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Cosa sono le opzioni nel mondo finanziario? Quali le differenze fra opzioni call e opzioni put? Quando le opzioni sono definite in the money e quando out of the money? Quali i fattori che muovono il prezzo di questi strumenti finanziari derivati?

Opzioni – definizione

Un’opzione è un contratto che conferisce all’investitore il diritto, ma non l’obbligo, di comprare (opzione di acquisto-call) o di vendere (opzione di vendita-put) una coppia di valute ad un determinato prezzo (detto prezzo strike o base) ad una determinata data (data di scadenza).
Le opzioni, quindi, possono essere di due tipi: call o put.
Le opzioni call conferiscono il diritto di acquistare una coppia di valute ad un determinato prezzo (strike price) entro una data specifica.
Le opzioni put conferiscono invece il diritto di vendere una coppia di valute ad un determinato prezzo (strike price) entro una data specifica

Opzioni Call e Opzioni Put

L’acquisto di un’opzione call sul cambio Eur/Usd, ad esempio, attribuisce il diritto di comprare euro (e quindi di vendere dollari) ad un certo prezzo ed entro una determinata scadenza. Per acquisire questo diritto il compratore paga un premio (che viene incassato dal venditore) costituito dal prezzo dell’opzione.
In pratica:
– acquistando opzioni di tipo call (o vendendo opzioni di tipo put) si assumono posizioni rialziste sulla valuta certa (sulla valuta al numeratore e quindi, nel caso dell’Eur/Usd, sull’Euro) ossia si ipotizza una salita del cambio;
– acquistando opzioni di tipo put (o vendendo invece opzioni di tipo call) si assumono posizioni ribassiste sulla valuta certa (ossia si ipotizza una discesa del cambio).

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Opzione in the money e out of the money

La differenza tra il prezzo del sottostante (del cambio) e il prezzo di esercizio (strike) determina se l’opzione è “In The Money”, “At the Money” o “Out of the Money”. In particolare per le opzioni call:
a) se il prezzo del sottostante è maggiore dello strike price l’opzione si dice “In the money”;
b) se il prezzo del sottostante è uguale allo strike price l’opzione si dice “At the money”;
c) se il prezzo del sottostante è inferiore allo strike price l’opzione si dice “Out of the money”;

I due elementi che costituiscono il prezzo di un’opzione (premio) sono: il valore intrinseco e il valore temporale. Quindi:
> valore dell’opzione (premio) = valore intrinseco + valore temporale

Per un’opzione call il valore intrinseco è dato dalla differenza tra il prezzo dell’attività sottostante e il prezzo di esercizio dell’opzione;
Per un’opzione put il valore intrinseco è invece dato dalla differenza tra il prezzo di esercizio dell’opzione e il prezzo del sottostante.

Valore intrinseco di un’opzione

Quando la differenza è minore o uguale a 0 l’opzione non ha alcun valore intrinseco. Questo significa che:
– se acquisto una call con base 110 quando il sottostante vale 100 l’opzione è out of the money e il valore intrinseco è nullo;
– se acquisto una call con base 90 quando il sottostante vale 100 il valore intrinseco è pari a 100-90=10
Il valore temporale dipende invece da due elementi:
– la durata residua dell’opzione. Tanto più è distante la scadenza tanto più alto (a parità di altri elementi) è il prezzo/premio dell’opzione.
– la variabilità attesa del prezzo del sottostante (volatilità futura). Tanto più alta è la volatilità tanto più alto (a parità di altri elementi) è il prezzo/premio dell’opzione.

Come si calcola il prezzo delle opzioni

I prezzi delle opzioni sono influenzati da cinque fattori, ognuno dei quali viene richiamato con lettere dell’alfabeto greco (Delta, Gamma, Theta, Vega, Rho). Ecco i principali elementi per capire le greche nel prezzo delle opzioni.

Il Delta misura la variazione del prezzo dell’opzione provocata dalla variazione del prezzo del sottostante (ipotizzando che tutti gli altri fattori che influenzano il prezzo di un’opzione rimangano nel frattempo costanti). Il valore del Delta è compreso tra 0 e 1 per le opzioni call (ad una variazione positiva del prezzo del sottostante il valore dell’opzione aumenta) e tra 0 e -1 per le opzioni put.

Il Gamma misura la variabilità di delta al variare del prezzo del sottostante ed è considerato un fattore di accelerazione del delta stesso. Il gamma fornisce indicazioni particolarmente interessanti circa la futura volatilità del sottostante in quanto una posizione long gamma segnala l’aspettativa di un mercato volatile. Una posizione short gamma esprime l’aspettativa di un mercato stabile.

Il Theta misura invece la sensibilità del prezzo dell’opzione al trascorrere del tempo. Il prezzo dell’opzione, infatti, diminuisce man mano che il tempo passa e si avvicina alla scadenza: per questo motivo il theta (che esprime quindi il declino temporale dell’opzione) è spesso espresso come la perdita di valore in pip per ogni giorno che passa.

Vega, la volatilità nelle opzioni

Il Vega misura la variabilità del prezzo dell’opzione al variare della volatilità. La volatilità è un aspetto fondamentale nel definire il prezzo di un’opzione: forti oscillazioni aumentano infatti la probabilità che il prezzo raggiunga valori estremi. Per questo motivo un aumento della volatilità del sottostante determina un aumento del prezzo delle opzioni, sia call che put. L’opposto, ovviamente, se si verifica una diminuzione della volatilità.

Il Rho misura la sensibilità del prezzo dell’opzione al variare del tasso d’interesse. Per le opzioni su valute occorre evidenziare che il suo valore dipende sia dal tasso d’interesse della valuta di base (l’euro per EUR/USD) sia dal tasso d’interesse della valuta di riferimento (il dollaro per EUR/USD).

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Opzione “Out-Of-The-Money”, Opzione “In-The-Money” https://www.investire-certificati.it/opzione-in-the-money-opzione-out-of-the-money-cosa-vuole-dire/ Tue, 20 Aug 2019 21:32:22 +0000 https://www.investire-certificati.it/?p=248 Opzione “out-of-the-money” o “in-the-money“: cosa vuole dire? Quando un’opzione viene definita “at-the-money”? Ecco una piccola guida per comprendere le opzioni ed altri strumenti derivati. Un’opzione può essere in-the-money, out-of-the-money, oppure at-the-money. Questa terminologia legata alla moneyness delle opzioni permette di ottenere una misura del valore monetario dell’opzione stessa, definendo se questo è positivo, negativo o […]

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Opzione “out-of-the-money” o “in-the-money“: cosa vuole dire? Quando un’opzione viene definita “at-the-money”? Ecco una piccola guida per comprendere le opzioni ed altri strumenti derivati.

Un’opzione può essere in-the-money, out-of-the-money, oppure at-the-money. Questa terminologia legata alla moneyness delle opzioni permette di ottenere una misura del valore monetario dell’opzione stessa, definendo se questo è positivo, negativo o nullo. Questa nomenclatura, oltre che per le opzioni, può essere utilizzata anche per definire il valore monetario di altri strumenti derivati.

Prima di vendere nel dettaglio le varie categorie per definire il valore monetario di un’opzione ricordiamo la definizione del prezzo di esercizio (in inglese “strike price”), definibile come il livello dell’attività sottostante definito all’origine del contratto. Per l’opzione  è il prezzo cui potrà essere acquistato il sottostante in questione esercitando un’opzione call, oppure venderlo esercitando un’opzione put.

Opzione in-the-money, Out-of-the-money

Nel dettaglio il valore di un’opzione può essere: in, at oppure out the money

Opzione in-the-money”: quando l’opzione potrebbe essere esercitata con profitto, ossia ad un prezzo inferiore rispetto a quello del sottostante (qualora si stia parlando di un’opzione call), mentre invece si parla di “in the money” per una opzione put con un prezzo di esercizio superiore al valore corrente dell’attività sottostante.

Il secondo tipo, “opzione at-the-money“: viene utilizzata per definire un’opzione che ha un prezzo di esercizio uguale al prezzo dell’attività sottostante cui fa riferimento

Nel caso in cui invece una opzione è “out-of-the-money” significa che si tratta di  un’opzione con un prezzo di esercizio inferiore al valore corrente del sottostante (nel caso di opzione call) o di una con prezzo di esercizio superiore al valore attuale del sottostante nel caso di opzione put. Il suo esercizio sarebbe quindi non conveniente dati questi prezzi di mercato.

Un interessante esempio realizzato da Money-zine.come relativamente alla Moneyness di un’opzione call, che diventa positivo al di sopra del valore strike, mentre diviene invece out-of-the-money se il sottostante cui fa riferimento l’opzione scende al di sotto dello strike.

Quando un’opzione si dice in-the-money?

Per esemplificare il concetto di opzione “in-the-money” (ed anche “out-of-the-money” o “at-the-money“) ipotizziamo due opzioni, rispettivamente call e put, con prezzo di esercizio pari a 50 euro su un sottostante quotato a 50 euro. A questi valori, avremo un’ opzione at-the-money (ossia con prezzo di esercizio dell’opzione e valore del sottostante corrispondenti). Non vi sarebbe beneficio alcuno nell’esercizio dell’opzione o del derivato. Questo, però, non genererebbe una perdita, salvo eventuali commissioni.

Opzione Call

L’opzione call diventerebbe out-the-money, nel caso in cui il valore del sottostante scendesse a 40 euro, in quanto sarebbe sconveniente utilizzarla. Parimente, l’opzione put diventerebbe in-the-money, ossia sarebbe conveniente (in quanto si potrebbe vendere a 50 euro un sottostante che ne vale al momento 40 grazie all’esercizio dell’opzione).

Opzione Put

L’opzione put non sarebbe più conveniente viceversa, se il valore del sottostante salisse a 60 euro. Non si avrebbe alcun interesse ad esercitarla vendendo il sottostante a 50 euro. Sarebbe dunque un’opzione out-of-the money. Mentre si avrebbe invece un profitto nell’utilizzare l’opzione call ad un prezzo di esercizio di 50, inferiore di 10 euro rispetto al valore di mercato del sottostante cui fa riferimento l’opzione, che sarebbe appunto definibile in questo particolare contesto come un’opzione in-the-money.

At-the-money-forward

“At-the-money-forward”, è una definizione utilizzata per definire un’opzione con moneyness pari a zero. Questo se il prezzo atteso (futuro) del sottostante risulta pari al prezzo di esercizio attualizzato del tasso di un investimento considerato risk free. Ecco dunque questa variabile, rispetto al concetto standard di opzione-in-the-money e opzione-out-the-money.

Ecco dunque alcuni punti cardine per avvicinarsi al trading su opzioni e comprendere i processi fondamentali di come si muovano i prezzi di questi strumenti finanziari derivati.

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I Derivati Finanziari https://www.investire-certificati.it/i-derivati-finanziari/ Sat, 17 Aug 2019 13:49:23 +0000 https://www.investire-certificati.it/?p=185 Quali sono i derivati? Come investire in derivati finanziari. I derivati finanziari rappresentano un’ampia gamma di prodotti, cui viene attribuito questo nome in quanto “derivano” il loro valore dall’andamento di un’attività a cui sono collegati, tecnicamente chiamata sottostante. Derivati Finanziari – A cosa servono? I derivati finanziari, come ricorda la CONSOB, vengono generalmente utilizzati per […]

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Quali sono i derivati? Come investire in derivati finanziari.

I derivati finanziari rappresentano un’ampia gamma di prodotti, cui viene attribuito questo nome in quanto “derivano” il loro valore dall’andamento di un’attività a cui sono collegati, tecnicamente chiamata sottostante.

Derivati Finanziari – A cosa servono?

I derivati finanziari, come ricorda la CONSOB, vengono generalmente utilizzati per varie finalità:

  • ridurre il rischio finanziario di un portafoglio preesistente (finalità di copertura o, anche, hedging);
  • assumere esposizioni al rischio al fine di conseguire un profitto (finalità speculativa);
  • conseguire un profitto privo di rischio attraverso transazioni combinate sul derivato e sul sottostante tali da cogliere eventuali differenze di valorizzazione (finalità di arbitraggio).

In alcuni casi calcolare il valore del derivato è quasi immediato, in altri invece potrebbe risultare complesso determinare il corretto valore dei derivati finanziari, ossia prezzarli, proprio perché il loro valore deriva da un altro strumento e talvolta da numerosi fattori. Occorre dunque un attento lavoro di analisi da parte dell’investitore per stimare correttamente il valore del derivato in questione tramite funzioni matematico- finanziarie.

derivati finanziari

Derivati finanziari – Le principali categorie

Contratti a termine

Contratti a termine. Si tratta di un accordo tra due parti per la consegna di una determinata quantità di un prefissato sottostante; cioè una merce prestabilita in predeterminate condizioni, oppure un predeterminato quantitativo di attività finanziarie. Una certa quantità ad un prezzo di consegna che viene determinato all’apertura del contratto. Anche la data in cui lo scambio deve avvenire tramite il contratto a termine viene predefinita.

Il contratto a termine presenta elementi di rischio e rendimento per le parti coinvolte nel contratto; per chi acquista il contratto a termine, il rischio consiste nel deprezzamento del bene durante la vita del contratto derivato.

Infatti, il prezzo è già prestabilito; l’acquirente si troverebbe costretto, in questo caso, a pagare un prezzo superiore a quello di mercato, a scadenza del contratto. Per chi vende questo strumento derivato, invece, lo scenario è opposto: sarebbe l’apprezzamento dello strumento in questione a determinare una perdita in conto capitale. Sono contratti a termine sia il contratto forward (strumenti derivati negoziati al di fuori dei mercati regolamentati); sia i futures, che sono invece negoziati su mercati regolamentati e sono pertanto standardizzati, con scadenza, dimensione e regole di contrattazione prestabilite.

Gli swap

Lo swap è uno strumento derivato attraverso il quale le due parti coinvolte nel contratto si accordano per scambiarsi predeterminate somme di pagamenti in date prefissate all’inizio del contratto. Gli swap sono strumenti derivati OTC, ossia over-the counter, non scambiati sui mercati regolamentati. In base al sottostante cui fa riferimento il derivato, abbiamo differenti tipologie di swap.

Interest rate swap

Si tratta di contratti attraverso i quali le controparti si accordano per lo scambio periodico di interessi; questi sono calcolati su una prestabilita somma di denaro, che a sua volta assume il nome di capitale nozionale di riferimento (notional principal amount). Il flusso di pagamenti prosegue per tutta la durata del contratto. Esistono varie forme di interest rate swap, ma quella maggiormente utilizzata viene definita plain vanilla swap, che consiste nell’avere uno dei due flussi basato su un pagamento a interesse con tasso fisso, mentre il secondo ha un’indicizzazione su un tasso variabile. Il profilo di rischio/rendimento del prodotto è ovviamente determinato dalle variazioni dei tassi di interesse nel corso della vita del prodotto.

Currency swap

Sono un’altra tipologia di swap finanziari, le parti in questo “scambio di valute” si impegnano a scambiarsi il capitale e gli interessi in una valuta contro capitale ed interessi denominati in un’altra valuta.

Asset swap

Sono contratti swap che prevedono uno scambio periodico in relazione ad un titolo obbligazionario (appunto l’asset in questione) posseduto da una delle due parti

La Consob specifica nella sezione relativa ai derivati asset swap: “Chi detiene l’obbligazione corrisponde l’interesse connesso all’obbligazione. L’altra parte riceve l’interesse dell’obbligazione e paga un tasso di natura diversa (se l’obbligazione è a tasso fisso pagherà un variabile e viceversa)”.

Credit Default Swap

I credit default swap sono i famosi contratti derivati legati al rischio di fallimento di un sottostante (ossia il rischio di credito), che viene retribuito a pagamenti effettuati a favore della controparte. Sostanzialmente ci si protegge dal rischio di credito di un determinato sottostante (una specifica emissione, o una banca, piuttosto che un’emittente o un portafoglio di strumenti finanziari).

Le opzioni

Le opzioni sono un prodotto finanziario derivato che attribuiscono all’acquirente la facoltà, ma non l’obbligo, di acquistare (tramite un’opzione call), oppure di vendere (attraverso un’opzione put) una determinata quantità di un determinato sottostante entro o a una certa data prefissata.

Si parla di opzione americana se l’opzione può essere esercitata entro tale data, di opzione europea se l’opzione può essere esercitata al raggiungimento della stessa. I sottostanti su cui si basa l’opzione possono essere di vario genere, devono in ogni caso essere scambiati su mercati regolamentati con quotazioni ufficiali. Possono essere attività finanziarie (si pensi a azioni, obbligazioni, valute o altri strumenti finanziari), nonché’ merci (come l’oro, il grano, il succo di arancia).

Anche in questo caso rischio e rendimento dell’acquirente e del venditore sono determinati dall’andamento del prodotto finanziario a cui sono legati. Un incremento del valore del prezzo sottostante premierà l’acquirente di un’opzione call (con una potenziale perdita per il venditore dell’opzione), viceversa una discesa del prezzo premierebbe chi ha acquistato un’opzione put, assicurandosi il diritto di poter vendere un determinato sottostante ad un prezzo superiore a quello di mercato.

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