Glossario Archivi - Investire-Certificati.it https://www.investire-certificati.it/category/formazione/glossario/ I migliori certificati di investimento li trovi su investire-certificati.it Mon, 24 Feb 2025 19:09:38 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.7.2 https://www.investire-certificati.it/wp-content/uploads/2021/06/cropped-android-chrome-192x192-1-32x32.png Glossario Archivi - Investire-Certificati.it https://www.investire-certificati.it/category/formazione/glossario/ 32 32 La Microeconomia https://www.investire-certificati.it/la-microeconomia/ Wed, 01 Jan 2025 21:19:00 +0000 https://www.investire-certificati.it/?p=32825 Cos’è la microeconomia? Cosa tratta la microeconomia? Quali argomenti studia? Quali sono le differenze fra la microeconomia e la macroeconomia? Una spiegazione semplice a queste importanti domande. Cos’è la microeconomia La prima domanda a cui cerchiamo di dare una risposta è “cos’è la microeconomia”? Partiamo con una definizione La microeconomia è la scienza che studia […]

L'articolo La Microeconomia proviene da Investire-Certificati.it.

]]>
Cos’è la microeconomia? Cosa tratta la microeconomia? Quali argomenti studia? Quali sono le differenze fra la microeconomia e la macroeconomia? Una spiegazione semplice a queste importanti domande.

Cos’è la microeconomia

microeconomia

La prima domanda a cui cerchiamo di dare una risposta è “cos’è la microeconomia”? Partiamo con una definizione

La microeconomia è la scienza che studia il comportamento delle singole persone e di come l’insieme di questi comportamenti influenzi l’economia.

Un esempio: quando usciamo di casa per andare a comprare il pane dal panettiere o le verdure dal verduriere stiamo facendo delle azioni che possono essere studiate da un punto di vista microeconomico. Ma come agiscono le varie persone – o meglio la somma delle azioni economiche delle varie persone – sul sistema economico? Per regolamentare questa scienza si sono dovute fare alcune importanti assunzioni.

Le assunzioni principali

Le principali assunzioni alla base della microeconomia sono le seguenti:

  • Le risorse in un mercato sono scarse o comunque limitate e non infinite. Questo comporta un numero di scelte limitate per il consumatore, in quanto neanche le risorse necessarie per soddisfare i vari bisogni sono infinite.
  • Ogni individuo opera in piena razionalità, ovvero prende le sue scelte cercando di massimizzare la propria utilità e le proprie risorse, conoscendo sia le logiche di mercato che i suoi bisogni di beni e servizi.
  • Ogni individuo opera cercando di massimizzare la propria utilità marginale. Con utilità marginale intendiamo il grado di soddisfazione genera in una persona l’aggiunta di un’ulteriore unità di un bene o di un servizio. L’utilità marginale è decrescente.
  • Per chiarire facciamo un esempio: una prima tazzina di caffe genera un’alta utilità marginale, una seconda può continuare ad essere piacevole, ma il sesto ci potrebbe rendere nervosi e quindi raggiunge un’utilità marginale nulla se non negativa. Con il crescere del numero di beni acquisiti cala l’utilità marginale, fino a diventare negativa.

Queste assunzioni fondamentali di tutte le teorie microeconomiche non si verificano però sempre. Le teorie microeconomiche, come tutte le scienze che studiano i comportamenti dell’essere umano, cercano di razionalizzare per ricondurre ad alcuni modelli della realtà. Queste teorie servono per fare delle utili previsioni, che però non sempre si realizzano anche perché il comportamento umano non è sempre razionale. Spesso inoltre l’individuo non conosce appieno i suoi bisogni o le logiche del mercato.

Le teorie microeconomiche sono comunque oggetto di studi e questo ha comportato la revisione ed il superamento di alcune teorie che non hanno superato (in parte o appieno) la prova dei fatti.

Cosa tratta la microeconomia

Come abbiamo accennato in precedenza ogni nostra scelta nel mercato è un’azione che può essere studiata dalla microeconomia. Questo implica che la microeconomia studi tutte le scelte sia del consumatore, che del venditore, che delle varie situazioni che queste interazioni generano sia nel breve che nel lungo periodo.

Il consumatore

microeconomia

Nelle scelte del consumatore bisognerà quindi includere anche la sua scelta di impiegare il suo tempo nel lavoro, che gli permetterà di incassare un reddito. Questo reddito, assieme al reddito del passato che si è riuscito a risparmiare o ad ottenere in altri modi, ovvero il patrimonio costituirà il suo capitale disponibile. Con il capitale disponibile il consumatore potrà quindi scegliere di acquistare beni e servizi nell’economia oppure, una volta che avrà soddisfatto le sue utilità marginali potrà decidere di risparmiare. Quando l’utilità marginale dell’acquisto di un bene o servizio sarà inferiore a quella del risparmio di risorse per il futuro il consumatore deciderà quindi, in base al principio della piena razionalità di risparmiare.

La microeconomia non valuta solo il singolo mercato: se, per esempio, il prezzo delle patate fritte aumenta ed il prezzo dei popcorn resta invariato, all’aumentare del prezzo delle patate fritte, sempre più consumatori sceglieranno di acquistare dei popcorn. Ecco quindi un effetto di sostituzione dei beni.

Questo perché l’utilità marginale inizialmente sarà maggiore in quanto con la stessa quantità di denaro potranno acquistare una maggiore quantità di popcorn. Dopo un certo periodo però questo fenomeno si interromperà perché l’utilità marginale delle patate fritte tornerà ad essere superiore a quella dei popcorn, questo perché l’utilità marginale dei popcorn scenderà mentre quella delle patate fritte non essendo più comprate rimarrà stabile. In questo esempio abbiamo analizzato il mercato di due beni succedanei.

Il venditore

Sembrerà banale dirlo, ma bisogna ricordare che ogni venditore mira a massimizzare il suo profitto. Questo comporta che il venditore dovrà sia massimizzare il prezzo di vendita, che minimizzare i vari costi di acquisto delle materie prime e dei servizi. Questi costi possono essere fissi (se non variano al variare delle quantità prodotte) o variabili (se all’aumentare delle quantità prodotte variano). Anche alla produzione bisogna applicare il principio dell’utilità marginale: ogni lavoratore che viene aggiunto alla produzione crea dei costi, ma la produzione non aumenta allo stesso modo: per cui per ogni lavoratore che si inserisce ogni unità che si produce aumenta di costo. Si arriva così al concetto di costo marginale. In base alle varie forme di mercato si svilupperanno le varie teorie di produzione per massimizzare il ricavo dell’impresa.

Altre aree della microeconomia

Questi sono solamente alcuni degli aspetti analizzati dalla microeconomia. Infatti, ad esempio, ci sono teorie microeconomiche che si basano anche sul tipo di mercato che si instaura: monopolio, bipolio (ovvero un mercato con due soli venditori), oligopolio, concorrenza imperfetta, concorrenza perfetta, ecc… Non bisogna inoltre trascurare le teorie microeconomiche che studiano gli equilibri, l’ottimo paretiano, la funzione di utilità sociale, le esternalità, i beni pubblici, i fallimenti del mercato e tante altre ancora.

microeconomia

Differenza tra microeconomia e macroeconomia

Per definire la differenza tra la microeconomia e la macroeconomia è indispensabile specificare cosa si intende con il termine macroeconomia. Questa è l’insieme degli studi degli aggregati economici ovvero il reddito nazionale, l’inflazione, la disoccupazione ecc… La macroeconomia è quindi la somma dei comportamenti e della scelta dei vari attori della microeconomia. Questo confine si sta però sempre più diluendo col passare degli anni in quanto per approfondire le dinamiche degli aggregati economici è necessario analizzare i mercati e la loro composizione.

Conclusioni

Come abbiamo analizzato, tutti i nostri comportamenti nei mercati sono studiabili dalla microeconomia e inquadrabili all’interno di alcuni modelli. Questi modelli matematici condurranno alle soluzioni che massimizzano le varie utilità marginali e spesso regolano (alle volte anche inconsciamente) il mercato. Come detto, queste teorie non sono però infallibili (anche perché le assunzioni alla base della microeconomia raramente si riescono a realizzare), ma sicuramente valgono la pena di essere studiate ed approfondite.

Per approfondire

L'articolo La Microeconomia proviene da Investire-Certificati.it.

]]>
Carry Trade in Borsa https://www.investire-certificati.it/carry-trade-in-borsa/ Sat, 30 Nov 2024 14:34:07 +0000 https://www.investire-certificati.it/?p=34271 Negli ultimi mesi abbiamo spesso sentito parlare di carry trade, in particolare sul cambio dollaro/yen. Ma cosa è il carry trade e in cosa consiste? Quali sono i vantaggi e i rischi del carry trade? Ecco un focus su questa modalità di investimento. Cosa è il carry trade Partiamo da una definizione. Il carry trade […]

L'articolo Carry Trade in Borsa proviene da Investire-Certificati.it.

]]>
Negli ultimi mesi abbiamo spesso sentito parlare di carry trade, in particolare sul cambio dollaro/yen. Ma cosa è il carry trade e in cosa consiste? Quali sono i vantaggi e i rischi del carry trade? Ecco un focus su questa modalità di investimento.

Cosa è il carry trade

Partiamo da una definizione. Il carry trade è una strategia di investimento attraverso la quale l’investitore si indebita in una valuta con bassi tassi di interesse e li investe in una divisa con tassi di interesse più elevati. L’investitore mira a guadagnare sulla differenza fra i tassi di interesse.

Il profitto può essere ancora più elevato se la divisa acquistata si apprezza contro quella venduta, mentre un apprezzamento della divisa con tassi più bassi riduce il profitto o genera una perdita.

Il carry trade è una modalità di investimento diffusa sui mercati finanziari, utilizzata principalmente da investitori istituzionali come hedge fund e banche, ma anche da investitori privati. Vediamo in dettaglio come funziona, con esempi e spiegazioni più dettagliate.

Il Carry Trade contro lo yen

La valuta principe su cui applicare il carry trade è stata negli anni lo yen, anche se non è senz’altro l’unica. Di fatto si vende yen, comprando per esempio dollari americani o dollari australiani (o altre valute con un tasso interesse decisamente più alto di quello giapponese).

Lo yen negli ultimi anni ha avuto tassi negativi, per anni fermi al -0,10%. Soltanto nel 2024 la Banca centrale giapponese li ha alzati dapprima allo 0,10% e successivamente allo 0,25%. Le aspettative sono per un altro rialzo dei tassi a breve. Si è ridotto il differenziale con i tassi americani ed europei, che resta comunque ancora significativo, nell’ordine di 3-4 punti percentuali.

Come Funziona il Carry Trade?

Il carry trade richiede una fase di studio da parte dell’investitore, che deve individuare valute con tassi di interesse diversi e ipotizzare un trend favorevole che permetta l’attuazione del carry trade con profitto.

investimenti in borsa

Vediamo le varie fasi del carry trade. Dopo aver studiato i mercati, si prende a prestito una valuta con un tasso di interesse basso (per esempio lo yen). La valuta presa a prestito viene venduta contro una valuta che ha un tasso di interesse più alto. Ecco, quindi, che si costruisce una posizione con swap favorevole. Il costo di finanziamento per tenere aperta la posizione è quindi negativo, ossia a favore dell’investitore (a credito).

Per esempio, si va lunghi di dollaro australiano o dollaro americano contro lo yen giapponese (o il franco svizzero). Il carry trade è di fatto già in essere. È sufficiente che la valuta su cui si è long non si deprezzi per ottenere un profitto dal differenziale di tassi. Il tempo gioca a favore dell’investitore, che incassa quotidianamente lo swap (o rollover) generato dall’investimento.

È però possibile investire il denaro preso in prestito (nel caso in cui l’operazione sia stata fatta fisicamente) su strumenti finanziari con un rendimento aggiuntivo.

Come si guadagna?

Dove si guadagna? L’investitore guadagna dalla differenza tra il tasso di interesse pagato sul prestito e il rendimento ottenuto dagli investimenti. Se il tasso di interesse in Giappone è dello 0,5% e il rendimento sugli investimenti in dollari USA è del 5%, l’investitore guadagna una differenza del 4,5%.

Per ottenere il rendimento netto vanno considerati i costi sostenuti per il cambio ed eventuali tassazioni da capital gain. Nel caso in cui si faccia trading con i CFD si ottiene un rendimento leggermente inferiore al differenziale fra i tassi, in base a quello che è il reale costo di finanziamento offerto dai liquidity provider al broker.

Pro e Contro del Carry Trade

Pro e contro: quali sono i vantaggi ed i rischi di questa strategia di investimento? Il carry trade non è certamente esente da rischi, come tutti gli investimenti. Pensiamo a chi avesse una posizione lunga sul dollaro contro lo yen. In questo caso il carry trade è funzionato molto bene fino a luglio 2024, con il cambio USD/JPY salito ai massimi da oltre 35 anni in area 162. Successivamente, però, è seguita una rapida discesa, di circa 2000 pips, portando il cambio a 140, mentre l’indice giapponese NIKKEI crollava. Di fatto un movimento contrario importante che ha spinto molti investitori a smantellare, almeno in parte, le posizioni aperte. Nelle settimane seguenti USD/JPY è tornato ad apprezzarsi dopo le rassicurazioni di Ueda e della Bank of Japan su politiche monetarie espansive, ancora in grado quindi di permettere il carry trade.

L’investitore deve quindi monitorare costantemente la posizione, ma anche le mosse delle banche centrali, come Federal Reserve e BCE in termini di tassi di interesse, modificando la propria esposizione in base alle condizioni di mercato.

I rischi del carry trade

Quali sono quindi i rischi del carry trade? Troviamo, come visto, il rischio di cambio. La valuta su cui si è short, potrebbe apprezzarsi. In questo caso si va incontro ad una potenziale perdita o quantomeno ad un profitto minore rispetto al differenziale dei tassi fra le due valute. Ad esempio, se lo yen giapponese si apprezza rispetto al dollaro australiano, l’investitore potrebbe ottenere meno yen quando riconverte i suoi dollari australiani.

Un secondo rischio è legato al tasso di interesse, elemento chiave alla base di questa operatività. Nel caso in cui la banca centrale della valuta con tassi bassi alzi i tassi, il differenziale si ridurrebbe, riducendo i margini. In altre parole, se i tassi di interesse aumentano nella valuta di prestito o diminuiscono nella valuta di investimento, i guadagni del carry trade possono ridursi (o diventare una perdita).

Nel caso in cui il denaro cambiato venga anche investito in attività finanziarie, i fondi del carry trade possono essere soggetti a rischi di mercato. Per esempio, se avessimo operato carry trade su yen giapponese e dollaro australiano, per poi investire sul mercato azionario australiano, qualora dovesse stornare, l’investitore potrebbe subire perdite sui suoi investimenti in azioni australiane.

Forex, valute: altri articoli ed approfondimenti

L'articolo Carry Trade in Borsa proviene da Investire-Certificati.it.

]]>
Split azioni e frazioni di azioni: cosa sono? https://www.investire-certificati.it/split-azioni-e-frazioni-di-azioni-cosa-sono/ Fri, 02 Aug 2024 09:32:00 +0000 https://www.investire-certificati.it/?p=33934 Split azionario, frazioni di azioni e raggruppamento azionario: cosa si intende con questi termini e cosa implicano per l’investitore in borsa? Split delle azioni e frazionamento delle azioni sono due concetti estremamente differenti. In questo articolo partendo dallo split di grandi titoli azionari come Tesla e Nvidia, abbiamo esaminato il concetto di raggruppamento azionario e […]

L'articolo Split azioni e frazioni di azioni: cosa sono? proviene da Investire-Certificati.it.

]]>
Split azionario, frazioni di azioni e raggruppamento azionario: cosa si intende con questi termini e cosa implicano per l’investitore in borsa?

Split delle azioni e frazionamento delle azioni sono due concetti estremamente differenti. In questo articolo partendo dallo split di grandi titoli azionari come Tesla e Nvidia, abbiamo esaminato il concetto di raggruppamento azionario e di frazioni di azioni.

Split azionario

Cosa è lo split di un’azione? Negli ultimi anni numerosi titoli del settore tecnologico americano hanno effettuato uno split azionario. Fra questi ricordiamo Tesla e più recentemente Nvidia. Di fatto le azioni in circolazione sono state “divise” in nuove azioni, con un valore nominale inferiore. Per l’investitore in linea di principio non cambia nulla. Per esempio, nel caso di uno split 5:1 il numero di azioni crescerà di 5 volte, mentre il valore nominale dovrebbe scendere conseguentemente. Per esempio, se un’azione vale 500 prima di uno split 5:1 il suo valore scenderà a 100.

Spesso l’annuncio di uno split azionario favorisce un rialzo del titolo sottostante, attraendo nuove masse di investimento. Anche se il rialzo non sempre è necessariamente di lunga durata. In linea generale possiamo comunque dire che gli split avvengono su titoli inseriti in forti trend rialzisti, che hanno quindi determinato un’importante crescita del valore nominale della singola azione.

Split azioni Nvidia e Tesla

AZIONI NVIDIA

Fra i più recenti split troviamo quello delle azioni di Nvidia. E’ avvenuto a giugno 2024 con un rapporto 10:1, ossia l’investitore ha ricevuto dieci nuove azioni per ogni precedente titolo detenuto in portafoglio. Le azioni del colosso dei microchips erano arrivate ad un valore nominale unitario superiore ai 1000 dollari. Dopo lo split (che ha quindi aumentato di dieci volte il numero di azioni in circolazione), si è ripartiti da circa 105 dollari per azione. Al momento il valore del titolo è nuovamente salito, arrivando a 125 dollari. Fra i precedenti split azionari di Nvidia ricordiamo quello 4:1 del 2021.

E gli split delle azioni di Tesla? Sono stati due. Tesla ha effettuato un primo split (5:1) nel 2020, per poi effettuarne un secondo nel 2022 (3:1). Complessivamente ha quindi aumentato il numero di azioni in circolazione di 15 volte per evitare che il titolo arrivasse a valere migliaia di dollari.

Azioni frazionate

Concetto diverso sono invece le frazioni di azione. Lo split azionario non è infatti da confondere con la possibilità di acquistare azioni frazionate, ossia una frazione di azione (meno di un’azione intera quindi, oppure 1,25 o 2,50 azioni).

Alcune piattaforme per il trading online oggi permettono agli investitori di acquistare una frazione di azione. Dipende anche dal trading broker scelto per l’operatività. Uno strumento interessante per chi desidera investire piccole cifre o per chi vuole operare un’allocazione di portafoglio bilanciata e precisa, o anche per i piani di accumulo. E’ utile con titoli che hanno un valore nominale elevato, certamente non con le penny stocks.

Cosa è il raggruppamento azionario?

Il raggruppamento è invece l’operazione inversa rispetto allo split azionario. Di fatto, il raggruppamento si rende opportuno quando il valore unitario dell’azione ha raggiunto un valore particolarmente basso. In inglese il raggruppamento azionario è definito come Reverse stock split. Il raggruppamento azionario in sintesi riduce il numero complessivo di azioni in circolazione, aumentandone il valore unitario.

Pertanto, un raggruppamento (come quello delle azioni Juventus di gennaio 2024), determinerà una situazione di 1:5 o 1:10, per esempio. Verrà quindi consegnata una nuova azione ogni 5 o 10 titoli precedentemente posseduti in portafoglio. Nel caso del raggruppamento delle azioni Juventus, il titolo quotava a circa 22 centesimi di euro. Con un raggruppamento 1:10, il valore della singola azione è salito a 2,20 euro ed il numero di azioni in circolazione è sceso del 90%, precisamente da 2.527.478.770 a 252.474.877.

In entrambi i casi di raggruppamento e split azionario la capitalizzazione di mercato dell’azienda non cambia, così come non cambia il controvalore dell’investimento in portafoglio.

L'articolo Split azioni e frazioni di azioni: cosa sono? proviene da Investire-Certificati.it.

]]>
Corso Secco e Prezzo Tel Quel https://www.investire-certificati.it/corso-secco-e-prezzo-tel-quel/ Thu, 09 May 2024 16:12:13 +0000 https://www.investire-certificati.it/?p=33217 Cosa vuol dire “corso secco” o “tel quel” quando si parla del prezzo di un’obbligazione o di uno strumento finanziario? In borsa i titoli possono essere negoziati a corso secco, ossia “ex cedola”, oppure tel quel” (al prezzo corrente). Ecco il funzionamento. “Prezzo Tel Quel” Con prezzo corrente si indica il prezzo che il compratore […]

L'articolo Corso Secco e Prezzo Tel Quel proviene da Investire-Certificati.it.

]]>
Cosa vuol dire “corso secco” o “tel quel” quando si parla del prezzo di un’obbligazione o di uno strumento finanziario? In borsa i titoli possono essere negoziati a corso secco, ossia “ex cedola”, oppure tel quel” (al prezzo corrente). Ecco il funzionamento.

“Prezzo Tel Quel”

Con prezzo corrente si indica il prezzo che il compratore effettivamente deve pagare al venditore. Sono quindi inclusi diritti accessori come il rateo di interesse legato a cedole o dividendi maturati.

Il prezzo tel quel include quindi interessi o eventuali cedole in arrivo ed è determinato dal costo puro del prodotto e dal rateo maturato sino al momento dell’acquisto. È pertanto pari alla somma del prezzo a corso secco incrementato di interessi maturati.

Fra gli strumenti negoziati tel quel troviamo, a titolo esemplificativo, le azioni e i certificati di investimento. Dopo lo stacco di un dividendo un titolo azionario tenderà a scendere in maniera proporzionale. Al tempo stesso, dopo uno stacco di un premio del 2%, un certificato di investimento – a parità di altre condizioni – tenderà a scendere di circa due punti percentuali.

“Corso Secco

obbligazioni

Quando si parla di “corso secco”, invece, si parla di un prezzo di negoziazione che non include i diritti accessori. Pertanto, non sono inclusi rateo di interessi quando parliamo di bond sul mercato obbligazionario o dividendi nel comparto azionario.

Operativamente sono negoziati a corso secco la gran parte delle obbligazioni, i Titoli di Stato e le ABS. Pertanto, quando si acquista uno di questi prodotti finanziari si pagano il corso secco e gli interessi maturati fino al momento in cui si compra lo strumento finanziario. Il compratore dovrà remunerare il venditore del rateo di interessi maturato mentre ha detenuto il bond.

Per spiegare meglio il tutto, il corso secco può essere visto come la differenza fra il prezzo tel-quel e il rateo di interessi o dividendi.

Esempio di negoziazione al corso secco

Ipotizziamo che un BTP, ossia un bond governativo italiano con lunga scadenza, paghi cedole annuali del 5%, corrisposte tramite coupon semestrali del 2,5% lordo. La quotazione avviene a corso secco. Come si calcola il rateo da corrispondere al venditore?

Poniamo, per semplicità, che i premi siano pagati in data 1° gennaio e 1° luglio. Sempre a titolo di esempio, ipotizziamo che il bond venga venduto alla fine del primo trimestre (dopo 90 giorni). Il rateo sarà pari a 5%/365*90= 1,23287. Pertanto, al prezzo spot del prodotto occorrerà aggiungere l’1,23287%, l’ammontare di interessi maturato nei 90 giorni in cui il titolo è stato mantenuto in portafoglio dal precedente possessore del BTP.

Siccome sono a corso secco tutti i BTP, anche i BTP Valore (come quelli emessi nel 2024 dal Ministero dell’Economia e della Finanza) sono a corso secco. Il prezzo effettivo per il loro acquisto anche in questo caso sarà dato dal prezzo a corso secco più il rateo sulla quota interesse maturato fino a quel momento.

Tassazione in BTP e azioni

Per quanto riguarda l’aspetto fiscale, la tassazione di un’obbligazione statale, come i BTP, è pari al 12,5%, importo che andrà pagato alle casse dello Stato. Nei bond corporate, nelle azioni, così come nei dividendi azionari, nei certificates, la tassazione è invece al 26%.

Zero coupon bond

Come funzionano gli zero coupon bond? Si tratta di bond che non prevedono il pagamento di interessi o cedole. Il profitto dell’investitore è dato dallo scarto fra il prezzo di acquisto e il rimborso dell’obbligazione. Per esempio, ipotizzando un bond in acquisto a 97 e rimborso a 100 euro, il rendimento sarà rappresentato dalla differenza fra il 100 e 97, ossia 3 euro. In questo caso non fa quindi distinzione parlare di corso secco o prezzo tel-quel in quanto non sono previste cedole o dividendi.

Corso secco e prezzo tel quel – Conclusioni

Cosa sono quindi in parole semplici “corso secco” e “prezzo tel quel” in borsa? Riassumiamo in maniera semplice questi concetti.

  • Negoziazione a corso secco – È applicata nella negoziazione delle obbligazioni. Il prezzo spot non include il rateo di interessi o cedole maturati. Il compratore dovrà pertanto pagarli al venditore
  • Prezzo tel-quel – In questo caso, invece, ratei e dividendi maturati sono inclusi nel prezzo spot, che riflette l’esatto ammontare da pagare al venditore.
  • Come possiamo calcolare il prezzo tel quel? Operativamente il prezzo tel-quel è dato dalla somma di prezzo a corso secco e rateo.

L'articolo Corso Secco e Prezzo Tel Quel proviene da Investire-Certificati.it.

]]>
Cedola Condizionata https://www.investire-certificati.it/cedola-condizionata/ Wed, 09 Aug 2023 08:38:00 +0000 https://www.investire-certificati.it/?p=28985 Cosa vuol dire cedola condizionata? Nei certificati di investimento ed anche nelle obbligazioni si parla spesso di cedole condizionate (o premi condizionati). Ecco un approfondimento sul tema, ripartendo dal concetto di cedola, per vedere la differenza fra una cedola fissa ed una condizionata. Cosa sono le cedole? Le cedole rappresentano la remunerazione dell’investitore nei certificati […]

L'articolo Cedola Condizionata proviene da Investire-Certificati.it.

]]>
Cosa vuol dire cedola condizionata? Nei certificati di investimento ed anche nelle obbligazioni si parla spesso di cedole condizionate (o premi condizionati). Ecco un approfondimento sul tema, ripartendo dal concetto di cedola, per vedere la differenza fra una cedola fissa ed una condizionata.

Cosa sono le cedole?

Le cedole rappresentano la remunerazione dell’investitore nei certificati di investimento e nelle obbligazioni. Tecnicamente per i certificates sarebbe corretto parlare di premi, lasciando il termine cedole alle obbligazioni. Oggi giorno, però, la dicitura cedola è ampiamente utilizzata anche per i certificates. Talvolta oltre a “premio”, si utilizza anche “importo bonus”.

Cedola Condizionata

Quando si parla di cedole condizionate? Da definizione una cedola è condizionata quando il suo pagamento è legato al verificarsi di determinate condizioni di prezzo.

Per esempio, nel caso in cui vi sia una barriera cedolare del 60%, il certificato pagherà la cedola del periodo a patto che il sottostante si trovi sopra tale livello. Nel caso in cui l’azione sottostante alla data di rilevazione si trovi al 55% del prezzo iniziale, la cedola condizionata non sarà pagata.

Cedole condizionate a memoria

Nell’ipotesi in cui l’azione o l’indice sottostanti si trovino sotto il livello barriera, non sarà pagato il coupon. In molti certificati, però, è presente l’effetto memoria delle cedole. Se un premio non viene pagato può essere recuperato in una successiva finestra cedolare nel caso in cui il sottostante si trovi nuovamente sopra il livello barriera. Qualora le cedole condizionate portate a memoria fossero più di una, sarebbero pagate tutte in un’unica soluzione. In sintesi, è possibile portare a memoria anche più di una cedola condizionata.

L’effetto memoria delle cedole è particolarmente utile soprattutto nei certificates con una vita lunga. Permette di assorbire al meglio eventuali turbolenze temporanee sui mercati. per esempio, dopo il crollo del marzo 2020 derivante dalla pandemia del Covid, i mercati azionari hanno messo a segno un poderoso recupero.

In molti certificates le cedole condizionate di quei mesi non erano state pagate, in quanto le azioni o gli indici sottostanti si trovavano sotto le rispettive barriere. Il successivo recupero in molti casi ha permesso agli investitori di ottenere il pagamento delle cedole precedentemente non pagate (quanto i sottostanti sono tornati sopra barriera e quando era presente l’effetto memoria).

Cedole fisse

Certificati Cedole Fisse

Cosa sono invece le cedole fisse? Si parla di cedole fisse quando il loro pagamento è slegato dall’andamento dei sottostanti cui il certificato fa riferimento. In questi prodotti le cedole sono quindi pagate incondizionatamente. Talvolta si parla anche di cedole garantite, in quanto il loro pagamento non è condizionato ad un predeterminato livello di prezzo dei titoli cui fa riferimento il certificato.

Chiaramente la garanzia di incassare le cedole previste dal certificato tenderà ad abbassare in rendimento potenziale del certificato. Al tempo stesso, qualora le cose andassero male, l’investitore avrebbe la garanzia di incassare un numero prestabilito di cedole. Le cedole fisse, a differenza delle cedole condizionate, forniscono quindi una sorta di cuscinetto protettivo per l’investitore, il tutto determinando un rendimento leggermente inferiore.

Cedole condizionate e cedole fisse

In un certificato possono essere presenti sia cedole condizionate che cedole fisse. Capita questo scenario a volte nei certificati con maxicedola, dove il premio iniziale è garantito, mentre le successive cedole sono condizionate. Altre volte troviamo le prime 3 o 6 cedole fisse garantite, seguite da cedole condizionate ad un determinato livello barriera.

Da notare come il livello barriera cedolare possa essere diverso dalla barriera capitale. Per esempio potremmo avere una barriera capitale del 50% ed una barriera per le cedole condizionate posizionata al 60%.

Periodicità

Le cedole possono avere varie periodicità. Solitamente sono mensili o trimestrali, ma non mancano i certificates con cedole semestrali o annuali. Recentemente Leonteq ha introdotto certificates con cedola settimanale. Per quanto riguarda le obbligazioni, invece, le cedole sono di norma pagate su base semestrale (come nel caso dei BTP, i buoni del Tesoro Poliennali) o su base annuale. In alcuni casi troviamo cedole trimestrali, come nelle recenti obbligazioni di BNP Paribas.

L'articolo Cedola Condizionata proviene da Investire-Certificati.it.

]]>
Azioni Growth e Azioni Value https://www.investire-certificati.it/azioni-growth-e-azioni-value/ Sun, 06 Mar 2022 12:07:00 +0000 https://www.investire-certificati.it/?p=22373 Qual è la differenza fra azioni growth e azioni value? Cosa vuol dire titoli value e titoli growth? Lo esaminiamo in questo articolo. Azioni value e azioni growth In ambito borsistico si è parlato molto negli ultimi mesi di “titoli value e titoli growth”. Cosa si intende con questa nomenclatura anglosassone? I titoli value sono […]

L'articolo Azioni Growth e Azioni Value proviene da Investire-Certificati.it.

]]>
Qual è la differenza fra azioni growth e azioni value? Cosa vuol dire titoli value e titoli growth? Lo esaminiamo in questo articolo.

Azioni value e azioni growth

In ambito borsistico si è parlato molto negli ultimi mesi di “titoli value e titoli growth”. Cosa si intende con questa nomenclatura anglosassone? I titoli value sono quelli con un alto valore intrinseco, mentre quelli growth con un forte potenziale di crescita.

Ma per spiegare il tutto nel dettaglio, partiamo da altri due termini inglesi, comunemente utilizzati dagli investitori italiani: price/earning, ossia il rapporto fra prezzo ed utili di un’azione. I titoli azionari con un rapporto price/earning elevato, sono definiti “growth”, ossia azioni dove si punta su una crescita futura.

L’alto rapporto fra il valore di mercato ed il prezzo di borsa è determinato da aspettative per una crescita negli anni a venire. Il valore intrinseco attuale, nel caso delle azioni growth, può essere relativamente basso. Non è tanto determinato dai flussi in arrivo dai dividendi nel breve termine (che sono spesso assenti), quanto piuttosto dalle attese per una crescita, su progetti aziendali in settori in forte crescita.

In sintesi, gli utili delle azioni value sono maggiori ma con minori prospettive di crescita, almeno in linea teorica. Mentre per quanto riguarda le azioni growth, come dice lo stesso nome, i margini e le potenzialità di crescita sono maggiori, anche se con un carattere di aleatorietà maggiore.

Azioni growth

azioni value e azioni growth

Un chiaro esempio di azioni growth è rappresentato dai titoli del settore tecnologico, capitanato dal NASDAQ, il principale indice del settore tech Usa.

I dividendi sul NASDAQ sono bassi o assenti, ma l’indice contiene una serie di titoli potenzialmente interessanti in ottica futura, come lo sono stati Facebook, Amazon, Apple, Netflix e Google negli ultimi vent’anni.

Profilo di rischio

Il profilo di rischio dei titoli growth è generalmente più alto rispetto a quello dei titoli value, che sono di norma maggiormente stabili, con una volatilità inferiore. Ciò è facilmente spiegabile considerando i dividendi maggiormente cospicui e costanti pagati da questi titoli. Con i titoli growth ci sono però maggiori potenzialità di crescita.

Esempi Azioni Value e Azioni Growth

Fra i titoli value, caratterizzati da un rapporto price/earning più modesto, ricordiamo il settore energetico, quello finanziario (sia il comparto bancario che quello assicurativo), così come quello alimentare.

Sul mercato italiano potremo indicare Enel, Eni, Banca Intesa come titoli value, a Wall Street lo sono le banche, i titoli petroliferi o aziende come Coca Cola. Sono invece azioni growth i FANG, come Facebook, Amazon, Netflix o Google.

Per quanto riguarda i titoli growth un chiaro esempio, come visto, è quindi rappresentato dal comparto tecnologico. La distinzione, però, non è sempre netta, in quanto il tema innovazione è ormai presente in tutti i grandi settori economici.

Cosa capita ai titoli growth con un rialzo dei tassi?

Torniamo all’attualità: come mai i titoli growth possono soffrire maggiormente un rialzo dei tassi di interesse? La ragione è anche in questo caso abbastanza semplice. Il valore attualizzato di una potenziale crescita futura, a causa del più alto costo del denaro, tende ad essere inferiore. Inoltre, i titoli growth spesso non pagano dividendi. Ed ancora, nel settore value ricadono il comparto bancario e quello energetico.

Un rialzo dei tassi per il settore finanziario è spesso positivo, perché può aumentare i margini di profittabilità (nonché il differenziale fra il tasso cui si presta denaro ed il tasso pagato sui depositi). Un rialzo dei tassi, inoltre, spesso coincide anche con scenari inflattivi. In un simile scenario, poi, è assai probabile che anche i prezzi delle materie prime del settore energetico si stiano apprezzando, con la possibilità – almeno in linea teorica – di maggiori ricavi per le aziende del comparto energetico.

Settore energetico vs FANG: ecco di seguito un certificato di investimento su azioni del settore energetico ed un certificato sui FAANG, un esempio di titoli value ed uno di titoli growth

Le analisi presentate in questi articoli non costituiscono in alcun modo sollecito all’investimento.

L'articolo Azioni Growth e Azioni Value proviene da Investire-Certificati.it.

]]>
Glossario dei Certificati di Investimento https://www.investire-certificati.it/glossario-dei-certificati-di-investimento/ Sat, 29 Jan 2022 21:20:00 +0000 https://www.investire-certificati.it/?p=238 Il glossario dei certificati di investimento può risultare talvolta complesso. Infatti, anche i certificates, come ogni altro settore della finanza, hanno un loro vocabolario tecnico, che varia dalle tipologie dei singoli certificati, ad una serie di parole legate alla creazione e al prezzo del certificato.  Fra le parole da comprendere nel glossario principale dei certificati […]

L'articolo Glossario dei Certificati di Investimento proviene da Investire-Certificati.it.

]]>
Il glossario dei certificati di investimento può risultare talvolta complesso. Infatti, anche i certificates, come ogni altro settore della finanza, hanno un loro vocabolario tecnico, che varia dalle tipologie dei singoli certificati, ad una serie di parole legate alla creazione e al prezzo del certificato

Fra le parole da comprendere nel glossario principale dei certificati di investimento troviamo senz’altro (ma non soltanto) quelle che seguono, mentre per la trattazione delle varie tipologie dei certificati di investimento rimandiamo alle pagine specifiche su tipologie di certificati e categorie di certificati.

Un piccolo glossario di base relativo ai certificati di investimento:

Certificates
Certificates
  • Strike price: nei certificati di investimento è il valore iniziale dell’attività finanziaria sottostante, ossia il prezzo del sottostante al momento della prima data di valutazione iniziale
  • Certificato low strike (o certificates con airbag) in estrema sintesi lo strike, o prezzo iniziale, viene calcolato ad una frazione del suo valore reale (per ipotesi 50 o 60 o 70%). In questa maniera nel caso in cui il valore del sottostante dovesse crollare al di sotto della barriera, la perdita dell’investitore risulta decisamente più contenuta.
  • Autocallable: sono denominati autocallable i certificati che presentano la possibilità di rimborso anticipato del certificato di investimento. Tale rimborso avviene al prezzo di sottoscrizione – o talvolta ad un prezzo superiore – con l’aggiunta delle cedole dovute fino al momento al verificarsi di predeterminate condizioni di mercato, ossia se il sottostante si trovi al di sopra o al di sotto di un determinato valore.
  • Cap: nel vocabolario dei certificati di investimento indica un limite alla partecipazione dello strumento ai movimenti del sottostante (in caso di rialzi superiori ad un determinato valore il possessore del certificato di investimento percepirà il valore cap).
  • Barriera: è un valore particolarmente importante nei certificati di investimento, perché rappresenta la soglia entro la quale l’investitore riceve eventuali cedole, piuttosto che il rimborso dell’intero capitale o di una parte del medesimo. Esemplificando il tutto, in un certificato con barriera cedolare al 70% e barriera capitale al 50%, l’investitore riceverebbe la cedola nel caso in cui il sottostante si trovasse ad una determinata data di osservazione al di sopra del 70% del valore iniziale, parimente a fine certificato riceverebbe l’intero valore nominale, a patto che il sottostante non sia crollato del 50% rispetto al prezzo di strike. Chiaramente quello qui presentato è un mero esempio e quando si acquista un certificato di investimento è d’obbligo leggere nel dettaglio tutto il prospetto informativo per comprendere le condizioni proposte dalla società emittente ed il funzionamento del certificato di investimento.
  • Multiplo: si tratta del rapporto che intercorre fra il valore nominale del certificato di investimento (solitamente 100 oppure 1.000 euro o dollari), e il valore iniziale dell’attività finanziaria sottostante (strike price). Permette all’investitore di comprendere quante unità sono controllate da un singolo certificato.
  • Emittente: si tratta appunto della società che emette il certificato. Può essere una società operante soltanto nel mondo dei certificati di investimento, oppure la divisione di Investment Banking di una banca d’affari, operante appunto nella costruzione, nella quotazione e nella distribuzione a investitori professionali e retail del certificato di investimento. Per chi compra il prodotto, è fondamentale valutare l’affidabilità dell’emittente del certificato di investimento. Su questo punto, i giudizi di rating assegnati dalle agenzie del settore possono dare una mano, fornendo un giudizio sintetico sull’emittente.
  • Valuta: solitamente euro, dollaro, sterline, franchi svizzeri: ogni certificato è emesso e, successivamente quotato, con una prestabilita valuta che può essere indipendente da quella in cui viene normalmente espresso il sottostante. L’investitore dovrà prestare attenzione alla valuta con cui è denominato il certificato perché in taluni casi (come nei certificati di investimento relativi alle azioni americane, piuttosto che a quelli relativi a materie prime come oro e petrolio, tradizionalmente denominate in dollari) la valuta di riferimento potrebbe appunto essere quella americana, esponendo pertanto l’investitore al rischio di cambio, che potrà essere un fattore favorevole se la divisa in questione dovesse apprezzarsi, ma anche un elemento svantaggioso nello scenario opposto (quello di una svalutazione della divisa in cui è denominato il certificato di investimento).
  • Valore nominale: questo valore indica quello che è il prezzo del certificato di investimento che è stato definito dalla società che lo ha creato nella fase di costruzione. Solitamente i certificati vengono emessi con un valore nominale di 100 o 1.000 (euro o dollari, in base alla valuta cui fanno riferimento).
  • Prezzo di emissione: in fase di collocamento il certificato di investimento viene lanciato sul mercato ad un “prezzo di emissione”, che può essere alla pari, solitamente 100 o 1.000, ma anche sotto la pari rispetto al prezzo nominale (per esempio 950), offrendo quindi all’investitore un ulteriore vantaggio in termini di rendimento nel caso in cui venga tenuto fino a scadenza e se si verifichino le condizioni necessarie per far sì che venga rimborsato alla pari (per ipotesi a 1.000).
  • Certificato a sconto: indica il fatto che il certificato venga immesso sul mercato sotto la pari, ossia al di sotto del valore nominale. Si può anche dire che un certificato sia a sconto quando è trattato sotto la pari.
  • Sottostanti del certificato di investimento: si tratta dello strumento finanziario o degli strumenti finanziari a cui è legato il certificato e da cui deriva il prezzo del certificato.

L'articolo Glossario dei Certificati di Investimento proviene da Investire-Certificati.it.

]]>
Azioni FANG https://www.investire-certificati.it/azioni-fang/ Mon, 23 Aug 2021 07:02:00 +0000 https://www.investire-certificati.it/?p=16491 Cosa sono le azioni FANG? Conviene investire sulle azioni di Facebook, Apple, Google, Amazon, Netflix? Vediamo l’origine del nome FANG ed alcuni dettagli su questi colossi negoziati sul NASDAQ, la borsa americana per le azioni tecnologiche. Cosa vuol dire FANG? Con l’acronimo FANG si intendono quattro colossi americani nell’informatica e nella tecnologia. Le loro azioni […]

L'articolo Azioni FANG proviene da Investire-Certificati.it.

]]>
Cosa sono le azioni FANG? Conviene investire sulle azioni di Facebook, Apple, Google, Amazon, Netflix? Vediamo l’origine del nome FANG ed alcuni dettagli su questi colossi negoziati sul NASDAQ, la borsa americana per le azioni tecnologiche.

Cosa vuol dire FANG?

Con l’acronimo FANG si intendono quattro colossi americani nell’informatica e nella tecnologia. Le loro azioni sono scambiate al NASDAQ.

Si tratta delle azioni di Facebook, Amazon, Netflix e Google, oggi scambiata in borsa come Alphabet, dal nome della holding che controlla Google.

Queste azioni hanno in comune il fatto di aver realizzato grandi performance nel secondo decennio degli anni Duemila, crescendo anche di 20-30 volte. Talvolta si sente parlare di FAANG, includendo quindi anche Apple. In questo caso la lista di azioni è composta da Facebook, Apple, Amazon, Netflix e Google.

Le azioni FANG

Quali sono le azioni FANG e FAANG?

Facebook, Apple, Amazon, Netflix e Google sono aziende che godono di una posizione di leadership nel loro settore. Anche in borsa i loro titoli azionari sono veri e propri colossi. Sono alcune delle aziende con la maggiore capitalizzazione di borsa.

Partiamo da Facebook (ora chiamata Meta Platforms). E’ l’azienda è leader nel settore dei social media, grazie alla sua piattaforma che conta circa 1,8 miliardi di iscritti. E’ anche operativa nel settore del metaverso. Facebook controlla inoltre anche WhatsApp. Recentemente il valore di Facebook in borsa ha superato i 1.000 miliardi di dollari, per poi scendere nel febbraio 2022.

Amazon è il leader nel settore dell’e-commerce. La sua capitalizzazione nel 2021 è arrivata in area 1.800 miliardi di dollari, per poi calare a 1,65 nel febbraio 2022.

Netflix è un colosso nel settore della tv on demand e dello streaming. Le azioni di Netflix valgono circa 400 dollari, con una capitalizzazione di mercato superiore ai 170 miliardi. Fra le cosiddette azioni FANG è quella con la capitalizzazione inferiore.

Google, oggi scambiata in borsa con il nome Alphabet, completava il cosiddetto “FANG”. Il motore di ricerca (che fra il resto offre numerosi altri servizi) vale 1.800 miliardi di dollari.

Come accennato si usa talvolta l’acronimo FAANG. Oltre alle azioni di Facebook, Amazon, Netflix e Google (oggi Alphabet) dal 2017 in poi è stata inclusa in questa lista anche Apple, monopolista nella produzione di iPhone. La capitalizzazione di Apple supera i 2.700 miliardi di dollari.

Investire sui FAANG

Per chi volesse investire sulle azioni FAANG segnaliamo il certificato ISIN DE000VX6UZ36 che ha per sottostante le azioni di queste cinque aziende. Le barriere sono al 70%, con cedole mensili 0,70% ed airbag. Rimandiamo però all’articolo sul tema per una più approfondita spiegazione di questo certificato.

Chi ha inventato l’acronimo FANG?

Da dove proviene la sigla FANG? L’acronimo è stato ideato da Jim Cramer, analista e personaggio televisivo piuttosto popolare negli Usa. Cramer ha L’acronimo FANG utilizzato parlando nel programma Mad Money alla CNBC nel 2013.

Cosa vuol dire FANG? Con FANG si indicano quindi indicare le azioni di Facebook, Amazon, Netflix e Google. Si tratta di titoli in forte crescita sul mercato di borsa negli ultimi anni.

Talvolta è anche stato utilizzato l’acronimo FAAMG al posto di FANG. In questo caso non è inclusa Netflix, mentre viene considerata Microsoft, secondo titolo al mondo per capitalizzazione alle spalle di Apple. Questa sigla è stata creata da Goldman Sachs.

I ticker di queste azioni

Vediamo quali sono i ticker sul NASDAQ, l’indice dei titoli tecnologici americani, dove sono negoziate le azioni di Facebook, Amazon, Netflix e Google

Facebook ha ticket FB, mentre quello di Amazon è AMZN. Il ticket di Netflix invece è NFLX. Alphabet ha mantenuto il vecchio ticker GOOGL, derivante dal nome dell’azione di Google. Apple ha invece come ticker sul NASDAQ: AAPL.

L'articolo Azioni FANG proviene da Investire-Certificati.it.

]]>
Tassi di Interesse https://www.investire-certificati.it/tassi-di-interesse/ Sat, 13 Feb 2021 07:50:00 +0000 https://www.investire-certificati.it/?p=3958 Cosa sono i tassi di interesse? Come mai hanno un ruolo centrale nell’economia? Quando si parla di tassi negativi? Ecco i principali punti esaminati in questo articolo Tassi di Interesse Il tasso di interesse rappresenta il compenso dovuto per ottenere una determinata somma di denaro in prestito per un tempo prestabilito. Il tasso di interesse, […]

L'articolo Tassi di Interesse proviene da Investire-Certificati.it.

]]>
Cosa sono i tassi di interesse? Come mai hanno un ruolo centrale nell’economia? Quando si parla di tassi negativi? Ecco i principali punti esaminati in questo articolo

Tassi di Interesse

Il tasso di interesse rappresenta il compenso dovuto per ottenere una determinata somma di denaro in prestito per un tempo prestabilito. Il tasso di interesse, pertanto, è anche definito come costo del denaro. È la percentuale che deve essere pagata sulla cifra prestata da parte di chi riceve il denaro verso il prestatore.

Il tasso di interesse può essere pagato al risparmiatore su base annuale, trimestrale o mensile.

Quando si parla di tasso di interesse annuale, si intende il costo percentuale da pagare a chi ha prestato il denaro su base annuale.

I tassi di interesse possono essere semplici oppure composti. Il tasso di interesse semplice viene calcolato dal prestito originale, mentre l’interesse composto è calcolato dal capitale e dagli interessi maturati nel corso della durata dello stesso prestito.

Esempio di tasso di interesse semplice

Un prestito di 1.000 euro per tre anni al 10% di tasso di interesse semplice genererà un interesse pari a 100 euro per anno. L’interesse complessivo sarà quindi pari a 100 x 3 = 300 euro.

Esempio di tasso di interesse composto

Un prestito di 1.000 euro per tre anni al 10% di interesse composto terrà conto ogni anno dell’interesse maturato durante la vita del prestito stesso.

Sarà utilizzato il montante per il calcolo dell’interesse del periodo successivo, insomma, anche l’interesse produce nuovo interesse.

Vediamo il precedente esempio con l’interesse composto. Il primo anno l’interesse sarà pari a 100 euro, determinando un montante alla fine dell’anno 1 pari a 1.100. Il secondo anno, l’interesse generato sarà pari a 110 euro, ossia il 10% di 1.100 euro, portando il montante all’anno 2 a 1.210 euro. Il terzo anno, l’interesse generato sarà pari a 121 euro, portando il montante a 1.331 euro. La differenza fra interesse semplice e composto tende a crescere con il passare degli anni e con il crescere del tasso di interesse.

tassi di interesse

Tassi di interesse bancari

I tassi di interesse delle banche, ossia i tassi di interesse bancari, derivano dal tasso di interesse principale che viene fissato dalla banca centrale del paese. Al crescere dei tassi di interesse della banca centrale, tenderanno ad aumentare anche i valori praticati dagli istituti di credito verso la clientela privata. Aumenteranno sia gli interessi corrisposti sui depositi dei privati che i tassi praticati sui mutui contratti dai clienti delle banche.

Viceversa, al diminuire dei tassi di interesse delle banche centrali, questi scenderanno. I tassi di interesse sono pertanto uno dei punti cardine nella politica monetaria delle banche centrali. In seguito alla crisi 2007-2010 quasi tutte le principali banche centrali hanno ridotto i tassi, al fine di favorire una ripresa dell’economia mondiale.

I rendimenti di numerosi titoli di Stato sono addirittura scesi in negativo. In questo caso si parla di tassi di interesse negativi. Chi presta denaro riceve al termine del vincolo un montante inferiore al deposito iniziale, appunto per via dei tassi negativi

Conclusioni

Le variazioni dei tassi di interesse sono cruciali nell’economia e, nel mondo finanziario, per il settore obbligazionario e per i titoli di Stato. Però, hanno anche importanti risvolti sui mercati azionari e sui mercati valutari. Le decisioni delle banche centrali in ambito di politica monetaria sono pertanto seguite con grande attenzione sia da risparmiatori che da investitori e trader.

L'articolo Tassi di Interesse proviene da Investire-Certificati.it.

]]>
FAQ – Domande sui certificati di investimento https://www.investire-certificati.it/faq-domande-sui-certificati-di-investimento/ Mon, 10 Feb 2020 04:55:21 +0000 https://www.investire-certificati.it/?p=1065 Qual è il rischio di liquidità dei certificates? Qual è la tassazione dei certificates? C’è differenza tra ETF e certificates? L’opzione “Quanto” nei certificati come funziona? Quali sono i migliori certificates? Quali sono i tipi di certificates? Cosa sono i certificati di investimento a capitale protetto?

L'articolo FAQ – Domande sui certificati di investimento proviene da Investire-Certificati.it.

]]>
Le FAQ sono le domande sui certificati di investimento: Quali sono le principali? FAQ è l’acronimo per “Frequently asked Questions”, ossia le domande più frequenti, in questo caso relativamente ai certificates, poste da chi vuole saperne di più. Ad ogni domanda c’è una risposta. Qui di seguito tutte le risposte alle FAQ, cioè le domande più frequentemente poste agli esperti del settore dei certificates.

Qual è il rischio di liquidità dei certificates?

Nei certificates la liquidità sul mercato secondario è solitamente garantita dall’emittente, che si pone sul book di negoziazione in bid e ask, ossia in domanda e offerta, con degli ordini fissi, garantendo in questo modo la liquidità sui certificates. Possiamo quindi dire che nella gran parte dei certificati di investimento non ci sono problemi di liquidità per il compratore. Sono quindi prodotti strutturati derivati che l’investitore può comprare e vendere senza problemi, ad un prezzo variabile in funzione dell’andamento del sottostante (o dei sottostanti) cui fa riferimento il certificato di investimento medesimo.

Qual è la tassazione dei certificates?

Tra le FAQ, cioè le domande sui certificati di investimento, questa è ricorrente. La tassazione dei certificati di investimento è pari al 26%, come quella delle azioni o dei prodotti derivati. Attenzione però: i certificates sono fiscalmente efficienti in quanto consentono la compensazione di eventuali minusvalenze pregresse, che possono essere state conseguite in differenti settori (sia con altri certificati di investimento, che tramite investimenti azionari o sul Forex). La tassazione dei certificati al 26% si applica sia sulle cedole o premi distribuiti che su eventuali plusvalenze, come nel caso di un certificato d’investimento acquistato a 950 e rivenduto a 980 euro oppure portato a scadenza e rimborsato a 1.000 euro. Nel primo caso la tassazione sarà su 30 euro, pari alla differenza fra 980 e 950 euro, nel secondo su 50 euro, derivanti dalla differenza fra 1.000 euro (valore di rimborso) e i 950 euro (prezzo di acquisto del certificato).

C’è differenza tra ETF e certificates?

I certificati di investimento e gli ETF, ossia gli Exchanged Traded Funds sono entrambi prodotti finanziari derivati, ma vi sono alcune significative differenze fra di loro. Gli ETF, infatti, replicano l’andamento di un sottostante. I certificates, invece, permettono un’ampia combinazione di prodotti, costruiti tramite opzioni.

Tramite i certificati di investimento il risparmiatore può costruire posizioni anche complesse su determinati strumenti finanziari, talvolta altrimenti difficilmente generabili. Tramite a presenza di barriere, solitamente posizionate al 30-40-50% rispetto al prezzo di osservazione iniziale, i certificates permettono di ottenere profitti anche nel caso in cui il sottostante debba moderatamente muoversi nella direzione opposta rispetto a quella ipotizzata dall’investitore.

L’opzione “Quanto” nei certificati come funziona?

Tramite l’opzione quanto viene offerta la protezione all’investitore sul rischio di cambio relativamente al sottostante cui fa riferimento il certificate acquistato. Questo vale sia che si tratti di un certificato da investimento su un singolo titolo azionario (denominata in un’altra valuta), che nel caso di un prodotto strutturato su un paniere di azioni, una materia prima o un altro strumento denominato in valuta estera.  

investire certificati

Quali sono i migliori certificates?

È difficile definire una lista dei migliori certificati di investimento, anche perché questa varia in base alle esigenze ed al profilo di rischio di ogni singolo investitore. Per un risparmiatore interessato ad una tutela del capitale, potrebbero risultare interessanti i certificati di investimento con capitale protetto (o garantito), oppure quelli con airbag, che offrono una maggiore tutela del patrimonio a fronte di un minore rendimento. Per un investitore maggiormente propenso al rischio e più indirizzato sul breve termine potrebbero essere invece maggiormente interessanti i certificates con leva oppure altri con profilo di rischio più elevato.

investire con i certificati

Quali sono i tipi di certificates?

I certificati di investimento possono essere a capitale protetto, oppure a capitale condizionatamente prodotto o ancora possono essere certificates a leva. Esistono poi numerose altre sfaccettature dei certificates: esistono infatti prodotti volti a scommettere su ribassi del sottostante (certificates reverse o inverse), certificates che ammortizzano un’eventuale rottura della barriera presente nel certificato medesimo (solitamente chiamati airbag certificates, ma a volte anche low strike, perché lo strike può non essere al 100% del prezzo di osservazione iniziale ma a una percentuale anche nettamente inferiore, come il 70 o il 60 o il 50%).

Cosa sono i certificati di investimento a capitale protetto?

I certificati a capitale protetto garantiscono il capitale dell’investitore in toto o almeno in una predeterminata percentuale (per esempio il 95 o il 90%) indipendentemente dall’andamento del prezzo dei sottostanti cui fanno riferimento.

In altre parole, se abbiamo un certificato di investimento legato al titolo azionario Intesa Sanpaolo, con tutela del capitale al 95%, a scadenza siamo sicuri che otterremo un rimborso pari ad almeno il 95% del capitale iniziale indipendentemente dalla performance dell’azione in questione. Parteciperemo quindi – secondo le modalità previste nel KID e nel prospetto informativo – ad eventuali rialzi del titolo, mentre la nostra perdita con questo investimento non supererà in alcun caso il 5%.

Se il certificato fosse a capitale garantito al 100% saremmo invece sicuri di ricevere a scadenza l’intero valore nominale del certificato (solitamente pari a 100 o 1000 euro per ogni certificato di investimento). È chiaro che una protezione del capitale investito di questo genere comporta una minore partecipazione ad eventuali rialzi dell’azione o della materia prima o dell’indice a cui il certificato di investimento fa riferimento.

L'articolo FAQ – Domande sui certificati di investimento proviene da Investire-Certificati.it.

]]>