le precedenti puntate.

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Eccoci in una nuova puntata di “Storie di Borsa”. Come da tradizione in compagnia di Fabrizio Fiorani, per scoprire la storia di Piazza Affari negli anni Ottanta.

Storie di Borsa

“Sell in May and go away” recita un noto detto borsistico che, anche recentemente, sento ripetere spesso. Il mio primo ricordo di un maggio da “vendi e scappa” risale al 1986 quando si verificò un vero e proprio crollo per il nostro mercato. Il “giovedì nero” di Piazza Affari viene raramente citato. Mi è rimasto impresso, forse perché, come recita un altro detto, “la prima volta non si scorda mai”. Quell’evento inoltre ha rappresentato la fine di un’illusione che ha caratterizzato l’inizio della mia vita borsistica.

Banco di Sicilia - Fede del Credito
Banco di Sicilia – Fede del Credito del 1873 (su gentile concessione F. Fiorani)

Le mie “storie di borsa” iniziarono nel 1983. Assunto dal Banco di Sicilia sono assegnato all’Amministrazione Centrale, Servizio Borsa Titoli, ufficio Negoziazione. Incontro così casualmente il mondo della Borsa e della finanza. Un mondo che non conoscevo, ma che mi ha immediatamente appassionato ed accompagnato fino ad oggi. Un periodo meraviglioso forse perché ero giovanissimo. Ho però avuto la fortuna di entrare a far parte di un Team con persone dotate di grandissima professionalità, esperienza, correttezza, integrità morale ed umanità.

Dall’83 all’86 credo di aver assistito ad un periodo incredibile della storia della borsa. Una fase di svolta epocale del nostro mercato. Siamo nel pieno dei fatidici anni 80, della “Milano da bere”, dello “yuppismo”, con Bettino Craxi alla guida del “Pentapartito”. L’economia cresce nonostante le sue contraddizioni. L’inflazione è in netta discesa e passa dal 15 al 6% grazie al taglio della scala mobile (decreto di San Valentino dell’84). I tassi di interesse sui BOT si riducono “largo circa” dal 18% al 13% anche se rimangono altissimi. Ciò in particolare per la necessità di attrarre capitali per finanziare un debito pubblico in forte espansione.

Storia di Borsa – Nascita dei fondi comuni di investimento

Indice Comit
Indice Comit – I rialzi degli anni ottanta in Borsa

Ma il trigger di una eccezionale fase borsistica è rappresentato dalla nascita dei fondi comuni di investimento che attraggono l’enorme risparmio dei “BOT People” e lo convogliano nel “piccolo catino” di Piazza Affari. Si riaffacciano sul mercato anche gli investitori esteri che fiutano l’affare. L’indice Comit (base 1972=100) sale del 20% nell’84, del 98% nell’85 e sfiora il raddoppio nei primi 5 mesi dell’86.

Si entra in piena “fase euforica”, storie di borsa di altri tempi. I giornali e le televisioni aprono regolarmente con titoloni sulla Borsa, casalinghe e pensionati scoprono gli investimenti azionari. Molti lavoratori trascorrono l’intervallo mangiando un panino davanti alle vetrine delle banche che espongono le quotazioni dei titoli. Una eccezionale crescita delle quotazioni e dei volumi che coglie di sorpresa e mette a dura prova operatori e strutture addette al regolamento delle operazioni che rischiano il collasso.

Rialzi in borsa

Fra le storia di borsa di quegli anni, ricordo un simpatico aneddoto che testimonia quell’incredibile rialzo. Dall’83 mi occupavo, fra le altre attività, di aggiornare manualmente un grafico con indice Comit, volumi e medie mobili su carta millimetrata esposto in ufficio a tutta parete. All’inizio di ogni anno si cercava di ipotizzare l’andamento dell’indice. Ciò al fine di disegnare la scala sulle ordinate in grado di contenerne le oscillazioni. Ebbene, nei primi mesi dell’86, sono stato costretto a ridisegnare più volte quella scala a causa dell’uscita verso l’alto dell’indice.

Nel maggio dell’86 le quotazioni dei titoli avevano raggiunto livelli elevatissimi e sempre un maggior numero di clienti utilizzava operazioni di “riporto” e “anticipazioni su titoli” per acquistare azioni a leva. Le società approfittavano per raccogliere capitali a condizioni insperate assecondando la fame di investimenti presente sul mercato. Fuori dal coro, qualche avveduto operatore, fra i quali il nostro Direttore, consigliava cautela ma il “parco buoi” non voleva sentire ragioni. Stava vivendo il sogno che le quotazioni delle azioni potessero crescere all’infinito. Ma, come spesso avviene, di lì a poco accadde l’inevitabile.

La Borsa, dopo aver fatto segnare un massimo il 20 maggio, iniziò a perdere vistosamente terreno anche a causa di voci sulla possibile introduzione di una tassazione sui guadagni. La fase di nervosismo sfociò nel “giovedì nero” del 29 maggio 1986 quando le quotazioni scesero del 9,5% in una sola seduta.

Il crollo segnò la fine di quella fase di “grande illusione” in borsa; nelle sedute di alta volatilità che seguirono, la Borsa continuò a svolgere quella “funzione sociale” di “separare il denaro dagli stolti”. Per la cronaca quell’anno, nonostante un -20% dai massimi, si concluse con un rialzo del 58%.

Storia della Borsa

Per leggere le precedenti puntate di “storia della Borsa” è possibile visionare i seguenti link:

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