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Recessione negli Usa: quali probabilità?

Previsioni economiche: L’economia statunitense avrebbe concrete, seppur contenute, possibilità di entrare in recessione entro 12 mesi. È quanto afferma un recente studio condotto da Goldman Sachs.

Secondo Jan Hatzius, chief economist presso la nota banca d’investimento, la probabilità che questa si verifichi si aggirerebbe intorno al 35%. L’economista ha tuttavia specificato che il suo outlook risulta più ottimista rispetto a quello proposto dalla testata “Wall Street Journal” lo scorso ottobre, che si attestava al 63%. Lo scenario recessivo, quindi, sembra al momento scongiurabile, a patto che gli Stati Uniti intraprendano quello che Mr. Hatzius definisce un “four-step path”: un sentiero che, in quattro tornanti, permetterebbe la riduzione dell’inflazione Usa fino ad un livello in linea con gli obiettivi della FED.

Si può evitare la recessione negli Usa?

Una transizione da elevata inflazione a bassa inflazione, evitando la recessione. E’ possibile? Come approdare direttamente al tasso di inflazione auspicato dalla FED, senza cadere in recessione? Goldman Sachs prova a rispondere con una serie di punti tematici:

  • riportare il livello di crescita sotto il trend di lungo termine seppur in territorio positivo;
  • ribilanciare il mercato del lavoro mantenendo il tasso di disoccupazione sotto controllo;
  • calmierare la crescita dei salari;
  • portare il PCE index sotto il 2%.

Al momento tre indicatori su quattro, secondo lo studio, sembrano dare segnali incoraggianti. Questo farebbe calare drasticamente la prospettiva di una imminente recessione. Ci sono alcuni segnali che inducono all’ottimismo.

La politica monetaria sul Federal Funds Rate

Un primo indicatore di (cauto) ottimismo e che fa da cornice ai quattro punti che GS prende in esame, deriva dalle misure attuate dalla Banca Centrale.

La FED ha iniziato da marzo 2022 (se si tralascia l’aumento isolato di marzo 2020) una politica monetaria restrittiva, con un innalzamento in sette mesi del tasso base (FFR) da 0,5% a 4%. Il primo aumento è stato di 50 bps, a cui sono seguiti quattro “scalini” da 75 bps. 

Previsioni per i Tassi Federal Reserve

La previsione è che gli aumenti possano decrescere a 50 bps se non addirittura a 25 bps dal primo trimestre 2023. Questo, in particolare, per evitare il rischio di recessione nel caso in cui vi siano chiari segnali di crescita del PIL dovuto all’aumento del reddito reale con inflazione sopra il 2%.

Una crescita del PIL positiva e sotto il trend

Nonostante il report sul PIL statunitense di settembre (Q3) abbia segnato un’inversione di tendenza portandosi al 2,6% e “bucando” il trend annuale (che si attesta attorno all’1,8%), lo studio ritiene comunque che l’indicatore possa essere sovrastimato.

Il motivo risiederebbe in una distorsione dovuta ai dati del commercio estero; più corretto quindi, secondo la Banca d’investimento, prendere in considerazione il tasso di crescita del CAI (Current Activity Indicator), che si attesta attorno allo 0,7%.  L’aspettativa sarebbe pertanto un ritmo di crescita dell’1% nel corso del 2023, con le condizioni finanziare più restrittive che controbilancerebbero la spinta derivante dal reddito reale.

Il tasso di disoccupazione sotto controllo

rischi economici

Anche il tasso di disoccupazione per lo studio è sui giusti binari. Sebbene gli stipendi dei settori diversi dall’agricoltura siano cresciuti in maniera importante ad ottobre, il modello utilizzato (CES birth-death model) avrebbe un fattore distorsivo dovuto a modifiche per la pandemia di Covid-19.

Un indicatore che conferma il trend positivo è l’aumento di soli 0,2pp del tasso di disoccupazione U3 (che si riferisce ai lavoratori attualmente disoccupati che hanno cercato attivamente lavoro nelle ultime 4 settimane), che si attesta al 3,7%. Altro dato a supporto della tesi, la diminuzione di opportunità lavorative su Linkup e Indeed ad ottobre (dati JOLTS).

Tasso di crescita degli stipendi calmierato

Il segnale forse più incoraggiante, però, secondo l’economista, è il rallentamento della crescita degli stipendi. Servendosi, infatti, di due indicatori capaci di apprezzare trend di breve periodo – la retribuzione oraria media ponderata e l’indagine mensile composita sui salari – il gruppo di ricerca ha notato una decrescita consistente.

Il primo indicatore dal +7% di Luglio 2021 si attesta al +4,5% ad ottobre 2022, mentre il secondo da +5,5% a +4,5% circa. Numeri ancora ben lontani da un dato che in linea con il 2% dell’inflazione, ma che fanno capire come il gap si stia riducendo.

Inflazione e rischi di recessione negli Usa

Un’unica nota stonata: i prezzi al consumo stanno frenando la loro corsa, ma decisamente lentamente. Sarebbe, infine, proprio l’ultimo tassello del mosaico a lasciare dubbi sullo scenario recessivo. I prezzi dell’indice “core PCE” (spese per i consumi personali), infatti, non mostrerebbero un’apprezzabile decrescita, pur avendo esaurito la loro spinta rialzista.

Rischi di recessioni, ma anche buone notizie. Provengono da segnali anticipatori quali le consegne dei fornitori, le componentistiche del comparto industriale e medico e il mercato delle aste delle auto usate, tutte in declino.

Rimane un dato di fatto, però, che per questo ultimo tornante del “four-step path” ci vorrà ancora un po’ di pazienza. In fin dei conti, come dice Chair Powell: “[…]at some point you’ll see (housing) rents coming down”.

Inflazione e rischi di recessione negli Usa: approfondimenti

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Rischi Economici https://www.investire-certificati.it/rischi-economici/ Mon, 07 Nov 2022 20:35:35 +0000 https://www.investire-certificati.it/?p=24944 Quali sono i principali rischi economici? Focus sul tema. Di seguito una sintesi relativa all’ultima edizione dell’Executive Opinion Survey, condotta dal World Economic Forum’s Centre in partnership con Zurich e Marsh. Lo studio analizza le principali minacce economiche secondo oltre 12.000 business leader in 122 Paesi (inclusa l’Italia). In particolare, l’analisi rileva come i rischi economici […]

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Quali sono i principali rischi economici? Focus sul tema. Di seguito una sintesi relativa all’ultima edizione dell’Executive Opinion Survey, condotta dal World Economic Forum’s Centre in partnership con Zurich e Marsh. Lo studio analizza le principali minacce economiche secondo oltre 12.000 business leader in 122 Paesi (inclusa l’Italia).

In particolare, l’analisi rileva come i rischi economici immediati abbiano superato le preoccupazioni informatiche e ambientali, rispetto alla precedente edizione.

Quali sono i principali rischi economici?

I rischi ambientali e informatici sono messi in ombra dalle preoccupazioni economiche a breve termine dei business leader del G20. L’inflazione, la crisi del debito e il crescente costo della vita sono le principali minacce per il business nei prossimi due anni nei Paesi del G20. Ecco la sintesi dei nuovi dati del World Economic Forum. I risultati della Executive Opinion Survey di quest’anno, che ha raccolto il parere di oltre 12.000 business leader di 122 Paesi tra aprile e agosto 2022, precedono la COP27 in Egitto e il vertice del G20 previsto in novembre in  Indonesia. Secondo i risultati dell’indagine, i rischi economici, geopolitici e sociali, tra loro interconnessi, dominano il panorama dei rischi tra i business leader del G20, che continuano a nutrire preoccupazioni immediate per le forti turbolenze dei mercati e l’intensificarsi delle tensioni a livello politico.

Rischi di mercato: inflazione

inflazione

La crescita rapida dell’inflazione è il rischio principale più comunemente citato nei Paesi del G20 intervistati quest’anno, con oltre un terzo (37%) di essi che lo identifica come una delle principali preoccupazioni, seguito dalla crisi del debito e dalla crisi del costo della vita (entrambi al 21%). Le tensioni geoeconomiche sono state identificate come il rischio di mercato principale da due Paesi del G20. Altri intervistati hanno indicato come principali rischi il potenziale collasso dello Stato, la mancanza di servizi digitali diffusi e la disuguaglianza digitale.

I risultati di quest’anno sono in netto contrasto con quelli del 2021. Questo in particolare in aree chiave come il rischio tecnologico e ambientale. Nonostante le crescenti pressioni e l’aumento della regolamentazione negli ultimi 12 mesi – e tenendo conto degli aggiustamenti apportati all’elenco dei rischi analizzati quest’anno in risposta all’evoluzione delle tendenze economiche, geopolitiche e ambientali – le questioni ambientali risultano – tra i primi cinque rischi per i Paesi del G20.

Di fatto sono decisamente meno sentite nel rapporto di quest’anno rispetto a quello del 2021. Inoltre, nonostante la crescente minaccia di attacchi informatici alle infrastrutture critiche, i rischi cyber ed altri rischi tecnologici si sono classificati tra i primi cinque rischi meno citati quest’anno.

Rischi economici

Oltre ai rischi di inflazione, quali altri rischi economici troviamo nel sistema economico? Più in generale, i risultati evidenziano anche marcate variazioni regionali tra le economie avanzate e i mercati emergenti. I rischi economici associati all’inflazione sono stati identificati come il rischio principale dagli intervistati in Europa, America Latina e Caraibi, Asia orientale e Pacifico.

Le preoccupazioni sociali associate alla crisi del costo della vita hanno dominato in Medio Oriente e Africa e nell’Africa subsahariana. In Asia Centrale e in Asia Meridionale, i conflitti interstatali e le crisi del debito sono stati rispettivamente i principali fattori di preoccupazione.

Carolina Klint del team di analisti di Marsh, ha spiegato: “I business leader del G20 sono giustamente concentrati sui rischi economici e geopolitici immediati e urgenti che stanno affrontando nell’immediato. Tuttavia, se stanno trascurando i principali rischi tecnologici, potrebbero creare in futuro degli “angoli morti”. Ciò con il rischio di lasciare le loro organizzazioni esposte a gravi minacce informatiche che potrebbero avere un impatto importante nel lungo termine”.

Ambiente e decarbonizzazione 

Ambiente, investimenti ESG e decarbonizzazione restano temi centrali per gli investitori ed anche per il mondo politico. Peter Giger, manager di Zurich Insurance Group, ha dichiarato: “Dopo un balzo di 2 miliardi di tonnellate nel 2021, l’aumento delle emissioni globali di CO2 quest’anno è molto più contenuto – circa 300 milioni di tonnellate. Questo grazie alla transizione energetica, ossia il crescente uso delle energie rinnovabili e dei veicoli elettrici.

transizione energetica

Eppure, nonostante questi sviluppi positivi, non siamo ancora in grado di raggiungere l’obiettivo di contenere l’aumento entro 1,5°C. La transizione verso il “net zero” è scesa troppo in basso nelle agende a breve termine di molti leader. Tuttavia, gli impatti del cambiamento climatico sono sia a breve che a lungo termine. Anche nel difficile contesto geopolitico ed economico attuale, dobbiamo concentrarci sulla costruzione di un sistema energetico più pulito, più accessibile e più sicuro. In particolare se vogliamo mantenere un futuro a zero emissioni a portata di mano”.

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